venerdì, Giugno 20, 2025

Defende nos in praelio. A Terra Murata una mostra su San Michele e la sua Abbazia

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Eliana De Sanctis | Si è svolta ai posteri di una giornata memorabile, dedicata a San Michele Protettore e alla Madonna del Rosario e coronata nientemeno che dall’elezione di un papa, la cerimonia inaugurale di una mostra fotografica sull’Abbazia e la sua storia. Il lavoro, in esposizione fino al 31 maggio, porta la firma di Maria Grazia Dainelli e Carlo Midollini, due professionisti fiorentini che hanno avuto occasione di visitare e apprezzare la sofisticata architettura del complesso abbaziale fino a decidere di immortalarla in scatti suggestivi. La mostra è stata presentata nella loro città a sigillo di un singolare gemellaggio di Firenze con Procida che risale al Quattrocento: l’antipapa Giovanni XXIII, nato a Ischia ma che fonti accreditate dicono di procidane origini, morì a Firenze nel 1419 e fu sepolto in città per volere dei Medici.

In tour a Procida per tutto il mese di maggio, l’esposizione è stata inaugurata da un convegno organizzato sotto la scrupolosa supervisione del Prof. Antonio Lubrano, dal 2007 bibliotecario dell’Abbazia. È stato lui a rompere il ghiaccio con il giovanissimo pubblico dell’“Antonio Capraro”, accolto con le rassicurazioni di chi conosce bene i risvolti di quella delicatissima età. «Questo evento è stato organizzato per rinverdire le conoscenze sulla storia di Procida», ha esordito, incurvando poi il lungo racconto sull’importanza dell’Abbazia nella sua funzione religiosa e civile avendo rappresentato, per secoli, l’unica realtà urbana in un’isola rurale, svolgendo un ruolo ecclesiastico ma al tempo stesso ordinario; nella pancia dell’edificio sono raccolte le registrazioni anagrafiche fino ai primi anni dell’Ottocento e, nei suoi sotterranei, i resti terreni di tutti coloro che erano morti prima del 1837, anno in cui un decreto regio promulgato dai Borbone vietava la tumulazione in chiesa dei defunti.

Citando «il maggiore storico procidano» Michele Parascandolo, il Prof. ha rivelato che non ci sono notizie certe sulle origini dell’Abbazia, ma da un documento datato 1026 se ne può già attestare l’esistenza e anche la possibile presenza di un ordine monastico e di un abate. Quest’ultima era generalmente una figura ecclesiastica d’alto rango ma non agiata e deteneva sia potere spirituale che temporale.

Con la Dott.ssa Michela Esposito si è dato il via a un viaggio storico-artistico nella dipintura abbaziale, concentrando l’attenzione sul prezioso cassettonato in oro del soffitto che incornicia il quadro, in stile barocco, raffigurante San Michele in battaglia contro le forze del male, e smentendo un falso storico: l’opera non appartiene al celebre artista caravaggesco Luca Giordano, ma fu dipinta da Luigi Garzi nel XVII secolo. Il cassettonato è sigillato ai quattro margini con stemmi papali e fu il dono di un papa, Innocenzo XVI, che fu abate di San Michele quando ancora vestiva i panni del Cardinal Pignatelli, rampollo di una facoltosa famiglia napoletana di Sei-Settecento. L’ultima nota storica riguarda la creazione della biblioteca, avviata con i lasciti librari di Innico d’Avalos, che governò l’abbazia nel XVI secolo.

La parola passa alla Dott.ssa Rosanna Meglio, volontaria dell’ “Associazione Millennium” che dal 2001 è impegnata nella valorizzazione del patrimonio artistico del territorio, riconoscendo nell’Abbazia di S. Michele il fulcro indiscusso della cultura procidana: molte le iniziative che sono state portate avanti in questi anni.

Il Dott. Pasquale Lubrano sposta l’attenzione dall’abbazia al suo santo più caro, l’Arcangelo Michele, il cui culto è espatriato durante la dura epoca delle emigrazioni e rimasto legato all’icona possente della scultura in argento che sfila durante le processioni. Da qui l’occasione per approfondire la figura del Santo e l’affascinante percorso della Linea Micaelica, affrontati nell’intervento della Prof.ssa Francesca Borgogna che ne ha proposto tutte le tappe dalla Skelling Island in Irlanda fino al Monastero Stella Maris, in Israele.

Nella promozione storica e architettonica dell’Abbazia, un ruolo di prim’ordine lo hanno svolto i curati, e tra questi è impossibile non citare Mons. Michele Del Prete, che dal 2006 copre l’incarico. In questi diciannove anni di lavoro ha intensamente promosso una catalogazione dei registri delle nascite, dei matrimoni e dei decessi presenti in abbazia. Il tutto in nome di uno sconfinato amore per la cultura che ha cercato di trasmettere, come un’eredità, anche ai giovani presenti all’evento. «Non sono più un bambino, ho 85 anni» ha affermato commosso, «ma ho ancora tanta voglia di imparare».

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  • Articolo realizzato dalla Redazione Web de Il Dispari Quotidiano. La redazione si occupa dell'analisi e della pubblicazione fedele degli atti e dei documenti ufficiali, garantendo un'informazione precisa, imparziale e trasparente. Ogni contenuto viene riportato senza interpretazioni o valutazioni personali, nel rispetto dell’integrità delle fonti e della veridicità dei fatti.

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