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giovedì, Marzo 28, 2024

Emanuele Verde: “Forio viene prima delle ambizioni personali” #foriovota

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Continuiamo il nostro viaggio nel pre-campagna elettorale di Forio con Emanuele Verde candidato con Vito Iacono.

– Una partecipazione diversa che mette al centro un modo di pensare e vivere la politica distante da quella che si vede nelle grandi coalizioni che vanno formandosi. Partecipazione basata sui contenuti, sulla visione del paese, su quello che si vuol fare.
«Dici bene, anche se poi dentro questa cornice ci sarebbe tantissimo da approfondire. Io do questa traccia, che poi è quella che abbiamo dato quando abbiamo inaugurato la sede: al centro dei nostri ragionamenti abbiamo messo prima il paese. Prima si fa l’analisi del paese, poi quella della parte che si vuol rappresentare, e solo in ultimo vengono le ambizioni personali. Al contrario, il metodo seguito dai nostri avversari, che poi in realtà l’avversario è unico, è opposto: prima le ambizioni personali, poi la parte, o le parti in cui si decide di accasarsi, infine il paese. Invece mai come questa volta, considerate anche le condizioni in cui si trova il territorio, secondo me il modo di ragionare giusto è il nostro. Esattamente quello di cui c’è bisogno».

– Questa è la prima traccia. Tanto tempo fa abbiamo discusso sui social su un argomento che si collega direttamente a quanto detto e che differenzia la tua visione: le elezioni si vincono o non si vincono?
«Questa è una posizione che ho maturato da tempo, la cui paternità, però, è di Gustavo Zagrebelsky. Sostanzialmente si tratta di raffreddare un po’ questo paradigma maggioritario in cui siamo immersi da 30 anni, paradigma che man mano ha trasformato la vita politica e le elezioni in una partita di pallone. Le elezioni non si vincono perché in realtà offrono un’istantanea di quelle che sono le idee in campo: quelle che diventano maggioritarie e quelle che invece diventano minoritarie. Dopodichè dall’esito elettorale dovrebbero derivare più oneri che onori, invece, non da oggi, vediamo la politica trasformata in una corsa dei cavalli (così dal calcio passiamo all’ippica), contestualmente però sempre più priva di contenuti. Quindi la seconda traccia che ti do è questa: no alla banalizzazione della politica. Anche perché si porta dietro un altro aspetto: l’infantilizzazione del dibattito».

LISTE SPOLITICIZZATE

– Provo ad allargarmi un po’ perché magari ci aiuta a riflettere. A livello nazionale c’è un po’ lo stesso fenomeno. Cioè questo googlare sui profili social dei leader. Si prende parte di un tweet, perché faceva gioco per qualcosa a Salvini nel 2017, e si costruisce la polemica.
«Internet non dà scampo, però fornisce fotografie completamente decontestualizzate, anche perché poi la vita politica è fatta di fasi ed è legittimo cambiare idea. Chiaramente anche i cambiamenti andrebbero costruiti politicamente. E con questo ti do una terza traccia che vale anche per l’ambito locale».

– Sicuramente ti riferisci a Nicola Manna
«A Nicola voglio particolarmente bene e poi c’è la comune fede calcistica che non è un semplice passatempo: il calcio è la cosa più seria delle cose meno serie, quindi ci teniamo moltissimo. Però, ripeto, quando si cambia posizione, bisognerebbe sforzarsi di costruirla politicamente».

– Diciamo che Nicola forse ha reagito a un comportamento scorretto.
«Chi va per certi mari…».

