La cosiddetta “via della santità” ischitana è sempre meno lastricata dalle impronte di aspiranti imitatori di Cristo, anche attraverso la pratica religiosa che effonde con le sue più antiche tradizioni un messaggio di coesione con il territorio e la sua gente, oltre il bigottismo congenito che ancora impera tra i credenti locali.
Venerdì sera, al seguito della processione di Sant’Antonio, riflettevo insieme al devotissimo amico Vincenzo (col quale ci alternavamo nel portare in spalla le statue) su quanto la partecipazione a questo storico appuntamento tra la Mandra e Ischia Ponte sia sempre più sparuta, in particolare per quella generazione di venti/trentenni che pure ai nostri tempi rappresentava la continuità per il culto dei nostri nonni e genitori, mentre oggi traccia impietosamente il solco tra chi ancora ci crede e chi, invece, ritiene di aver ben altro da fare.
Non c’è che dire: i nostri giovani sono attratti e affaccendati dalle attività più disparate e dalla ricerca spasmodica del divertimento ad ogni costo, prim’ancora che concentrarsi sulla necessità di un rifugio spirituale che consenta loro di confidare in qualcosa di soprannaturale e che vada oltre le apparenze di cui, per gran parte, sono preda. Ma anche tanti adulti, fortunatamente non solo isolani, tendono a soppiantare la pratica religiosa con il following incondizionato delle mode del momento e forti degli spunti gratuiti che spesso la Chiesa e il clero danno loro come scusa utile a disertarla.
L’approfondimento del food and beverage ovunque possibile, ad esempio, è una di queste mode, che riscontriamo non solo nel boom che anche ad Ischia tutti i locali f&b stanno vivendo già da un paio d’anni, ma anche nell’orientamento degli ascolti televisivi e delle visite ai siti web di settore: realtà come “È sempre mezzogiorno”, “Masterchef”, “Hell’s Kitchen”, “4 ristoranti” e “Foodish” in tivù, al pari di “GialloZafferano”, “Cookpad”, “Pasta Grannies” e tanti altri online, per non parlare delle frequentazioni massificate dei social, sono la conferma vivente di tale tendenza.
Anche nel turismo, poi, è facile notare quanto la buona cucina possa essere elemento determinante per preferire una destinazione rispetto ad altre. Gli americani, in particolare, vengono a frotte in Italia soprattutto per mangiare bene come non potrebbero altrove e si rendono sempre più propensi a partecipare a vere e proprie cooking class per imparare la vera cucina italiana e, nel nostro caso, quella originale ischitana, al punto che anche noi, al nostro bed and breakfast, ci siamo organizzati in tal senso con una proposta COOKING CLASS ISCHIA aperta anche a chi non alloggia da noi.
E se G.B.Shaw sosteneva che “non c’è amore più sincero di quello per il cibo”, miei cari amici Lettori, con tutta probabilità in molti avrebbero fatto (e tuttora farebbero meglio) a non prenderlo troppo alla lettera, atteso che grazie a Dio abbiamo a disposizione, nella maggior parte dei casi, ben altri rifugi del cuore, del corpo e dell’anima pronti a confortarci allorquando ne abbiamo bisogno.
Chissà, forse verrà un’epoca in cui il nostro contesto sociale sempre più logoro e distratto dal nulla cosmico che ci pervade ogni giorno di più, tornerà ad emergere nella riscoperta di quei valori oggi fin troppo messi da parte e soppiantati a cuor leggero. Ma la domanda è: io, comune mortale e credulone, come Vincenzo, di quell’Ischia e quegli Ischitani senza dubbio migliori dei nostri coevi con esempi e comportamenti da tenere a modello, riuscirò mai a presenziarvi? E soprattutto, faccio bene a crederci ancora così tanto?
Cibo, unica fede? | #4WD

Daily 4ward di Davide Conte del 15 giugno 2025