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venerdì, Aprile 19, 2024

Tre amici al bar che parlano di calcio senza fare polemiche (?) – 2a puntata

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Dove eravamo rimasti? Probabilmente lo ricordate, ma vi rinfresco la memoria. Innanzitutto, quella che andremo a farvi vivere è una chiacchierata fra tre amici, seduti davanti ad un caffè in un noto bar dell’isola. Si parla di calcio, con passione, ma soprattutto di giovani. Con chi di giovani se ne intende: mister Giovanni Iovine ed il presidente del Mondo Sport Casamicciola, Gerardo Mattera. Nella puntata uscita sul quotidiano di ieri le questioni trattate sono state tante, dalle buone nuove riguardo ai ragazzi nella stagione in corso, al perché ad Ischia, isola felice per il calcio, non si riesca a mettere su un progetto calcistico legato a doppio filo alla crescita dei giovani nostrani. Oggi approfondiremo ancora di più il problema, toccando la realtà legata alle scuole calcio.

 

Dunque, mister Iovine diceva che tanti sono gli under isolani di buon livello che girano per i nostri campi. Uno che non è isolano e non è più under da pochissimo perché nato nel 1996 è Francesco de Felice. L’attaccante, ex allievo di Iovine al Real Forio in questa stagione in biancoverde ha segnato 19 reti. Tantissime. Ha già dichiarato di voler fare il grande salto. Quindi all’esperto allenatore mi viene da chiedere: fatte salve le sue enormi qualità tecniche, De Felice è pronto a livello mentale per confrontarsi con una campionato in Serie D o meglio?

“Secondo me è pronto. Ha sempre voluto fare calcio. Io e Castagliuolo lo siamo andati a prendere 2 anni fa, prima di quella miracolosa salvezza ottenuta con il Real Forio. Quello è stato il vero miracolo fatto dal Real Forio negli ultimi 3 campionati. Nessuno misurò quell’impresa. In quella stagione a settembre quasi non c’era ne una squadra e nemmeno il campo sui cui giocare. Riuscire a salvarci verso la fine fu una grande impresa e la svolta a quella squadra la diedero i due ’96 che prendemmo dall’Ischia, De Felice e Fanelli. Francesco, che cominciò la sua crescita da dicembre del 2014, già in quella stagione fece 4-5 gol importantissimi. Sono ragazzi che al campo sono i primi a spogliarsi e quando c’è da fare la parte atletica sono davanti a tutti. Perciò dico che mentalmente sono pronti. Io ho sempre creduto nelle qualità di De Felice, deve avere una opportunità. Credo che avrebbe potuto esplodere anche Fanelli, ma non è successo. De Felice è la prova che se facciamo giocare i giovani, questi possono fare la differenza e spiccare verso categorie superiori”.

 

Quindi, incalzo il mister, possiamo dire che Eccellenza e Promozione sono i campionati formano meglio i giovani?

“La Promozione un po’ meno, però in questa stagione ho visto la Sangiovannese che giocava con quattro 2000 e tre ’99 in campo e si è salvata, oltre a vincere un campionato Juniores con cui è andata a fare le finali nazionali. Così si fa, si deve avere coraggio. Quando si perde non ci si deve impaurire. Bisogna che il presidente dica: bravi, non fa nulla, ho visto una buona squadra. Poi, comunque, alle scuole calcio serve uno sbocco…”.

 

Ecco che si apre un capitolo interessante di cui discutere. Ci vorrebbe un altro caffè ma mi dimentico di chiederlo perché è troppo bella la chiacchierata. Intanto Iovine prosegue.

“Se io, da proprietario di una Scuola Calcio con un bella squadra di Allievi, potrei essere interessato che quel gruppo possa far parte di una squadra di Promozione oltre a fare il campionato Juniores?”.

 

La domanda non è per me, ma è per l’unico presidente che c’è fra noi, Gerardo Mattera, che risponde.

“Indubbiamente si, fare la Scuola Calcio facendo solo attività di base fermandosi ai giovanissimi, non ha senso. Non è nemmeno corretto nei confronti dei ragazzi e dei loro genitori. Bisogna dare una prospettiva ai giovanissimi dando uno sbocco in una categoria piccola o grande che sia. Ecco il motivo dell’avere tanti ragazzi di 20 anni nel Torneo Amatoriale. La dura realtà è questa”.

Proseguo con Gerardo. E chiedo: quindi, il proliferare delle scuole calcio sulla nostra isola, da questo punti di vista sono state un male?

“Penso di no. Scuola Calcio vuol dire fare sport, aggregazione. Poi si sceglie di non dare lo sbocco di cui si parlava. Ogni società ha degli obiettivi. La mia si è posta obiettivi a 3 anni ed a 5 anni”.

 

I presidenti sono diplomatici. Vediamo cosa ci risponde mister Iovine alla domanda.

