Il calciomercato 2023 passerà alla storia come l’estate in cui i grandi club sauditi hanno fatto una facile breccia nelle mura delle società italiane ed europee, per fare incetta di nomi prestigiosi. Cristiano Ronaldo ha certamente aperto la strada verso l’Arabia Saudita ma, ingolositi da contratti ultramilionari, non ci è voluto poi più di tanto prima che decine di giocatori che hanno militato nei migliori club del vecchio Continente decidessero di chiudere le valigie per fare rotta verso la lega saudita di calcio.
Una situazione che non è certamente passata inosservata alle istituzioni calcistiche e sportive europee, che stanno pensando a qualche contromisura. Il salary cap sarà tra queste?
L’intervento della Serie A
A intervenire in questa calda estate di calciomercato è stato il presidente della Serie A Lorenzo Casini, secondo cui quanto sta avvenendo per causa dei club della Saudi Pro League potrebbe determinare una sorta di doping finanziario. Quasi inermi sono le singole istituzioni nazionali considerato che – prosegue Casini – ci vorrebbe un intervento strutturale e organico da parte della Fifa, con nuove regole che possano disciplinare le maxi offerte che i club italiani ed europei stanno ricevendo.
Ad ogni modo, Casini si dichiara solo relativamente preoccupato, ricordando come spesso queste cose si evolvano con dei cicli e che, comunque, i risultati delle italiane in Europa quest’anno sono stati molto positivi.
Inoltre, nel vecchio Continente la Uefa è già intervenuta con una forma di salary cap: quel che viene auspicato dalla Serie A è dunque l’introduzione di un tetto salariale un po’ più sofisticato, come quello delle leghe professionistiche americane.
Come funziona il salary cap negli USA
Il salary cap statunitense, applicato alla MLS, ha un funzionamento piuttosto particolare che potrebbe essere difficile applicare nel breve termine in ambito europeo. Tuttavia, considerato che potrebbe essere un ideale punto di approdo, val la pena condividerne i principali punti ispiratori.

In particolare, la prima cosa che conviene rammentare è che ogni società della MLS fa parte di un sistema chiuso: ha infatti a disposizione una cifra massima da spendere per i giocatori in rosa che, per il 2023, ammonta a 5,2 milioni di dollari. Un importo che deve includere gli stipendi di tutti i giocatori e che impone pertanto alle società di lavorare in maniera organica per la gestione del monte ingaggi.
La regola Beckham
C’è però un’eccezione che, in fin dei conti, spiega per quale motivo Leo Messi percepisca uno stipendio ben più lauto e perché, prima di lui, David Beckham riuscì a strappare un contratto molto generoso.
Ogni squadra della MLS può infatti ingaggiare un numero massimo di giocatori pagando loro lo stipendio desiderato, senza alcun limite: è il Designated Player, un giocatore speciale che ha permesso ai LA Galaxy di tesserare Beckham nel 2009 (da qui, il soprannome della rule) e, più recentemente, l’Inter Miami di aggiudicarsi le prestazioni di Leo Messi. Negli anni il numero dei Designated Players è gradualmente aumentato e, oggi, sono al massimo 3 i giocatori che possono essere ingaggiati con questo particolare meccanismo.
Attenzione, però: le cose sono ancora un po’ più complicate di quanto appena premesso. L’impatto del Designated Player non è infatti nullo, ma è limitato al massimo stipendio che è possibile corrispondere per quell’anno. Pertanto, se al Designated Player viene corrisposto uno stipendio 5 milioni di dollari, ma le regole della MLS prevedono un compenso massimo di 651 mila dollari, sarà proprio di 651 mila dollari il peso considerato ai fini del salary cup.
Cosa è accaduto al Toronto FC
Sebbene gli esempi formulati in casa dei Galaxy e dell’Inter Miami sono i più celebri, le cose hanno recentemente riguardato anche alcuni italiani. Il Toronto FC lo scorso anno ha infatti ingaggiato l’ex capitano del Napoli, Lorenzo Insigne, corrispondendo uno stipendio di 7,5 milioni di dollari, una cifra ben maggiore rispetto al salary cup di 5,2 milioni di dollari. Ai fini del salary cup, però, il suo stipendio pesa solamente per 651 mila dollari. Lo stesso è accaduto per lo stipendio di Federico Bernardeschi, il cui ingaggio è pari a 6,3 milioni di dollari, ribassati significativamente ai fini del tetto salariale.
Tutto qui? In realtà non ancora. La cifra di impatto sul salary cap si abbassa infatti se il giocatore designato è under 24, per cui il peso è di soli 200 mila dollari, al fine di invogliare l’investimento sui talenti del futuro. Inoltre, per completare l’ingaggio è sempre necessario avere l’ok della stessa MLS e del board decisionale che è composto dai proprietari dei club.
Il salary cap conviene davvero?
A questo punto ci si può lecitamente domandare se il salary cap convenga veramente o meno. A livello teorico, un tetto salariale può rendere più competitivo il campionato e può stimolarne una crescita sostenibile, evitando pericolose bolle come quelle in formazione a causa dell’intervento saudita. Renderebbe inoltre molto più dinamiche le previsioni sulle scommesse, e i bookmaker presenti su scommessesulweb.com non potranno che rivedere pesantemente i propri book per riallineare i rapporti di forza.
Di contro, sarà molto difficile, per il campionato italiano di Serie A, trovare una cifra giusta che possa garantire competitività con il resto dei campionati e, peraltro, anche all’interno dello stesso campionato. Probabilmente il limite di ingaggi previsto dalla MLS sarebbe inoltre scarsamente realizzabile da noi poiché troppo basso, ma non è escluso che si possa lavorare per arrivare a un compromesso di medio termine.