– Tornando a voi, Vito è partito da lontanissimo. Abbiamo fatto un’intervista in cui annunciava la sua candidatura a sindaco penso due anni e mezzo fa. Una candidatura che abbiamo riconosciuto coerente, collegata a un modo di agire completamente diverso. Una cosa, infatti, è il consenso con la clientela, altra cosa è il consenso con l’argomento, per di più senza le ideologie perché sono scomparse.
«Oggi vediamo come si formano le liste sul territorio. Di politico hanno ben poco. Anzi spesso c’è l’intenzione proprio di spoliticizzare la competizione, perché tu magari individui Gaetano come un potenziale elettore, gli fai lo “spiegone” sulle condizioni del paese e alla fine, però, la risposta è: “tu hai ragione però c’è mio cugino, il mio amico in lista eccetera”. Allora un po’ di politica puoi recuperarla solo sul profilo del candidato sindaco che diventa dirimente. Lo dico anche agli amici del PD, la famosa comunità di cui parlava Renato Regine, che poi tanto comunità non è. Insomma se uno in qualche modo si vincola dicendo di stare da una parte, non è che poi può ragionare con tutti. Questo, sia detto, senza inseguire le dinamiche nazionali, però… Addirittura poi passare senza soluzione di continuità da una possibile candidatura a sindaco in un blocco e poi andare nell’altro invocando discontinuità… Insomma, anche qua, si può fare di meglio».

CLASSE DIRIGENTE INADEGUATA

– Mettiamola così: la civilizzazione della politica locale. Lo diciamo un po’ tutti, “abbiamo una lista civica” e quindi si giustifica lo spostamento di qua e di là.
«Recuperare un po’ di politica non vuol dire che le liste non debbano avere un formato civico. Si tratta di una competizione amministrativa, quindi il civismo è il corollario del fatto che a livello comunale non si fanno leggi. Chi amministra non ha potestà legislativa. Deve utilizzare la discrezionalità di cui dispone in una cornice legislativa fatta da altri. Chi banalizzando dice “eh ma poi alla fine bisogna avvitare la lampadina, tenere il paese pulito”, sicuramente estremizza, ma non va tanto lontano dal vero. Questa è la politica locale, quindi inevitabile che ci sia un formato civico, anche trasversale, che mette insieme diverse sensibilità per cui stai insieme in lista con uno che magari alle politiche ha votato Fratelli d’Italia mentre tu PD, Potere al popolo ecc. Su questo sono molto largo di vedute da sempre, poi guardando alla mia insignificante biografia è quello che ho sempre fatto sin dai tempi di Forio Futuro nel 2000. Non mi scandalizzo, né mi meraviglio, a patto però che sia dirimente il profilo del candidato sindaco. Li recuperi un po’ di politica e di contenuti».

– Avendo frequentato un po’ gli eventi che avete organizzato, si comincia a vedere l’ossatura di questa proposta politica alternativa. Qual è il racconto oggi che potrebbe portare consenso?
«E’ il racconto di un paese che mostra molte criticità aggravatesi con la pandemia, ma che erano già tutte presenti. Mi è capitato di citare uno studio sulla fragilità economica e sociale dei 92 comuni della Città Metropolitana di Napoli e guardando a Ischia ha restituito la fotografia di una platea molto ampia, attorno al 40%, di lavoratori sotto i 10.000 euro. Il cosiddetto lavoro povero. Perciò noi sappiamo, tu da giornalista sai, quanto questa realtà sia drammaticamente vera e quanto tutto sia diventato ancora più difficile da sostenere dopo il dimezzamento dell’indennità di disoccupazione. Accanto a queste criticità ci sono anche segnali incoraggianti. C’è un altro studio di un istituto di ricerca privato, “Sociometrica”, presentato recentemente che analizza il valore aggiunto della ricchezza turistica a livello comunale. Studio da cui sono usciti dati abbastanza lusinghieri: per esempio Forio è al 44esimo posto, Ischia al 62esimo, nella classifica dei 100 Comuni turistici per valore aggiunto. Questo dinamismo deriva in primis dalla capacità dell’economia digitale di creare servizi attorno alla ricettività alberghiera e extra alberghiera, ma ritengo derivi anche dal valore aggiunto della ristorazione. Il punto allora qual è? Il punto è che è difficile trovare un lavoro dignitoso e fare impresa in un territorio in cui la trasferenza dei rifiuti si fa per strada, in cui il mare non è depurato, in cui manca un piano traffico intercomunale, in cui c’è una questione urbanistica non risolta… Questi nodi strutturali sono ancora tutti in campo, e anzi se n’è aggiunto un altro: la messa in sicurezza del territorio. La riflessione che voglio sottoporre ai foriani è questa: perché una classe politica che ci ha portato fin qui, che non è stata capace di affrontare tutti i nodi strutturali che ci siamo detti, dovrebbe essere in grado di gestire la nuova transizione della messa in sicurezza che sarà presumibilmente lunga? Quando parlo di inadeguatezza della classe dirigente non è che arriviamo noi con la bacchetta magica e voilà scompaiono i problemi. Però se guardo gli attori storici non vedo perché dovrei avere complessi di inferiorità… per il resto cerco di parlare sempre e soltanto di responsabilità politica facendo salve quindi le buone intenzioni di tutti. Dopodichè ci si misura sui risultati, e paradossalmente il miglior alleato di Vito Iacono ed Emanuele Verde in questo momento è il territorio, o meglio le condizioni in cui versa».

