Acque agitate e politica in fermento a Ischia Servizi, la partecipata del Comune di Ischia che si occupa del ciclo dei rifiuti. Una società che, più che di riassetto organizzativo e di riqualificazione del servizio reso ai cittadini, sembra vivere una fase di resa dei conti, fatta di equilibri fragili, rivalità interne e logiche spartitorie.
È il braccio di ferro tra la corrente di Gianluca Trani e quella dell’assessore Antonio Buono con il gruppo “Sciarappa” a dettare la linea, in un clima che non guarda tanto al miglioramento del servizio quanto a chi riesce a spremere di più la società. A far da contorno, la solita comunicazione social sterile, talvolta ridicola, capace di fare più danni che benefici, e i soliti giochi di potere in cui i servizi pubblici diventano merce di scambio per alimentare clientele e posizionamenti politici.
Nel frattempo, la tensione interna si riflette anche tra i lavoratori. C’è chi gioca con caselle di posta anonime per screditare i colleghi e chi ricorre a metodi più diretti e muscolari. È di qualche settimana fa lo scontro, duro e frontale, tra una famiglia di dipendenti di Ischia Servizi e Ciro Cenatiempo. Fonti interne parlano di un faccia a faccia acceso, rientrato dopo un chiarimento; c’è chi però racconta di una lite degenerata fino alla “rotta l’oss”.
Versioni contrapposte che testimoniano il clima esasperato, in cui la verità spesso si confonde con la fantasia di qualche buontempone più incline all’invenzione che al buon senso.
Se queste possono sembrare schermaglie da spogliatoio, il vero nodo, quello che pesa perché riguarda soldi pubblici e bilanci aziendali, è altrove. Da un lato c’è la polemica sull’«importo aggiuntivo» riconosciuto a un lavoratore e la conseguente richiesta di un altro dipendente di vedersi attribuito un trattamento analogo: mille euro in più al mese, da intendersi come compensazione di presunti debiti della società nei confronti del personale. Una disputa che ha spaccato il CdA, con le diverse anime politiche che si accusano a vicenda di aver favorito questa o quella posizione, in un braccio di ferro che somiglia più a uno scontro tra bande che a una gestione collegiale.
Dall’altro lato, e con un peso ben più rilevante, c’è la vicenda giudiziaria che vede come protagonista Andrea Lucibello. Un caso emblematico che intreccia le sorti dei lavoratori con quelle della società e che da anni si trascina tra aule di tribunale e accordi transattivi.
Il primo capitolo risale al 31 marzo 2016, quando il Tribunale di Napoli – sezione lavoro – con sentenza n. 2867 accolse le richieste di Lucibello, riconoscendogli il diritto al V livello del contratto collettivo a partire dal 2004. Per i giudici di primo grado, le mansioni svolte dal dipendente andavano oltre quelle del IV livello, comportando responsabilità e compiti di coordinamento che giustificavano la qualifica superiore. La società venne condannata a corrispondergli oltre 33.000 euro di differenze retributive.
La partita, però, non si chiuse lì. Ischia Ambiente impugnò la decisione davanti alla Corte d’Appello e, in attesa della pronuncia, il 16 aprile 2018 le parti firmarono un accordo transattivo. Il presidente del CdA, avvocato Vincenzo Capuano, e lo stesso Lucibello sottoscrissero un’intesa che prevedeva il pagamento da parte della società di 25.000 euro lordi, suddivisi in tre rate. In cambio, il lavoratore rinunciava a ogni ulteriore pretesa. Un accordo definitivo e novativo, che però conteneva una clausola significativa: gli eventuali effetti favorevoli per la società, in caso di accoglimento dell’appello, restavano salvi.
Ed è qui che arriva il colpo di scena.
Il 10 giugno 2020 la Corte d’Appello di Napoli, sezione lavoro, con sentenza n. 1558 ribaltò completamente la decisione di primo grado. Il collegio presieduto dalla dott.ssa Raffaella Genovese accolse l’appello della società, ritenendo le prove testimoniali insufficienti a dimostrare che Lucibello avesse realmente svolto mansioni di V livello. Per i giudici, quelle descritte erano attività riconducibili al IV livello, assimilabili a quelle di un caposquadra, sempre svolte sotto la supervisione di un diretto superiore. Niente autonomia gestionale, niente contenuti tecnico-amministrativi di alto livello, e dunque nessun diritto all’inquadramento superiore. L’appello venne accolto, la domanda originaria rigettata e le spese compensate.
