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martedì, Aprile 16, 2024

Don Pasquale Sferratore: “Un segno di speranza e d’amore?”

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Don Pasquale Sferratore | Cari amici, domenica, mentre eravamo al Soccorso, per la concelebrazione col Vescovo ed il clero di Forio, con la partecipazione di pochissime persone, per disposizioni superiori, eravamo al momento dell’offertorio, quando il Vescovo era ad incensare intorno all’ altare. Ero contro sole e abbassando la testa ho osservato una cosa, per me bellissima e significativa. Una variopinta farfalla è venuta dal lato di Punta Imperatore, verso le cinque croci. simbolo delle cinque piaghe di Gesù. Salterellava davanti a me e ad un altro sacerdote, con tanta gioia, andando avanti e indietro. Subito nella mia mente è scattato un raggio, che mi ha proiettato nel passato. E fu la salvezza Pensai che quella farfalla poteva essere anche un bell’annunzio della fine di questa peste, che sta devastando il mondo intero. L’atmosfera, per la gente, era pesante e gelida, perché ognuno portava nel cuore paure sommerse e speranza non sopite. Pensai Quando la colomba non tornò più all’arca e Noè capì che il diluvio era finto e si poteva uscire.

Mi sono ricordato di quanto già avevo detto nella mia trasmissione settimanale per Teleischia e nella chiesa. Nell’anno 590, siccome si era scatenata anche a Roma la peste, che mieteva tante vittime, il Papa San Gregorio Magno fece una processione penitenziale insieme ai fedeli portando lui personalmente per le strade di Roma, l’immagine della Madonna verso la basilica di S. Pietro. Intonò un canto e senti anche un coro di angeli , intorno alla Madonna, che si associò al popolo, che sarebbe il Regina coeli, >< Regina del cielo > al quale egli aggiunse la frase ora pro nobis Deum alleluia = prega per noi il Signore. Alleluia. Contemporaneamente si vide sul castello I’ Arc. San Michele che metteva la spada nel fodero. Allora il Papa si rivolse al popolo e disse: la peste è finita .Di qui < Castel Sant” Angelo >. Ho pensato che fosse stato un bel momento ed un motivo di coraggio, o meglio, una leva per ben sperare e per risollevare il popolo da tanta malinconia ed anche noi preti, in quanto anche noi esseri umani, che insieme a voi soffriamo e insieme a voi solleviamo le nostre mani al cielo per aprire la serratura del cuore di Dio, perché non si arrugginisse, per tanta negligenza e mancanza di fede. Dopo che la messa era finita, ho voluto dire questo episodio ai pochi rimasti, perché per me aveva un senso. Oggi la gente non crede più nella preghiera. Come è sconfortante. Non so con quale spirito anche noi sacerdoti abbiamo celebrato, forse anche noi con tanto malinconia. Chi ha vissuto certi momenti può capire e far rivivere nel cuore tanta fede. Per tanti può essere un momento come un altro, quale aperitivo o antipasto per uno stomaco, che fa, sentire il suo lugubre invito. Ma per me tutto era diverso. Ho ancora negli occhi n quelle mamme che salivano quegli scalini in ginocchio, nel periodo della guerra, per chiedere a Dio che facesse finire quel flagello, non solo, ma anche dopo per ringraziarlo, quando i loro figli, cheletriti dalla fame, facevan ritorno. Così pure, ogni volta che c’era un pericolo. Le mamme andavano insieme ai figli a ringraziare e pregare. Allora quel Crocifisso aveva un’attrazione, che scuoteva la fede. Si andava sempre lì si facevano processioni di penitenza. Oggi, son vuote parole adornano le nostre labbra, ma non ci rimorde il cuore per tirare fuori ciò che è sentito amore e saper dire ancora: grazie! Ricordo anche quando si stava costruendo il tunnel sottostante e si fece una rampa Laterale con la palameccanica per scendere giù con la processione del Crocifisso. Dopo del terremoto del 1881, il quattro marzo, si partiva in processione da S. Mana di Loreto e si andava al Soccorso, alle ore tredici per ringraziare Gesù che aveva protetto Forio. Dove è finita quella processione ? Sono scomparsi i vecchi e sono fuggiti i giovani. Là, dove tramonta il sole, son tramontate tante cose e son tramontati anche i crocifissi, che adornavano i tanti petti, per fare sfoggio di provocanti bellezze, per dire: io t’amo, come un” amo ” sepolto sotto una facile esca. Quante volte là soffia il vento e nella tempesta si ode pure un lacerante sibilo che spezza un cuore: io non sento più nulla per te. Cari giovani dell’ Istituto Nautico, non dimenticate il Precetto Pasquale, che io ho voluto per primo celebrare in quella chiesa, che per tanti anni abbiamo celebrato insieme, con tanto entusiasmo e con tanta giovialità giovanile, ma anche con tanta fede e con tanta meraviglia dei turisti presenti. Era la chiesa dei marittimi. Ora anche questo mi viene e ci viene negato. Dove è finita la fede. Oggi si sente soltanto il ruggito del mare, che flagella gli scogli, ma quella voce orante, che coltivavamo insieme a don Vincenzo Avallone, purtroppo è finita. Cari giovani, che facevate vibrare quella chiesa al suono di chitarre, di flauti e di trombe, con le tastiere, con tanta meraviglia dei turisti, ora è deserto avello di fatui fiori e di muti labbri ognor. Ricordatevi, quando vi siete imbarcati ed io vi dissi: vi accompagnerò con la preghiera. Era per me bello pregare per voi e per le vostre famiglie, perché l’angelo custode in su la prora guidasse la nave tra i cicloni, ai tranquilli porti. Se vi ricordate, vi ho detto sempre di raccomandarvi all’ angelo custode e alla Madonna. Quando si spegnerà l’ira dei marosi, c’è sempre un raggio verde, che desterà ed accompagnerà il vostro cammino.

