martedì, Dicembre 10, 2024

#26novembre. L’omelia del Vescovo Villano: “Il Vangelo di questa sera ci invita a guardare non “alla fine” della storia, ma “al fine” della storia”

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Commentando il Vangelo del Giorno, quello riportato nel Vangelo secondo Luca (Lc 21,5-11), il Vescovo Villano ha rivolto parole di speranza e di vita alla platea che si è raccolta presso la Parrocchia di Santa Maria Maddalena di Casamicciola in occasione della Santa Messa celebrata pe ricordare il secondo anniversario della Frana di Casamicciola.
“Il linguaggio apocalittico presentato da Gesù in questo contesto può essere interpretato come una rivelazione della nostra vita e del mondo. Secondo le parole di Gesù, “è necessario che ci siano eventi straordinari”. Ci saranno guerre e cataclismi, ma questi non rappresentano la fine. Questi eventi non sono quelli che determinano la fine del mondo. Il linguaggio apocalittico utilizzato da Gesù non si riferisce alla fine del mondo. Piuttosto, questo linguaggio serve a educarci e a esortarci a concentrare la nostra attenzione non sulla fine del mondo o della storia, ma sul significato ultimo della storia. Il Vangelo di questa sera ci invita a guardare non “alla fine” della storia, ma “al fine” della storia. Questo è il “fine” di una storia e di un tempo pienamente abitato da Dio. Di un Regno che è presente. Ci dice Gesù che non è un Regno che dovrà avvenire, ma è il Regno di Dio è vicino. Il Regno di Dio è in mezzo a noi.

In questo periodo difficile, celebriamo un grave dolore durante questa eucaristia. Ricordiamo la storia di Cristo che morì e risorse per noi e commemoriamo la morte dei nostri fratelli e sorelle, affidandoli alla misericordia di Dio. È un tempo di dolore e crisi internazionale. Siamo chiamati ad aprire i nostri cuori ai dolori del mondo e a ricordare le numerose zone di guerra, inclusa quella nella terra di Gesù e in Europa, così come in altre regioni del mondo. Papa Francesco ha detto che stiamo forse vivendo una terza guerra mondiale a pezzi, di cui ci giungono solo degli echi. In questo tempo di dolore, siamo consapevoli che lo viviamo insieme al Signore.

Ci troviamo a vivere in un periodo particolarmente significativo, un’epoca in cui tutta la comunità ecclesiastica, su invito di Papa Francesco, è chiamata ad essere pellegrina di speranza. Noi siamo invitati a rimanere in questa nostra isola, nel nostro tempo, come “pellegrini”. Siamo esortati ad assumere il ruolo di “pellegrini di speranza”. Questa immagine, proposta da Papa Francesco, evidenzia l’importanza del mettersi in cammino. Essere “pellegrini” implica avere i piedi ben saldi a terra e seguire le orme di coloro che ci hanno preceduto e di coloro che seguiranno. Essere “pellegrini” significa entrare in contatto diretto con la terra che viviamo, attribuendo importanza al territorio, alla vita, alla nostra città e alla nostra isola. Inoltre, essere “pellegrini” richiede attenzione reciproca e la valorizzazione degli incontri e dei luoghi abitati. Infine, essere “pellegrini” ci rende uomini e donne in cerca di Dio.

In questo tempo siamo chiamati a coltivare la bellezza del nostro cammino che per noi significa coltivare il bene, coltivare il gusto del nostro stare insieme e del nostro essere comunità. Ed allora in questo senso che comprendo anche la celebrazione di questa sera.
Il nostro stare qui, il nostro fare memoria di questi nostri fratelli e sorelle che in maniera violenta hanno dato la vita, il nostro stare insieme e tenerci per mano deve fare in modo da non farci dimenticare ciò che è accaduto perché possa non accadere più.
Siamo chiamati ad essere pellegrini di vita e di speranza, perché vogliamo che Giovan Giuseppe, Giovanna, Maurizio, Maria Teresa, Nicolinka, Eleonora, Salvatore, Maria Teresa, Francesco, Michele. Valentina e Gianluca ci aiutino a dire sì alla vita. Ci aiutino a dire sì al nostro stare insieme. Ci aiutino a dire sì al nostro essere comunità.

Ma ci aiutino, soprattutto, a prestare attenzione al nostro ambiente, ci aiutino a prestare attenzione a questo grande dono che è il creato, questa casa comune che abbiamo ricevuto. Abbiamo la responsabilità di custodirla per poterla trasmettere alle nuove generazioni. Ecco, carissimi fratelli e sorelle, cosa ci dicono questi amici che hanno dato la loro vita. Questo è un giorno di dolore. Quando ricorre questo giorno, anche dalle parole di tanti, si rinnova il dolore, quel senso di paura e di precarietà che ha attanagliato quest’isola in quella notte e noi vogliamo dire al Signore che ci aiuti ad essere pellegrini di speranza. Pellegrini di vita”.

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