





Doce, doce, doce vita mia…”: sono le note della canzone preferita da Blyth, figlia di Fred Bongusto e della moglie, l’attrice Gaby Palazzoli. Un brano che il padre le cantava spesso e che oggi diventa la colonna sonora ideale dell’omaggio che Sant’Angelo, il buen retiro dell’artista, dedica al maestro a novant’anni dalla nascita.
Sabato 27 settembre, alle 20.30, nella piazzetta del borgo più suggestivo di Ischia, l’associazione “Amici di Sant’Angelo” con il patrocinio del Comune di Serrara Fontana organizza un tributo che unirà musica e memoria. Protagonista sarà proprio Blyth, accompagnata dalle figlie Gabriella e Nicole, chiamate a ricevere un riconoscimento per il modo in cui custodiscono e tramandano l’eredità del grande Fred.
Per Blyth, Sant’Angelo non è solo il luogo dell’omaggio, ma la casa della sua infanzia e della sua giovinezza. Qui, tra la voce di suo padre e la presenza discreta della madre Gaby, ha imparato che la vera ricchezza è la semplicità, e che un borgo di pescatori e muli poteva trasformarsi in una dimensione familiare e affettiva capace di resistere al tempo.
C’erano gli amici del posto, i ragazzi di Sant’Angelo con cui Blyth è cresciuta quando lasciava la comitiva della Versilia. C’erano gli inverni trascorsi in un borgo completamente chiuso, quando si cenava soltanto con Rosalba e Carlo del Pirata o con i pescatori. E c’era la famosa barca costruita da Peppino di Capri, tanto solida da incuriosire i contrabbandieri che volevano comprarla. Aneddoti che si mescolano alla grande storia della musica, restituendo l’immagine di un artista innamorato della semplicità e di una famiglia che custodiva con riservatezza la propria intimità.
Sant’Angelo e Fred Bongusto: un legame che dura nel tempo. Cosa rappresentava questo luogo per vostro padre?
«All’inizio venivamo dalla Versilia, dove papà lavorava a lungo alla Bussola alternandosi con Mina e Vanoni. Poi arrivò a Sant’Angelo e se ne innamorò perdutamente. Per lui, uomo semplice e amante delle cose genuine, era il posto ideale: i pescatori, i muli che portavano le valigie, la semplicità della vita. Io, adolescente, facevo fatica a staccarmi dalla mondanità della Versilia, ma con il suo entusiasmo riusciva farmi cambiare idea. Sant’Angelo era casa, era famiglia».
Quali sono i ricordi più forti legati a quel buen retiro?
«Le tappe più importanti della nostra vita sono passate di lì. Papà si sposò a Ischia, le mie figlie furono battezzate nella chiesa di Sant’Angelo. Per lui era il punto di pace dopo tournée estenuanti, spesso all’estero. Non scappava mai da Sant’Angelo, semmai scappava dalle città per raggiungerlo».
La vita sull’isola, però, non era sempre semplice.
«Certo, tanti inverni li ha trascorsi lì quando era tutto chiuso. Si faceva le cene con gli amici del posto, i proprietari dei locali, i pescatori. Io stessa mi sono legata a quei ragazzi con cui sono cresciuta. Anche per la mobilità non era facile: se il mare era grosso non poteva muoversi. Per questo si era fatto costruire una barca da Peppino di Capri: teneva benissimo il mare ed era diventata famosa anche tra i contrabbandieri, che gli chiedevano di comprarla».
Quali episodi personali le sono rimasti più impressi?
«I miei compleanni. Festeggiavamo sempre a Sant’Angelo, papà non lavorava mai il primo settembre. Una volta li abbiamo celebrati insieme a Vittorio Gassman, che condivideva il mio stesso giorno di nascita. Sono stati momenti indimenticabili».
Oggi l’omaggio di Sant’Angelo a Fred: come lo ha accolto?
«Con emozione e gratitudine. È un riconoscimento dovuto, una dimostrazione d’affetto per tutto quello che papà ha dato anche al borgo: ha fatto serate, iniziative, ha portato la sua musica qui. Sentiamo che la comunità ci è vicina».
C’è una canzone che lega in modo particolare a vostro padre?
«Lui me ne faceva ascoltare tantissime mentre le scriveva, non tanto per avere un parere, ma perché voleva condividere con me quella magia. Era inarrestabile, non lo si poteva fermare. Certo, “Doce Doce” resta speciale, ma sono tantissimi i brani che porto nel cuore».
Sua madre, Gaby Palazzoli, è stata un’altra presenza importante e amatissima. Quanto hanno contato i suoi insegnamenti?
«Moltissimo. Mamma era attrice, una donna forte e al tempo stesso riservata, che ha saputo crescermi con grande equilibrio. In casa, con due genitori così diversi ma complementari, ho respirato arte e normalità insieme. Oggi sento di portare con me la loro stessa discrezione».
Quanto pesa oggi portare un cognome come Bongusto?
«Io porto due cognomi e sono felice di farlo. Non mi ha mai aiutato perché non ne ho approfittato. Sono una persona timida, cresciuta in una famiglia riservata, con un padre che custodiva molto la vita privata. Non mi sono mai messa in mostra, ma porto quel cognome con orgoglio».
Il ricordo che resta
Il tributo che Sant’Angelo dedica a Fred Bongusto non è soltanto un atto celebrativo, ma una restituzione d’affetto a un artista che qui aveva trovato la sua dimensione più autentica. Nelle parole di Blyth, e nel sorriso delle nipoti Gabriella e Nicole, rivive un pezzo di vita familiare che si intreccia con la storia dell’isola.
E mentre la piazzetta si prepara ad accogliere la musica e la memoria, tornano a vibrare quelle note che per Blyth restano indimenticabili: “Doce, doce, doce vita mia”. Un ritornello che, più di tanti discorsi, racconta cosa sia stato davvero Sant’Angelo per Fred Bongusto: la vita, la casa, la famiglia.










