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venerdì, Aprile 19, 2024

Sebastiano Conte: “Che “perle” nel decreto. Siamo messi proprio male”

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Sebastiano Conte | All’atto della entrata in vigore del D.L. 109/2018 vennero avanzati dubbi di costituzionalità dell’art. 25, primo comma, nella parte in cui stabiliva che le domande di condono pendenti per edifici danneggiati dal sisma, di qualsiasi delle tre leggi di condono edilizio fossero attuazione, andavano esaminate con esclusiva applicazione delle disposizioni di cui ai capi IV e V della L.47/85. E ciò perché tale formulazione, che finisce per omologare le istanze dei due condoni successivi (secondo e terzo) a quelle del primo, superando limiti quantitativi e territoriali imposti dai due successivi, non è stata dettata con la legislazione di appena due anni prima, riguardanti la ricostruzione degli abitati distrutti dal terremoti dell’Italia centrale, determinando così una evidente disparità di trattamento, suscettibile di provocare una dichiarazione di incostituzionalità.

Quelli che avevano patrocinato e perseguito questo obiettivo hanno cercato di minimizzare questo aspetto, tentando di negare che la disposizione così formulata costituisse una modifica della legislazione del terzo condono, sostenendo che il richiamo ai Capi IV e V della L.47/85, era già contenuto nel primo comma della L.724/94 e nel comma 25 del D.L.269/2003. Ciò non è stato idoneo a far venir meno il sospetto, dilagato in tutta Italia, che si volesse modificare la legge statale sul condono ter, per renderlo applicabile anche nelle zone soggette a vincolo paesaggistico, diversamente da quanto vigente in ogni parte d’Italia, anche nel territorio dei Comuni terremotati di altre Regioni.

Molti si aspettavano che, in sede di conversione in legge del D.L.109/2018, venissero introdotte modifiche ed integrazioni idonee a fugare ogni dubbio, allo scopo di rendere più spedita e agevole la attività successiva di chi dovrà occuparsi delle conseguenze del terremoto.

Invece, sono state introdotte modifiche ed integrazioni che hanno finito per peggiorare la situazione, sia sotto il profilo delle necessità di coloro che hanno subito danni, sia sotto il profilo della costituzionalità, ma, questa volta con un risultato a danno degli ischitani. Inoltre, emerge un quadro che suscita non pochi dubbi sulla concreta utilità di tali disposizioni per le necessità della ricostruzione.

L’integrazione inserita al 3° comma dell’art.25, laddove, dopo aver stabilito che il procedimento di concessione del contributo resta sospeso nelle more dell’esame delle istanze di condono ed è subordinato all’accoglimento delle stesse istanze, è stata aggiunta la frase con la quale è stato stabilito che “il contributo comunque non spetta per la parte relativa ad eventuali aumenti di volume oggetto del condono”.

Si tratta di una ghigliottina che taglia la testa e le gambe ad ogni ipotesi di contributo, anche nel caso di accoglimento delle istanze di condono, anche quelle presentate ai sensi della L.47/85, salvo che si tratti di una istanza di condono per una finestra.

Orbene, con questa norma si configura, in primo luogo, una ipotesi di incostituzionalità diametralmente opposta a quella derivante dal primo comma, atteso che in questo caso essa opera a danno degli ischitani, mentre per il terremoto del centro Italia una limitazione del genere non risulta stabilita.

Il risultato di tutto questo maneggio è che mentre per i danneggiati dal terremoto dell’Italia centrale sarà possibile ottenere il condono solo in base ai primi due condoni e per limitati casi del terzo, con la garanzia del conseguimento del contributo in tutti i casi di accoglimento della istanza di condono, per l’isola d’Ischia il contributo per la ricostruzione lo potranno ottenere soltanto quelli che sono proprietari di immobili fin dall’origine completamente legittimi o che sono stati oggetto di abusi minori (manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, ristrutturazione, aggiunta di finestre, balconi, muretti, ecc.), mentre tutti quelli che sono proprietari di immobili che sono stati oggetto di abusi che hanno determinato volumi totalmente nuovi o incremento di quelli preesistenti, non potranno avere un centesimo per tali volumi abusivamente eseguiti, anche se avranno la sanatoria. E ciò indipendentemente da quale condono (primo, secondo o terzo) abbiano fatto.

In altre parole, con questa modifica si ha il risultato che per consentire ad alcuni che hanno solo il terzo condono di vederselo accolto, in contrasto con quanto disposto dal comma 27, lett. d), del D.L.269/2003, hanno condannato tutti quelli che avevano pratiche di primo e secondo condono già accoglibili a perdere la possibilità di ottenere il contributo della ricostruzione. E ciò in contrasto con quanto stabilito per gli altri terremoti. Ma la fregatura per coloro che avevano pendente uno dei primi due condoni facilmente accoglibile non si ferma a questo.