“Tutti dicono che ci rimettono facendo la Scuola Calcio. Allora propongo che più scuole calcio dello stesso Comune si fondano in una unica e, in automatico, si vanno a collegare alla squadra di riferimento in quel momento. Ovvero, per esempio, le Scuole Calcio di Ischia si potrebbero mettere insieme per diventare Settore Giovanile della Nuova Ischia, così come quelle di Forio per il Real e quelle di Casamicciola”.

 

Questa è una gomitata a Gerardo però. Infatti, mentre sulle sue labbra c’è un bel sorriso (devo dirlo), il presidente replica.

“Non è così. Gli obiettivi di una associazione possono non essere comuni. Per me aggregarne alcune può essere un bene, però spesso non può avvenire perché ci sono obiettivi diversi”.

 

Il microfono deve seguire le voci e soffre un po’ in questa fase di punzecchiature. L’allenatore Iovine scopre il problema, forse.

“Il problema è che al centro di tutto non si mette il ragazzo. Le divergenze le creano si le finalità diverse, ma anche il carattere di voi (rivolto a Mattera) che gestite. Se si mettesse come primo obiettivo la crescita del giovane, si potrebbero superare tante situazioni”.

 

Ah, quindi il guaio è che i giovani non vengono messi al centro dei progetti dalle Scuole Calcio. Però, il presidente deve puntualizzare.

“Bisogna dire che magari una Associazione vorrebbe garantire al ragazzo lo sbocco con la prima squadra, mentre un’altra vorrebbe venderlo alla migliore cifra”. Mister Iovine lo blocca e dice: “Voi dite sempre che l’obiettivo è quello di togliere i ragazzi dalla strada”. “Si – ribatte il patron – su questo però dico che tante squadre di calcetto che fanno il CSI secondo me fanno delle ottime cose per i giovani. Ovvero, invece di essere apatici, i ragazzi hanno un impegno 2-3 volte a settimana. Questa strategia di una associazione che è al fianco della chiesa, può avere un obiettivo diverso da quello di un’altra. Perciò dico che avere un obiettivo comune è difficile. Ogni associazione ha vari tipi di strategia per mettere al centro i giovani. Negli anni scorsi fu creato il Comprensorio, che fu bellissimo ma che sostanzialmente ha fallito”.

 

Ora parlo io. Presidente caro, ci sono tante gelosie fra voi titolari di società che operano nel calcio. Dica la verità: “Non lo so se ci siano delle gelosie, dico solo che ognuno ha la propria strategia”. Che ognuno si tiene stretto gelosamente, mettiamola così: provo a chiosare. “Si, se la tiene stretta gelosamente”. Ci siamo arrivati.

 

Dopo le amichevoli bordate, il mister accarezza un po’ Mattera. E lo fa sempre attraverso i giovani.

“Comunque, ultimamente ho visto più partite dei ragazzi del Mondo Sport, Giovanissimi e Mini Allievi, e mi sono reso conto che c’è del buon materiale su cui lavorare per il futuro. Mi hanno detto bene anche del’Ischia Soccer, che ha un buon gruppo 2001, ma non ho potuto vederlo. Per quanto riguarda le Juniores, credo che la migliore sia stata quella della Nuova Ischia e, secondo me, ha fatto bene il barano ad impostarne una con tutti 2000 e qualche 2001. Un po’ meno bene ha fatto il Real Forio. Non dal punto di vista dei risultati ma perché non ha fatto addirittura 3 trasferte. Non è giusto che ciò accada. Una società non deve mancare mai una partita. I campionati vanno onorati sempre. E’ diseducativo l’evitare una trasferta”.

 

Magari, dico io, qualche società evita alcune trasferte, magari le più proibitive e dispendiose, anche per motivi economici.

“Qualsiasi sia il motivo – ribatte Iovine – gli impegni vanno mantenuti e le trasferte vanno fatte. Non si deve dare ai ragazzi l’agio di non fare. Le società devono essere presenti affinché ciò non accada mai”. “E’ brutto – aggiunge Gerardo Mattera – che ciò accada. E’ giusto insegnare ai ragazzi, che sono i lavoratori di domani, a rispettare gli impegni. Così, quando un giorno saranno sul posto di lavoro, sapranno rispettare scadenze ed appuntamenti”.

 

Quindi, ecco che si apre un bellissimo squarcio, i tecnici devono essere prima educatori e poi insegnanti di tecnica e tattica. Rivolgo il mio pensiero al presidente.

“Sicuramente. I ragazzi troveranno gli allenatori nelle prime squadre. A livello giovanile i risultati contano poco o nulla, quindi a contatto coi giovani devono esserci persone che siano prima educatori e poi allenatori”. “Sono estremamente d’accordo – aggiunge il mister – Oggi è importante l’aspetto psicologico. Se le grandi squadre hanno inventato la figura del mental coach, oggi più che mai i tecnici debbano crescere anche da questo punto di vista. Non è un caso che per il primo patentino che si acquisisce, lo Uefa B, bisogni avere dei fondamenti di psicologia del calciatore. Questo penso sia fondamentale che a livello di prime squadre, anche in Eccellenza e Promozione. L’approccio deve essere paterno coi calciatori, soprattutto coi giovani. Essere paterni non vuol dire essere buonisti. Tutto va fatto secondo logica. La crescita del ragazzo passa sotto l’aspetto educativo e psicologico”.

