venerdì, Luglio 11, 2025

Casamicciola, la lunga notte della frana. Voci dal fango minuto per minuto, la ricostruzione dei giudici

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Una colata di fango ha travolto il cuore di Casamicciola Terme il 26 novembre 2022, uccidendo dodici persone. Le indagini della Procura ricostruiscono minuto per minuto quella notte di terrore, tra telefonate disperate, soccorsi in ritardo e responsabilità istituzionali rimaste senza risposta. Un evento annunciato, aggravato da decenni di abusivismo edilizio e assenza di pianificazione urbanistica

E’ una lunga sequenza di voci rotte dalla paura, di richieste d’aiuto che arrivano in piena notte, di corpi trascinati via da una valanga di fango e detriti. Il 26 novembre 2022 a Casamicciola Terme, Ischia, dodici persone morirono travolte dalla frana scesa dal Monte Epomeo. Ma quello che accadde in quelle ore non è solo una tragedia naturale.

È anche una vicenda giudiziaria, ricostruita nei minimi dettagli dalla Procura di Napoli attraverso testimonianze, telefonate registrate e consulenze tecniche. Una cronaca dell’orrore minuto per minuto, che mostra come il tempo si sia fermato nell’immobilismo delle istituzioni e nell’incuria di un territorio dimenticato.

Riportiamo questo approfondimento anche per mettere in evidenza, in maniera particolare, quella che è una delle verità amare da accettare che viene fuori dalla richiesta di archiviazione: ovvero l’incapacità oggettiva di poter intervenire, alle condizioni date al 26 novembre 2022 quando non c’erano mappe del rischio aggiornate, non c’erano sistemi di allerta e non era previsto nessun presidio di protezione civile per la salvaguardia delle vite umane come, invece, si è fatto dopo. E come, ad esempio, si fa ancora oggi a Monte Vezzi.

LA CRONACA DI UNA NOTTE DI PAURA
La prima allerta ufficiale arriva alle ore 04:37. È il servizio 115 a ricevere una richiesta d’intervento per un allagamento nel Comune di Barano d’Ischia. Venti minuti dopo, alle 04:57, una nuova chiamata riguarda via Pontano, nel Comune di Ischia, dove viene segnalato un canale ostruito all’altezza del sito dei pescatori. Sembrano, all’inizio, eventi distinti. Ma solo pochi istanti dopo Casamicciola comincia a sprofondare sotto il fango.

Alle 05:03 viene segnalato un forte boato. Le persone cominciano a telefonare terrorizzate. Alle 05:06:46, M. B. chiama i carabinieri. “Eh salve volevo… aiuto… una cosa”, balbetta al telefono, mentre cerca di spiegare che si trova a Casamicciola. L’operatore lo mette in attesa per trasferirlo ai colleghi di Ischia.
Un minuto e mezzo dopo, alle 05:08:34, una donna chiama da Piazza Bagni – Corso Garibaldi. “C’è di nuovo la frana, sta scendendo di nuovo tutto”, dice con voce angosciata. La paura è tangibile, il panico corre sulla linea telefonica.
N. D. I., residente in via Celario 19, è più preciso. “In zona Santa Barbara, a Piazza Gradoni, c’è stato uno smottamento. Il parcheggio con cinquanta auto è franato, anche un pezzo di montagna. Noi siamo nel parcheggio ma sopra di noi ci sono ancora famiglie”. La sua voce torna più volte nelle conversazioni con la centrale, chiede aiuto con insistenza.

Alle 05:25 viene segnalato nuovamente un boato, mentre una donna urla all’operatore: “C’è un boato! È franato! Noi stiamo proprio giù in fondo dove sta la montagna! C’è un rumore enorme!”. L’operatore cerca di calmarla: “Mettetevi in sicurezza”. La donna, disperata, chiede: “Ma in sicurezza da dove?”.