Ora si immagini il caso di uno che aveva un edificio costruito abusivamente negli anni sessanta o settanta, per il quale aveva presentato istanza di condono nel 1985, facilmente accoglibile, e che tale edificio sia andato distrutto, parzialmente o interamente, per la cui ricostruzione in condizione di sicurezza sia necessaria la totale sostituzione edilizia. Costui si troverà di fronte alla necessità di integrare la istanza di condono edilizio (ove non lo abbia già fatto) pagando le competenze tecniche del progettista, di pagare migliaia di euro per il contributo di costruzione e l’indennità paesaggistica per ottenere il pezzo di carta del condono, ma senza poter avere alcun contributo per la ricostruzione. Se, poi, dagli studi geognostici in corso di definizione emergerà che la ricostruzione nello stesso sito non può essere ammessa per il rischio sismico, ed essa verrà interdetta per ogni nuova edificazione, al proprietario resterà soltanto un pezzo di carta in mano (il condono rilasciato), ottenuto a caro prezzo, senza aver nessun contributo da utilizzare né per costruirlo altrove (ma dove??) né comprarsene, eventualmente, un altro. Il che configura un trattamento diametralmente opposto a quello praticato per gli altri terremoti verificatisi negli ultimi anni in altre parti d’Italia.

E disposizioni così congegnate non risulterebbero affette da vizi di incostituzionalità? Ma le modifiche introdotte al D.L.109/2018 contengono altre perle indizio della sapienza giuridica degli attuali legislatori.

In primo luogo, va richiamata l’attenzione del comma 1-bis, laddove si stabilisce che per le istanze del terzo condono le procedure di cui al comma 1 sono definite previo rilascio del parere favorevole da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico. Evidentemente chi ha scritto questo comma ha scarsa conoscenza della legislazione che è richiamata nel primo comma. Infatti, nel primo comma veniva stabilito, fin dall’origine, che le istanze di tutti e tre i condoni andavano esaminate applicando esclusivamente le disposizioni di cui ai Capi IV e V della L.47/85.

Se avessero avuto conoscenza di cosa sia stabilito nei Capi IV e V della L.47/85, mai avrebbero avuto necessità di scrivere la prima frase del 2° comma, tenuto conto del fatto che nel Capo IV della L.47/85 vi è l’art.32 che stabilì, fin dal 1985, che per tutte le domande di condono edilizio relative ad opere abusive eseguite su aree sottoposte a vincolo (qualsiasi tipo di vincolo, compreso quello paesistico), il rilascio del titolo a sanatoria è sempre subordinato al conseguimento del parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela di ciascun vincolo. Ne deriva la inutilità di questo comma, anche perché, come già fatto notare prima il richiamo al capo IV della L.47/85 era già contenuto all’inizio del comma 25 del D.L.269/2003.

Tanto che, nelle trasmissioni televisive che si sono susseguite nelle settimane scorse, qualche amministratore locale, per negare l’evidenza che la disposizione del primo comma, con il richiamo alla esclusiva applicazione delle disposizioni ai Capi IV e V della L.47/85, configurasse una nuova fattispecie di condono finalizzata a far passare le istanze del terzo condono non ammissibili nelle zone soggette a vincolo, in assenza di conformità urbanistica, si era peritato di affermare che si dava troppa importanza a quella frase, visto che il richiamo ai Capi IV e V della L.47/85 c’era già nelle leggi 724/94 e 269/2003.

Ma la perla più vistosa è quella della frase aggiunta al secondo comma, quello che stabilisce che l’istruttoria delle pratiche di condono relative ad edifici danneggiati debba avvenire entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. A tale frase ne è stata aggiunta un’altra così formulata “Entro lo stesso termine, le autorità competenti provvedono al rilascio del parere di cui all’articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n.269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n.326.”

Orbene, se intendevano riferirsi ai pareri sui vincoli, l’articolo 32 a cui riferirsi era quello della L.47/85, che già fa parte del richiamo ai Capi IV e V della L.47/85 contenuto nel primo comma. Ne deriva che in tal modo è stato operato un richiamo ai pareri previsti dall’intero terzo condono, visto che tutta la disciplina del terzo condono è contenuta nell’art.32 del D.L.269/2003, conv. in L.326/2003, suddiviso a sua volta in 50 commi. Altrimenti bisogna concludere che siamo messi proprio male se questo è il livello di conoscenza delle leggi di chi è deputato a farle.

E se il richiamo è all’intero art.32 del D.L.269/2003, allora rientra in gioco quanto disposto dal comma 27, lett. d), che esclude la condonabilità nelle zone soggette a vincolo per gli abusi relativi ad immobili in contrasto con lo strumento urbanistico vigente.

Con questo scenario non si comprende di che cosa si possano ritenere soddisfatti quelli che oggi lo fanno, se non di poter sperare di conseguire o far conseguire la sola sanatoria degli abusi del terzo condono, prima non accoglibili, eventualmente a fronte di danni di cui non si erano accorti finora e dovessero accorgersi successivamente proprio a tal fine, con esclusione di ogni aiuto economico a coloro che sono stati effettivamente danneggiati dal terremoto del 21 agosto del 2017, ed avevano le condizioni per vedersi accolte, con un buon margine di sicurezza, le domande di sanatoria per gli abusi rientranti nei primi due condoni.

1 COMMENT

  1. Ciò che comprendo da questo interessantissimo articolo è che, con questo decreto, si è voluto fermare la “macchina degli abbattimenti” per tre comuni sulla pelle dei cittadini terremotati. Non ho parole…

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