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venerdì, Aprile 19, 2024

Asl Na2 Nord, chiesto il giudizio per i 32 “furbetti” del cartellino

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E’ stata formalizzata l’istanza del pubblico ministero Antonio Ardituro per i dipendenti dell’Asl Napoli 2. L’ipotesi di reato nei confronti dei 32 imputati è di truffa ai danni dell’ente pubblico per tutti, solo per alcuni di peculato per aver utilizzato per fini personali veicoli di proprietà dell’Azienda sanitaria. Altri ancora devono difendersi dall’ipotesi di falso. Sono 71 i capi d’imputazione che sono stati confezionati e che riportano analiticamente i giorni e le ore di utilizzo illecito dei badge.

Paolo Mosè | Alla fine il sostituto procuratore della Repubblica Antonio Ardituro ha chiesto il rinvio a giudizio per 32 imputati, i quali a vario titolo rispondono di truffa ai danni dell’Asl Napoli 2 Nord, nonché di peculato per alcune posizioni, di falso. Per complessivi 71 capi d’imputazione. Per il numero assai cospicuo di dipendenti pubblici che avrebbero utilizzato il badge delle presenze dando una mano alcune volte al collega impegnato in tutt’altre faccende. A seguito di una indagine condotta dalla tenenza della Guardia di Finanza di Ischia. Il pubblico ministero ha voluto essere molto preciso nelle contestazioni e soprattutto allorquando è stato utilizzato il badge di altro collega che si era assentato o comunque aveva anticipato l’abbandono del posto di lavoro. E per rientrare nelle ore di attività previste dal contratto nazionale, gli imputati avrebbero consegnato nelle mani del collega fidato il badge, che avrebbe poi utilizzato all’atto di uscire dagli uffici al termine del lavoro. Tutto sarebbe stato registrato da una o più telecamere nascoste piazzate dagli uomini delle fiamme gialle, che alcuni mesi fa notificarono nelle mani degli interessati l’avviso di chiusura delle indagini preliminari. E le contestazioni sarebbero identiche per ognuno degli imputati con la sola differenza del giorno, ora di entrata e ora di uscita e dell’utilizzo del badge, come dal prospetto analitico allegato ad ogni ipotesi di truffa ai danni dell’ente sanitario.

GLI IMPUTATI

Questi sono gli imputati che dovranno comparire dinanzi al giudice dell’udienza preliminare il prossimo marzo e che se vorranno dovranno recarsi presso l’aula bunker “Ticino 1” di Poggioreale: Barbato Massimo, Base Francesco Antonio, Borghese Pasquale, Carraturo Nello, Castaldi Salvatore, Cece Emilia, Colella Rosaria, Coppola Teresa, Delicato Luigi, Della Corte Erminia, Di Meglio Margherita, Di Sarno Ciro, Fabozzi Luca, Ferrandino Maria Francesca, Grifo Alberto, Impagliazzo Lucia, Laudisio Lucia, Mariani Mario, Marigliano Anna, Marziali Placido, Messina Francesca, Mormile Pasquale, Pacifico Salvatore, Papaccio Rosa, Pluda Brunella, Puca Anna, Romano Vincenzo, Ruggiero Anna, Russo Carmela, Silvio Aniello, Trofa Clotilde, Vuoso Ugo.

LA DENUNCIA DI BARBATO

Tutto nasce da una denuncia presentata dal dottore veterinario Massimo Barbato, il quale ricopriva la carica di responsabile dell’Ufficio Veterinario dell’Asl. La particolarità di questa indagine è che se da un lato ha raccontato fatti e circostanze rilevanti, dall’altro poi si è ritrovato coinvolto negli accertamenti che sono stati eseguiti dalle fiamme gialle. Per aver utilizzato in modo anomalo il suo badge, tanto da meritarsi l’ipotesi di reato di truffa ai danni dell’ente, nonché di peculato per aver utilizzato, secondo l’accusa, per scopo personale l’autovettura di servizio. Una denuncia articolata, quella firmata dal Barbato, che diede la stura alle indagini. Presentando una situazione alquanto particolare per essersi infortunato nel suo ufficio mentre era da solo: «Premetto che in data 15 novembre 2016, mentre ero in servizio da solo in ufficio, sono stato vittima di un infortunio sul luogo di lavoro che ha reso necessario il mio trasferimento in ospedale, in stato di incoscienza, mediante il 118.

Durante l’assenza dal lavoro per decorso post infortunio apprendevo da indiscrezioni che il dottor Danilo Mazzei, incaricato dal mio capo servizio dottor Enrico Bianco di sostituirmi, si recava in visita presso altri uffici Asl presenti nel presidio ove presto servizio chiedendo informazioni sul mio infortunio e ponendo domande capziose e tendenziose sull’evento occorsomi».

Una volta rientrato in ufficio, venne a conoscenza che era stata predisposta una commissione per verificare se effettivamente si fosse infortunato sul posto di lavoro: «Apprendevo, sempre da indiscrezioni, che colleghi dipendenti di uffici adiacenti a quello dove presto servizio erano stati convocati a Frattamaggiore da una commissione costituita in tempi record e composta, come riportatomi, da almeno due dirigenti, cioè il direttore amministrativo dott. Balivo Francesco ed il dirigente del servizio ispettivo avvocato Aponte Roberto. Detta commissione si attivò, oltre alle informazioni già raccolte precedentemente dal dottor Mazzei Danilo, procedeva ad interrogare il personale, anche in questo caso dubitando dell’infortunio occorsomi e ponendo domande supponenti e capziose.