Alle 05:41:12 A. M., con voce agitata, comunica di aver ricevuto una telefonata da una signora che urla aiuto. Non sa cosa sia successo, ma fornisce indicazioni per localizzarla. Alle 06:09:39, A. C. chiama per dire che la sua auto sta sprofondando in un tombino. Alle 06:10:52 un uomo afferma con voce ferma: “È scesa mezza montagna”. Un minuto dopo, alle 06:11, T. D. N. chiama disperata: “È caduta la nostra casa… i miei figli stanno sotto”.
L’operatore chiede dove si trovi. Lei piange: “Via Celario, via Celario numero 8… Casamicciola, zona alta del Maio”. Continua a implorare: “Ci sono le macerie, non possiamo scavare, vi prego, mandate i soccorsi!”. L’operatore assicura che tutto è stato allertato. Ma T. continua: “Una casa se n’è caduta proprio… la lava di fango l’ha buttata giù”.

Alle 06:14:59, A. P. chiama dalla zona alta di Casamicciola: “Qui ci stanno delle case. Stiamo cercando di chiamare gli abitanti ma non rispondono”.
L’ultima chiamata al 113 arriva alle 08:41. A parlare è A. M. F. Racconta che la casa del figlio della cognata in zona Rarone è stata “distrutta in pieno” dalla frana. In quella casa vivevano G. M., la moglie e tre bambini.
Passano le ore e i soccorritori iniziano a trovare i corpi. Alle 13:00 del 26 novembre viene ritrovata Eleonora Sirabella, la prima vittima identificata. Seguiranno Maria Teresa Monti, Francesco Monti, Giovanna Mazzella, il neonato Giovan Giuseppe Scotto Di Minico, e Maurizio Scotto Di Minico. I corpi di Michele Monti, Nikolinka Blagova, Valentina Castagna, Gianluca Monti e Salvatore Impagliazzo verranno rinvenuti nei giorni successivi. L’ultima salma, quella di Mariateresa Arcamone, verrà recuperata il 6 dicembre.

Ma la Procura va oltre la mera cronaca. Affida a un collegio di consulenti la ricostruzione scientifica. Secondo gli esperti, tutto parte da un piccolo scivolamento di suolo nella sommità del Monte Epomeo, a 725 metri sul livello del mare. Il distacco iniziale, dopo un salto di 50 metri, impatta su un versante con materiale sciolto, saturo d’acqua, generando una valanga di detriti che cresce man mano che scende lungo Cava Celario.

Già alle 04:24 – prima delle prime telefonate – le telecamere del parcheggio comunale Rarone mostrano piogge intense. La quantità d’acqua aumenta. Poi, una massa compatta di fango, detriti e alberi abbatte tutto ciò che incontra. Le immagini si interrompono.
Il materiale sceso a valle viene analizzato: si tratta di sedimenti limoso-sabbiosi con elementi tufacei. I consulenti precisano che non c’è stato un crollo roccioso, ma un innesco progressivo. “È stata la concomitanza tra piogge, scarsa manutenzione del bosco, tombatura degli alvei, e urbanizzazione selvaggia”, scrivono.

L’abusivismo non ha causato la frana, ma ha reso la tragedia inevitabile. Il terreno, fragile e mal gestito, era stato trasformato da costruzioni abusive, molte delle quali con pratiche di condono incomplete e mai verificate. Una di queste, ad esempio, era stata costruita di recente ai piedi della montagna, senza un vero controllo da parte dell’amministrazione. L’assenza di un Piano Urbanistico aggiornato, le domande di condono lasciate negli archivi, la mancanza di un’azione repressiva concreta: tutto questo ha fatto da sfondo.
“La posizione di garanzia non è un obbligo di risultato – scrivono i magistrati citando la Cassazione – ma un obbligo di mezzi”. E quei mezzi, per decenni, sono mancati.

Dalla lettura delle carte emerge che la frana non è stata solo il risultato di un evento meteorologico eccezionale, ma di un sistema che ha scelto per anni di non vedere, non ascoltare, non agire. Mentre la montagna, silenziosamente, si preparava a cadere.

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  • Articolo realizzato dalla Redazione Web de Il Dispari Quotidiano. La redazione si occupa dell'analisi e della pubblicazione fedele degli atti e dei documenti ufficiali, garantendo un'informazione precisa, imparziale e trasparente. Ogni contenuto viene riportato senza interpretazioni o valutazioni personali, nel rispetto dell’integrità delle fonti e della veridicità dei fatti.

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