 

Faccio una domanda e mentre la pongo penso che non riceverò risposta (lo ammetto). Quindi chiedo: sulla nostra isola, come siamo messi in relazione alla presenza di tecnici che hanno un approccio paterno, educativo e psicologico coi giovani e coi calciatori in generale? Vediamo che dice il mister.

“Onestamente, penso che non siamo pronti. Mi ci metto in mezzo. Pensiamo che sia ancora importante urlare, cazziare a prescindere. Sono convinto che una parola detta con fermezza, senza alzare il tono della voce, sortisca migliori effetti del peggior urlo. Servono gli sguardi, non i ceffoni. I tecnici hanno tanti modi per richiamare all’ordine i calciatori. Comunque, penso che non siamo pronti, dovremo fare un piccolo salto di qualità. Nessuno me ne voglia, ma abbiamo poca voglia di imparare. La crescita passa attraverso lo studio. Non siamo pronti perché non amiamo studiare. Ci sono tanti libri sull’argomento. Noi amiamo il ruolo e sentici chiamare mister ci gratifica. Però è proprio per farci chiamare così che noi abbiamo il dovere di aggiornarci, di studiare, di crescere sempre. Se non capiamo questo, non siamo pronti”. “Bisogna crescere e studiare – aggiunge Gerardo – e confrontarci con chi è più preparato di noi, con realtà migliori. Non dobbiamo restare chiusi sull’isola ma fare più confronti con altre realtà, anche professionistiche”.

 

Forse sull’isola siamo solo troppo supponenti. Proseguiamo. Però visto che non sono pronti dal punto di vista educativo e psicologico, chissà se i tecnici isolani sono pronti dal punto di vista tecnico rispetto all’insegnamento ai giovani. Lo chiediamo a chi fa parte della categoria.

“Un grande passo avanti si è fatto dal punto di vista dei patentini. Oggi siamo quasi tutti patentati. Dall’ultimo corso dell’AIC sull’isola sono usciti altri 30 patentati. Questo è un bene, perché fino a qualche anno fa, il fatto che allenavano in tanti senza patentino non era giusto. Ora, sta nella intelligenza di tutti noi, visto che siamo patentati, di provare a crescere, aggiornandoci. Questo è l’augurio che faccio ai nuovi tecnici, che devono ricordarsi che devono aggiungere alle esperienze pregresse di calciatore anche lo studio. Ci si deve mettere in discussione. Non si è pronti solo perché si ha un patentino, che è un inizio”.

 

Sulla scorta di quanto abbiamo detto finora, sarà possibile avere un giorno sulla nostra isola un club che possa – stando a certi livelli – avere al suo interno la quasi esclusiva presenza di calciatori nati, cresciuti e pasciuti, come suol dirsi, sulla nostra isola? Questa è la domanda di adesso.

“Oggi come oggi no – afferma con decisione Iovine – Non vedo queste prospettive. Perché diamo troppa importanza ai risultati. E’ successo anche quest’anno, in cui ognuno ha parlato di punti fatti o non fatti. Questa cosa non è fondamentale. Lo è, invece, come si sono finiti i campionati, ovvero verificare quanti calciatori gli rimarranno per ricostruire la squadra. Le case devono avere ottime fondamenta, che nel calcio sono un buon parco giovani proveniente dal settore giovanile, ma anche una squadra che abbia una età medio bassa, fatta da persone con capacità tecniche e mentali che possano essere una base. Queste due cose vanno di pari passo. Una squadra con una età media bassa pria o poi paga, soprattutto se ai ragazzi si da un buon minutaggio. Io nel mio piccolo ho sempre cercato di farlo, anche al Real Forio”. “Credo che – parla il presidente Mattera – le prospettive possano essere buone solo se le Amministrazioni mettano a disposizione le strutture. Senza le stesse non si può fare calcio. I tecnici ormai sono qualificati, quindi credo si possa puntare a fare qualcosa di positivo, ma serviranno tempo, fiducia e pazienza. Nessuno ha la bacchetta magica”.

 

Penso che possiamo chiudere qui il racconto di quella che è stata una stupenda chiacchierata, di cui è stato riportato quasi tutto. Se permettete, qualcosa la tengo per me, come qualcosa i miei amici terranno per loro. Penso ve ne siate accorti, non sono venute fuori polemiche, perché si può parlare di calcio anche senza farne. Anzi, si dovrebbe parlare di calcio sempre senza farne. Ma spesso in pochi ci riescono. Io, noi, ci abbiamo provato. Alla prossima, con Giovanni Iovine e Gerardo Mattera, e con chiunque abbia voglia in primis di un caffè e poi di parlare di calcio guardandosi negli occhi, ma non in cagnesco.

 

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