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venerdì, Aprile 19, 2024

Strasburgo, Bruxelles e qualche curiosità

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Ho sempre sostenuto che la più grande aspirazione per un politico fosse quella di diventare legislatore. Mi è capitato, nel vivere quello che il mio Sindaco Peppino Brandi ha sempre definito “il germe della politica”, o più semplicemente quella passione innata di cui, però, non mi sono mai sentito dipendente, di visitare più volte sia Montecitorio, sia Palazzo Madama, sia Palazzo Chigi (praticamente i sancta sanctorum della politica di casa nostra). Mai, prima di tre giorni fa, invece, avevo avuto modo di recarmi al Parlamento Europeo e devo dirVi che è stata un’esperienza interessantissima.

Nell’ambito che conta, l’Europarlamento è visto un po’ come il cimitero degli elefanti della politica, una sorta di promoveatur ut amoveatur che, tuttavia, genera un paradosso non indifferente, se si pensa che ciascun europarlamentare gioca una partita in ben sei regioni, dovendo raggranellare decine di migliaia di preferenze in territori a lui più o meno sconosciuti. Questo determina che le candidature preponderanti sono quelle di persone o fortemente volute dal partito in tale ruolo (quindi sostenute a spada tratta dalle varie organizzazioni politiche locali), o autentici tycoon pronti a investire fior di quattrini pur di affrontare adeguatamente una campagna elettorale estenuante e conquistare il prestigioso ruolo di “Onorevole”.
Analizzando il caso di specie, Fulvio Martusciello (al quale mi lega un rapporto ultraventennale) è uno di quegli animali politici sempre pronti a scendere in campo e vincere, senza limitazioni di sorta. E anche nel 2014, così come nei suoi quattro mandati da consigliere regionale recordman di preferenze, non lesinò sforzo alcuno per ottenere, con la collaborazione della quasi totalità degli amici di partito, un brillante consenso elettorale che lo portò al Parlamento Europeo. Proprio Fulvio, una decina di giorni fa, mi chiese di partecipare, suo ospite, a una serie di audizioni che si sarebbero tenute con vari gruppi parlamentari in quel di Strasburgo, per affrontare il nodo della direttiva Bolkestein (quella, per intenderci, che rischia di mettere a gara tutte le concessioni termali e demaniali). L’occasione è stata ghiotta non solo per trascorrere un paio di giorni in buona compagnia, ma anche e principalmente per aggiungere un nuovo tassello alle mie esperienze in sedi parlamentari.
Partiamo con una curiosità. Il Parlamento Europeo si articola tra due sedi: Bruxelles e Strasburgo. Tre settimane su quattro le attività si svolgono in Belgio, una sola in Francia e, quando ciò accade, esiste un apposito convoglio ferroviario fatto di containers pronto a trasportare, per quella sola settimana, gli atti parlamentari, gli archivi e tutto quanto utile da una sede all’altra, con un esborso mensile di milioni di euro. Per quale motivo si consente questo tipo di spreco? E’ molto semplice: con lo stesso “equilibrismo politico” che scaturì a suo tempo la necessità delle due sedi, oggi risulterà probabilmente difficile chiedere ai Francesi di rinunciare a quella settimana in cui la cittadina di Strasburgo si risveglia nel corpo e nell’anima. Proprio così: pensate che, conoscendo anticipatamente il calendario delle settimane in cui armi e bagagli si trasferiscono sull’Ill (l’affluente del Reno che bagna Strasburgo), da quelle parti aumentano vertiginosamente i prezzi di tutto; alberghi, ristoranti, negozi e ogni altra attività commerciale fanno in modo di tesaurizzare al massimo tale presenza, approfittandone alla grande e costringendo molti europarlamentari o visitatori ad alloggiare nella vicina Baden-Baden (meno di cinquanta chilometri) o in altri gradevolissimi paesini tedeschi poco distanti.
I cosiddetti “tempi europei” non sono poi tanto una leggenda. Ancorché gli interventi in seduta plenaria possono essere fissati finanche per le undici di sera, agli europarlamentari è richiesta pragmaticità estrema e, soprattutto, stile e rigore. Le classiche “sceneggiate” a cui spesso assistiamo nel Parlamento italiano (che so, cartelli alzati, bavagli, cori da stadio o altre menate che dalle nostre parti fanno notizia), nelle rare volte in cui sono state poste in essere da qualche europarlamentare, sono state sistematicamente e storicamente bollate come rappresentazioni di inadeguatezza al ruolo da parte dei loro autori. Quanto alle commissioni, la loro attività e le conseguenti determinazioni possono essere realmente preziose sia per i governi dei Paesi membri (che possono recepirle come fonte legislativa sovraordinata), sia per quei Paesi che, in qualche modo, hanno interesse a relazionarsi per vari motivi con quelli europei.
E anche da quest’ultima correlazione, nasce la presenza dei lobbisti. Sì, avete capito bene! Il lobbista, nell’ambito europeo, non è inteso come un losco affarista, bensì un vero e proprio mediatore che riesce a creare contatti con il mondo intero, in vari settori. Il lobbista frequenta l’europarlamento con una certa assiduità, ancorché le sue visite sono soggette a limitazioni (per questo motivo, sono tanti i lobbisti assunti in pianta stabile nella segreteria di molti europarlamentari) e riesce con innata abilità a creare contatti interessanti per tutti. Si tratta, in effetti, di persone in grado di prevedere, secondo la loro esperienza, anche le più lontane evoluzioni del mercato in base a quanto scaturisce dalle attività parlamentari, cogliendo così le esigenze di chi, da tali attività, può trarne vantaggi o svantaggi e mettendolo in relazione con le più utili figure di riferimento. Una sorta di “brokers del futuro”, pronti a misurarsi col mondo intero e con le mille sfaccettature di classi imprenditoriali che, come sosteneva J.F. Kennedy, pur non volendo interessarsi di politica, devono poi rendersi conto che è la politica a interessarsi di loro.
Potrei scrivere ancora a lungo di questa mia nuova esperienza, ma concludo dicendo che nonostante la notevole retribuzione percepita, la vita di un europarlamentare non è affatto una passeggiata di salute: la sua famiglia è messa a durissima prova dai suoi continui spostamenti, dalla lunga permanenza lontano da casa e da tutto quanto ne consegue. Pensate: un europarlamentare greco di novant’anni suonati, avendo paura di volare, si sposta ogni settimana da e per il suo paese in autobus. Oneri e onori come in tutte le professioni, per carità, ma è bene ricordarlo per evitare i soliti luoghi comuni.
Magari, un giorno, ne riparleremo. Alla prossima!

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