Così, mentre Lucibello aveva già incassato i 25.000 euro pattuiti con la transazione del 2018, la Corte d’Appello due anni dopo cancellava alla radice le sue pretese originarie, sancendo che la società non gli doveva alcuna differenza retributiva. Una parabola giudiziaria che fotografa, meglio di qualsiasi parola, i nodi irrisolti di una partecipata sempre più al centro di scontri politici e di vicende che finiscono col gravare, ancora una volta, sulle casse pubbliche.
In questo regolamento di conti interni, figlio diretto anche degli accordi politici che hanno portato all’attuale presidente di Ischia Servizi, è tornata d’attualità la sentenza della Corte d’Appello che ha ribaltato la decisione di primo grado sul caso Lucibello. Un esito che la transazione del 2018 dava già per scontato e vinto dal lavoratore, e che invece si è chiuso in maniera opposta.
Ora, l’avvocato Nicola Lauro ha pronta una diffida per chiedere la restituzione delle somme che, alla luce della pronuncia definitiva, sarebbero state riconosciute ingiustamente a Lucibello. Una questione che ha riacceso il corto circuito politico nella dirigenza di Ischia Servizi: da un lato c’è chi vuole evitare grane con la Corte dei Conti e rimettere ordine nei conti aziendali, dall’altro chi preferirebbe replicare l’atteggiamento del passato, quando l’esecutività della stessa sentenza era stata sostanzialmente ignorata.
Il dibattito, al netto dei pareri legali commissionati da una parte o dall’altra, ruota intorno a un nodo cruciale: la sentenza d’appello, arrivata dopo la transazione, incide o no sull’accordo economico già sottoscritto? E, soprattutto, quali effetti ha oggi sulla posizione lavorativa di Lucibello, che nel frattempo potrebbe trovarsi ad aver maturato addirittura il famigerato VI livello?
La domanda resta sospesa: Ischia Servizi terrà davvero la barra dritta — si fa per dire — o si troverà l’ennesimo escamotage per far finta di niente e chiudere anche questa vicenda con il solito “vissero tutti felici e contenti”?











Mah tanto felice e contento proprio no……da molti anni, il sig. A. L. ipoteticamente ha instaurato un clima di lavoro estremamente teso, contrassegnato da episodi costanti di mobbing e comportamenti vessatori nei confronti di colleghi e collaboratori creando un atmosfero di paura e preoccupazione, un ambiente lavorativo fortemente tossico. Tali condotte ipotetiche, oltre ad aver generato un ambiente professionale insostenibile, risultano ancora oggetto di procedimenti giudiziari pendenti ai quali lo stesso dovrà rispondere, oltre alla sentenza di cui avete il 29 Agosto già riportato. Le condizioni di vita e il patrimonio riconducibile al sig. L appaiono ben al di sopra di quanto giustificabile dal suo stipendio, circostanza che da tempo desta forti perplessità e richiede un’attenta verifica sopratutto al interno di Ischia Servizi S.p.A. Il sig. E. L (dipendente, collega e collaboratore) sempre di Ischia Servizi, stranamente più volte coinvolto in pratiche estremamente gravi in quanto vi sono segnalazioni secondo cui il sig. E si troverebbe spesso coinvolto con mezzi aziendali (autocarri, gru, ecc.) stranamente danneggiati al fine di indirizzarli presso un officina di Napoli, dove sarebbero emesse fatture sospette o gonfiate, fatture pagate direttamente dalla società senza chiedere nulla al dipendente come risarcimento o chiedere risarcimenti assicurativi, coincidenze?
Questi comportamenti, se confermati, rappresenterebbero non solo un danno economico diretto alla società, dove non si capisce perchè non ci sono provvedimenti appropriato verso i colpevoli ma soprattutto un grave tradimento della fiducia dei cittadini contribuenti che pagano la tassa sui rifiuti. Non è accettabile che risorse pubbliche destinate a un servizio essenziale possano trasformarsi in fonte di arricchimento personale.
La sensazione diffusa è che tali individui godano di una protezione politica che li rende immuni da conseguenze concrete.
Tuttavia, i segnali evidenti di ricchezza – come la disponibilità di yacht e ampi terreni – impongono un serio approfondimento.
Si spera che qualcuno finalmente metterà ordine, che tutti che sanno segnalano veramente tutto e che ci sarà con urgenza:
– una indagine interna approfondita all’interno di Ischia Servizi;
– una verifica esterna da parte delle Autorità competenti, al fine di accertare eventuali responsabilità civili, penali ed amministrative;
– l’adozione immediata di provvedimenti disciplinari e cautelari volti a tutelare il buon nome dell’azienda e la corretta destinazione dei fondi pubblici.
I contribuenti hanno diritto a trasparenza, legalità e rispetto. È dovere della società e delle istituzioni garantire che ogni euro versato non venga disperso o utilizzato per fini personali illeciti.