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venerdì, Aprile 19, 2024

Emanuele e Pino, riprovateci! Ma… | #4WD

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Ai facili entusiasmi del mio sedicenne secondogenito, che negli ultimi anni ha scoperto una passione da novello ultrà dell’Ischia Isolaverde, ho cercato di contrapporre un invito paterno a restare con i piedi per terra allorquando, dopo aver conquistato a fatica la “semifinale” tra le mura amiche e a reti inviolate, ieri a pranzo pregustava la sfilata post-partita per festeggiare la promozione in D dei suoi beniamini.

Sappiamo tutti com’è andata a finire e quelli come me, che un po’ di calcio lo masticano da tempo, sanno bene che -per dirla alla Trapattoni- non va mai detto “gatto” prima di averlo nel sacco; oppure, rispolverando un vecchio adagio napoletano, “tanno è grano quanno sta ind ‘a votte”.

Se poi vogliamo analizzare la situazione con la giusta obiettività, sono personalmente convinto (e l’ho scritto già domenica scorsa) che se la politica dei piccoli passi può essere senz’altro lodevole negli intenti, nel rispetto del bilancio e nell’etica, dall’altra deve assolutamente preparare i tifosi “non accecati” a mettere da parte qualsiasi velleità legata a vincere qualcosa. Lo abbiamo assodato con il Napoli di De Laurentiis, non vedo perché non estendere tale concetto anche all’Ischia di D’Abundo.

Diciamocela tutta: la promozione dell’Ischia in serie D, in cui tutti -chi più chi meno- abbiamo potuto credere, sarebbe stato un autentico miracolo per un’organizzazione e una rosa “fatta in casa” in una stagione del tutto particolare, vista la formula-Covid che ha caratterizzato questo singolare campionato. Di certo (ed è un mio personale giudizio) l’Ischia avrebbe avuto serie difficoltà a primeggiare “normalmente” in eccellenza rispetto a realtà come lo stesso Pianura, che hanno investito fior di quattrini e che, ciononostante, oggi si ritrovano uscite dai giochi un turno prima di noi.

Lo dico e lo ripeto: D’Abundo e Taglialatela vogliono vincere sul campo e non con i ripescaggi? Bene! Ma per il salto di qualità, serve pensare più in grande.

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