L’EVOLUZIONE DEL “MERCATO” ELETTORALE

– E’ pure vero che fino a quando fai la lista dei tuoi 16 è un conto, poi quando ti devi comunque misurare sul “campo largo” c’è bisogno di uno sforzo e forse il paese poi apprezza questo sforzo.
«Due cose: la prima, noi non abbiamo difficoltà a parlare con tutti. Il punto però è quello che dicevo prima: se dobbiamo discutere solo del posizionamento degli attori, o se dobbiamo partire dall’analisi del territorio. Per quanto riguarda il “campo largo” quando hai presentato il candidato a sindaco della maggioranza uscente, hai esordito – quindi ti assumi la paternità del ragionamento – sottolineandone vicinanza a un sistema di potere che gravita attorno ai lavori pubblici. Insomma a Forio negli anni si sono consolidati interessi attorno a settori economici che necessitano, diciamo così, del momento amministrativo: lavori pubblici, diportismo, raccolta di rifiuti solidi urbani. L’impressione è che il posizionamento di una parte del cosiddetto ceto politico obbedisca al tentativo di farsi trovare in una posizione forte rispetto a questi asset economici. Tra l’altro non succede solo a Forio. La dinamica di fondo è che quando le risorse sono scarse, e quelle che ci sono necessitano appunto del passaggio amministrativo, la politica si centralizza. Ripeto non succede solo a Forio. Poi in ogni contesto accade con dinamiche proprie».

– Tornando al nesso calcio e politica a Forio. Quale è la plusvalenza che più intriga per capire come si è evoluto, o come non si è voluto, questo mercato elettorale?
«Per me Franco Regine, a cui riconosco notevole abilità tattica. Da un certo punto di vista è quello che interpreta meglio il territorio, non da oggi. Gli diedi una mano nella campagna elettorale del 2003 e ricordo, per esempio, la presentazione della candidatura al Zi Carmela. Fece un discorso ad uso della platea presente, sostanzialmente la piccola e media borghesia di paese: medici, avvocati, imprenditori, professionisti, insegnanti. Ricordo come fosse ieri: “la bottega è chiusa, la merce è finita, il palazzo di vetro eccetera” e invece sappiamo che alle spalle c’era tutto un lavorio che non prescindeva dal momento clientelare. Diciamo così: Franco Regine è il più spregiudicato. Il punto però è che questo modo di fare politica non crede più nulla. Si può passare da una parte dall’altra indifferentemente. Ecco, lui è il massimo interprete dell’indifferenza spaziale della politica».

– Ultima domanda: c’è anche una traccia generazionale. Mi sembra che molti player di questa campagna elettorale siano più o meno coetanei.
«E’ vero, diversi quarantenni e ultraquarantenni. La riflessione è che forse negli anni abbiamo peccato un po’ di coraggio. Anche se, devo dire, personalmente no, perché la mia posizione fondamentalmente è rimasta la stessa. Senza uno scontro politico e generazionale noi non riusciamo a dare al paese la sterzata necessaria. Invece la maggior parte dei nostri coetanei ha pensato, e tuttora pensa che sia meglio mettersi assieme ai “vecchi” cercando poi di sgomitare per trovare spazio. Questo però ha anche conseguenze sullo spirito con cui si fa la campagna elettorale. Io faccio veramente una battaglia tutta di opinione. Non ho chiavi clientelari, passepartout per risorse scarse, reti familiari o professionali a cui attingere. Amo la politica, anche se ho sempre cercato di non farmi travolgere da questa passione, e sono in una posizione per cui se prendo 10 voti o 100 il mio ego non ne risente».

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