Se non ci sono più io ad entusiasmarvi, ci sia sempre Dio nei vostri cuori. Aggrappatevi a quella mano che vi verrà dal cielo, come fragile edera che ha bisogno dell’annosa quercia. Gli uomini, con le loro spumeggianti parole, passeranno come la bianca schiuma che si rinserra dietro la prora, ma davanti a voi ci sia sempre un faro nella notte buia. Possiate incontrare sempre, nel vostro cammino, quella bella Mamma del cielo, come una bella farfalla, annunziatrice di pace, messaggio d’amore, palpito del cuore delle vostre famiglie che vi mancheranno tanto. A me, amante e cantante della musica lirica, dove ci vuole esercizio, competenza e potenza di voce, e non quasi sibilo nella notte stellata, mi fa sempre tanta emozione l’ ultima frase di Tosca ( di Puccini ): < Scarpia, davanti a Dio! >. Non ho paura degli uomini, ma di Dio, a cui dovrò dare conto della mia Vita, se ho saputo donare uno stelo o una spiga , se ho saputo dare una mano o spegnere un cuore, se ho fatto tacere una voce per dare spazio ad un lugubre lamento. Quella frase > davanti a Dio >, mi ha fatto sempre pensare per raddrizzare la prora nel Mio cammino. Se ognuno di noi sapesse comprendere: un giorno la voce risuonerà nel cielo, davanti a Dio! Meglio cantare, dalla < Fanciulla daresti >; < ch’ella mi creda — libero e lontano…> da tanto, marciume, che sì crudelmente infanga i cuori ed illude le menti. Restiamo farfalle, messaggere di candido amore, che danzando nel cielo invitano alla gioia e alla speranza. Cari giovani alla fine della Messa, volevo solo raccontate l’episodio della farfalla,ma mi ha fatto piacere ricordarmi anche di voi. Sapere che vi voglio bene e quando avete bisogno di me, dei miei consigli, sapete dove trovarmi.

Restiamo, come sempre , annosi rami di turrite querce.

3 COMMENTS

  1. Complimenti don Pasquale, lei è davvero un bella persona… Grazie, grazie perché le sue riflessioni sono vere e sincere, perché in un momento così buio, vi è tanto bisogno di un “padre” così forte, un padre che va oltre una semplice preghiera ma, tanto capace di dare forza e coraggio. Grazie don Pasquale, le vogliamo tanto bene.

  2. Grazie Don Pasquale per questa riflessione, vera poesia che viene dal cuore e che mi ha fatto tanto bene.

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