Il modus operandi di detta commissione. Il dottor Mazzei tendeva ad avvalorare una ipotesi di mix simulazioni dell’infortunio. Prova ne è che la stessa Inail in data 5 gennaio 2017 mi trasmetteva un prospetto di cui alla pratica dell’infortunio del 15 novembre 2016, comunicandomi “il caso verrà segnalato all’Inps per competenza… Omissis…il datore di lavoro ritiene l’evento non attendibile”».

INFORTUNIO CONTESTATO

Chiamando in causa il suo diretto superiore, che era stato uno di quelli che riteneva l’infortunio alquanto anomalo, tanto da segnalarne l’accaduto alla competente autorità: «Questa dichiarazione scaturiva da quanto il mio capo servizio dottor Enrico Bianco aveva sottoscritto all’Inail in relazione al mio infortunio: “la descrizione dell’infortunio non risponde a verità perché l’orario di chiamata del 118 registrato sulla scheda non corrisponde a quanto dichiarato dall’infortunato nella relazione sull’accaduto”. E sempre il dottor Bianco inviava la nota (molto diffamante) del 19 gennaio 2017 al direttore generale, al direttore amministrativo, al direttore sanitario, al servizio ispettivo sanitario e al servizio ispettivo amministrativo della Asl. In detta nota, tra l’altro, ha dichiarato che l’evento occorsomi non era stato un infortunio. Naturalmente il giorno dell’infortunio non avrei dovuto essere solo in servizio, in ufficio. Pertanto senza neanche tanto controllare il dottor Bianco chiedeva, tramite terzi, al dottor Di Sarno e all’amministrativo Alberto Grifo (i miei colleghi di struttura), di relazionare sui motivi della loro assenza nel mio ufficio.

Questi hanno relazionato ma, non poteva essere facilmente riscontrabile, erano assenti ingiustificati. Il dottor Bianco ha però accettato la loro versione, sfacciatamente non veritiera, non verificando che quanto riportato nella loro relazione era palesemente falso».

Facendo delle affermazioni sull’operato del dirigente e accusandolo di determinate ipotesi: «E senza doverosamente approfondire i motivi dell’assenza archiviato il tutto. L’interesse del dottor Bianco è stato quello di archiviare in modo da consentirgli di poter dichiarare che il mio evento era inattendibile, non veritiero. Ero solo, ingiustificatamente solo.

Quindi non potevo provare alcunché.

D’altronde ciò che sto segnalando si riferisce ad un modus operandi (l’allontanarsi dall’ufficio nella fascia oraria 13,30-15,30) molto ben conosciuto dal mio dirigente superiore, già oggetto di varie altre mie segnalazioni a codesta autorità, il quale pertanto non può da me essere informato di quanto sto con la presente segnalando.

Né posso procedere a segnalare il tutto al delegato anticorruzione all’azienda il quale riveste contemporaneamente anche l’incarico di responsabile del servizio ispettivo amministrativo (e cioè uno dei componenti della commissione inquirente)».

TIMORE DI RITORSIONI

Concludendo chiedendo all’autorità giudiziaria di procedere ad un’accurata verifica al fine di verificare la sussistenza di determinate violazioni di natura penale, per essere stato sottoposto ad una serie di false affermazioni e calunnie: «Infatti, poiché precedenti episodi hanno evidenziato una sintonia tra i due, ogni mia segnalazione verrebbe sicuramente artatamente spenta e resa inattendibile. Non sarebbe infondati l’ipotesi di un previo avvertimento a tutti i dipendenti del presidio ove lavoro al fine di ottenere la presenza garantita durante una eventuale ispezione di facciata.

E poiché quindi la segnalazione languirebbe anche presso il responsabile della prevenzione della corruzione provvedo ad inviarla direttamente a codesta autorità.

Con la presente quindi, con la tutela riservata al dipendente che effettua la segnalazione di cui alla legge, chiedo che quanto da me segnalato sia trattato garantendo la protezione che diversamente, dovrebbe essermi fornita dallo stesso delegato anticorruzione dell’amministrazione in cui presto servizio, assicurando la riservatezza della mia identità.

Vorrei infatti scongiurare altre ritorsioni nell’ambito del mio rapporto di lavoro ed evitare ulteriori esposizione a misure discriminatorie e vedere ulteriormente compromesse le mie condizioni di lavoro.

La mia sfiducia nella procedura interna di segnalazione deriva da una mia precedente denuncia all’Anac che, ho avuto modo di constatare, è stata paradossalmente partecipata a vari uffici all’interno dell’azienda con divulgazione della mia identità, cui è seguita un’intensa attività ritorsiva attualmente al vaglio dei giudici aditi.

Chiedo quindi, nella mia qualità di whistleblower che – fuori dei casi di mia responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione – la mia segnalazione sia riservata e disaccoppiata dal mio nominativo. Garantisco che quanto sto segnalando non è qualificabile quale “malicius report”».

4 COMMENTS

  1. Quelli del centro di salute mentale se la sono sempre spassata in orario di lavoro, usando anche l’auto del CSM per andarsene in giro col pretesto che dovevano fare visite domiciliari.
    Antonio D’Amore se ci sei batti un colpo, oppure vattene a casa.

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