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Coronavirus. Maria Grazia Di Scala: “Scrivo da cittadina, preoccupata e impaurita…”

By Redazione Web

March 30, 2020

Maria Grazia Di Scala | Allora, ho deciso per scrivere questo post di spogliarmi per un attimo dalle vesti di avvocato e di politico. Scrivo da cittadina italiana ed isolana, osservatrice delle regole imposte dal governo e dalla regione, preoccupata ed impaurita.

Ora che si stanno delineando numeri e tempi e modalità del contagio, e terapie alternative di contenimento, dopo aver letto tanto ed aver parlato con diversi medici, mi convinco che:– Per ridurre il contagio è fondamentale, oltre all’isolamento, identificare i pazienti paucisintomatici (che cioè presentano anche solo un sintomo della malattia) e i portatori sani.– Le linee guida dettate dal governo prevedono che il paziente positivo deve stare a casa, e solo se si presenta affanno (dispnea) può essere ospedalizzato, ma quando si presenta questo sintomo c’è il rischio di progressivo peggioramento della funzionalità polmonare, che comporta la corsa al ricovero , la terapia intensiva, l’intubazione e tutto ciò che ne consegue.

Ciò è stato confermato dal Presidente della Società Italiana Sistema 118, che ha detto che intervenire su paziente in condizione di insufficienza respiratoria acuta configura un vero e proprio errore di programmazione e di gestione dell’epidemia.– Quindi i tempi sono fondamentali per salvare vite, per cui occorre anzitutto identificare i pazienti paucisintomatici con immediata esecuzione del tampone su richiesta del medico curante, come stanno facendo in Veneto.– Questo riduce il sovraccarico delle strutture ospedaliere e consente la gestione domiciliare del paziente, che ben può essere affidata ai medici di medicina generale, opportunamente bardati con i dispositivi di sicurezza.

– Lo stato di emergenza risale al 31 gennaio scorso, e il primo provvedimento del governo è del 23 febbraio: fino ad allora, e anche dopo, ministri e compagnia bella dicevano che era solo un’influenza.– Il primo provvedimento, piuttosto blando, che riguarda l’intero territorio nazionale, risale al 9 marzo, e da lì misure sempre più restrittive ma sempre cercando di salvare capra e cavoli.– Pur nell’incertezza dei dati e nel presentarsi di uno stato di assoluta eccezionalità, credo che la portata dell’evento sia stata assolutamente sottovalutata, ma per carità nessuno può ergersi a giudice in un momento come questo.

Però mi chiedo: ora che, dopo tanti morti e tanti casi analizzati, si sta iniziando a capire l’evoluzione della malattia, perché non si è dato mandato alle aziende farmaceutiche di produrre ingenti quantità dei farmaci antivirali che risultano utili nella fase pre-dispnea e che ora non si trovano in giro? Perché tale ritardo nella stipula delle convenzioni con i medici di medicina generale? Perché tanto ritardo nell’allestimento di laboratori specializzati nell’esame dei tamponi? Perché qui da noi ci vogliono in media 5/7 giorni per conoscere l’esito dei tamponi? Perché ancora adesso, e dopo l’esempio virtuoso della Regione Veneto, non si è programmata la diagnosi precoce, anche di tipo ematico, con gli strumenti a disposizione?

Un’ultima osservazione, mia personale, sulla privacy e sui nomi dei contagiati. Sbaglierò e sarà pure antigiuridico, aggreditemi, ma ritengo che i nomi debbano essere resi noti. E ciò non per una curiosità morbosa, ma per evitare quello che successe con il primo caso isolano. Il contagiato deve riferire alla ASL con chi ha avuto contatti negli ultimi quindici giorni. Voi ve li ricordate tutti i vostri contatti degli ultimi 15 giorni in tempi normali, cioè quando ancora uscivamo o toccavamo qualcuno? O anche adesso siete in grado di dire chi avete incontrato in farmacia o al supermercato o dal tabaccaio? Potrebbe sfuggire, o ci si può confondere nelle date, mentre magari io se so che X è contagiato posso ricordarmi se ci ho avuto a che fare.

Mi rendo anche conto, però, che non siamo una popolazione matura, e – forse per la carenza di informazioni o per una cattiva informazione – avere il nome in taluni porta ad una infondata colpevolizzazione con la stupida caccia all’untore che ne deriva. Cosa aspettarsi in un paese in cui il numero dei denunciati per violazione delle prescrizioni è quasi uguale a quello dei contagiati?

nfine, onestamente, per come sta evolvendo la cosa, queste linee guida ministeriali che dicono che il tampone lo puoi fare solo se hai avuto contatti stretti e se presenti sintomi non sono affatto condivisibili. Così non usciremo più di casa. In un territorio circoscritto come un’isola pur se densamente popolata, farei tamponi a tutti, ripetendoli come prescritto, identificherei i positivi, quarantena controllata in struttura di “decantazione” per tutti i contagiati e via. La faccio troppo facile?