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4ward Victory: storia di una domenica tutta italiana | #4WD

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Daily 4Ward di Davide Conte del 13 luglio 2021

E’ stato bello tornare a sentirsi Campioni d’Europa! Il titolo di numeri uno del pallone nel Vecchio Continente ci mancava dal 1968 e, fino ad oggi, ci aveva toccato solo di striscio, attraverso una serie di delusioni vissute dal 1980 al 2016, dove il miglior risultato ottenuto furono le due finali perse nel 2000 contro la Francia e nel 2012 contro la Spagna.

Analizzando l’andamento della gara, c’è da dire che l’Inghilterra di Kane e compagni ha senza dubbio indovinato l’avvio di partita, imponendo un ritmo di gioco che oltre a trovare il gol dopo meno di tre minuti, ha annichilito gli uomini di Mancini cristallizzandoli ad una velocità che mai avrebbe potuto scardinare la successiva impostazione insolitamente catenacciara voluta da Southgate. Ovvio che dopo l’intervallo la scena sia cambiata, con gli Azzurri pronti ad avviare la ripresa con un passo completamente diverso che ha messo gli avversari alle corde e ha consentito non solo di raggiungere il pareggio, ma principalmente di mostrare al mondo intero che il calcio, sì, lo hanno inventato gli inglesi, ma da una vita siamo noi a continuare a spiegare loro come si gioca. La lotteria dei rigori, poi, è storia che non necessita ulteriori cronache: ci è andata bene e tanto basta!

Football it’s coming back Rome” (e non HOME) è stata la parafrasi preferita nelle tantissime parodie rivolte ovunque ai rivali britannici, la cui immancabile componente idiota non ha tardato a farsi riconoscere, aggredendo alcuni dei nostri connazionali dopo la partita. Bellissimo è stato anche il “meme” con l’immagine della Regina Elisabetta II e l’aforisma napoletano attribuitole: “Aggia perz a Filippo e ‘u panaro”, oppure la foto dei due giovanissimi giocatori di colore (Rashford e Sancho, quarantaquattro anni in due) subentrati al 120’ per tirare -e sbagliare- i rigori decisivi. E come non ricordare la coloritissima esultanza a fine partita di Leonardo Bonucci, “sgamato” da un TikToker mentre dice ad alta voce ai tifosi inglesi: “Mangiate ancora pastasciutta, ne dovete mangià ancora” (Vi risparmio il precedente “ce lo s…….o”).

Ma quella di ieri è stata anche la domenica di Matteo Berrettini, che ha diviso l’Italia tra inguaribili ottimisti (quelli che lo ritenevano capace di poter vincere la finale di Wimbledon contro Djokovic) e soliti disfattisti (meno di due ore e tutti a casa). Il tennista romano, oggi numero otto al mondo con ampio vantaggio su Federer insolitamente nono, è stato talmente bravo da smentirli entrambi, cedendo sì al numero uno al mondo ma in quattro set, tre ore e ventiquattro minuti di partita. Ancora molto genio e sregolatezza nelle prestazioni del miglior tennista di casa nostra: una rimonta pazzesca nel primo set, riuscendo a vincerlo in un tie break giocato magistralmente dopo essersi trovato sotto per cinque games a due; un secondo set da piccolo capolavoro, senza purtroppo riuscire a compiere un’altra rimonta e un terzo terminato con lo stesso 6/4 del secondo a favore del serbo, prima di cedere più facilmente il quarto e ultimo per 6/3. A questi momenti positivi, senza dimenticare quali fossero i meriti e la portata del suo blasonato e mai domo avversario, bisogna naturalmente contrapporre quegli aspetti ancora acerbi di Berrettini, fatti -ad esempio- di errori da fondo campo e di gestione delle palle corte (attive e passive) tutt’altro che propri di un top ten mondiale. Ma perché dimenticare i preziosi venticinque anni di questo gigante buono da centonovantasei centimetri, che continuando a restare con i piedi saldi a terra e con l’umiltà e la pacatezza che lo contraddistinguono, potrebbe senza dubbio regalarci altre bellissime soddisfazioni? La sua sconfitta di ieri, al di là di un Djokovic saldamente proiettato verso il Grande Slam raggiungibile con l’eventuale vittoria degli US Open, rappresenta senza dubbio un punto di partenza e non il semplice ricordo da affiggere in bacheca e riportare nelle cronache e negli almanacchi. Il tempo, come sempre, sarà galantuomo!

E adesso, cari amici, con una prestigiosa Coppa in più e un tennista italiano salito di una posizione nel ranking ATP, ci tocca tornare a pieno titolo nella nostra quotidianità; quella fatta di lavoro, impegni, preoccupazioni, contraddizioni e -perché no- anche gioie e soddisfazioni che nulla hanno a che fare con lo sport, in un Paese che dovremmo imparare ad amare e rispettare di più anche quando sentirsi orgogliosamente italiani risulta particolarmente difficile. In altre parole, più che chiedermi quanto resteranno affissi i tricolori fuori da molti dei nostri balconi, mi piacerebbe sapere quanto riusciremo a portarlo concretamente nel cuore e nel forziere del nostro agire quotidiano a partire dall’ultimo rigore calciato a Wembley domenica sera. Ne riparliamo tra un mesetto? O forse già nel prossimo weekend? Oppure ai Mondiali del prossimo anno?

Bye bye!

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