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giovedì, Aprile 25, 2024

“Scoppole” per Lagnese. D’Amodio lo richiama all’ordine

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Alla situazione decisamente ingarbugliata derivante da quello che sembra l’imminente “valzer delle parrocchie” e di cui vi abbiamo già narrato pochi giorni fa, si aggiunge anche lo scenario profilatosi nel corso dell’inaugurazione della Chiesa di Sant’Antonio alla Mandra.

Una storia che ha dir poco imbarazzato il vescovo della Diocesi di Ischia. I lettori ricorderanno il gesto estremo a cui fu costretto Padre Mario Lauro (futuro parroco dello Spirito Santo ad Ischia Ponte?) che, vistosi messo spalle al muro per 20mila euro, dovette scrivere una lettera aperta dalla comunità cattolica (sensibile a indulgenze e versamenti in danaro in vista del post mortem).

«Posso soltanto dirVi che senza eseguire ulteriori opere di risanamento dei danni già provocati dall’umidità incombente ed evitare, attraverso interventi specifici, che tale fenomeno si ripeta in futuro, i nostri Fedeli dovranno continuare ad accontentarsi della piccola stanza – per quanto accogliente, ma insufficiente – che stiamo utilizzando a mo’ di Chiesa nella parte retrostante del Convento. E per fare ciò, si rendono necessari all’incirca ulteriori 20.000 euro» Era questo il senso estremo dell’appello di Mario Lauro rivolto alla comunità isolana. Allora sembrò strano che questo appello arrivava da un esponente della macchina mangiasoldi per eccellenza, la chiesa cattolica. Un controsenso che, domenica sera, però, ha fatto cadere tutti i suoi veli. E, a ripristinare un po’ di equilibrio o per dirla con altri termini, a togliere i “paccheri” dalla faccia di Mario Lauro ci ha pensato il padre Provinciale dei Frati Minori, Padre Carlo D’Amodio.

Quella di domenica, come vi abbiamo raccontato ieri, è stata una cerimonia che aveva molte aspettative. C’erano quelle dei fedeli, quelle dei cattivi custodi del territorio che hanno pavoneggiato in modo inappropriato in prima fila, quelle di qualche costruttore attento agli appalti della curia e quelli della stessa confraternita dei Frati Minori. Attese tutte legittime, per carità, ma che, come detto, sono culminate in un vero e proprio regolamento di conti.

Per raccontarvi un po’ la cronaca, i ringraziamenti finali di Padre Mario Lauro (accolto da un applauso scrosciante e prolungato!) sono stati preceduti dall’intervento del Padre Provinciale dei Frati Minori, Padre Carlo D’Amodio, il quale ha dapprima tessuto le lodi del frate ischitano e della tenacia con cui ha fortemente voluto ed ottenuto la riapertura della chiesa, per poi ispirarsi al Vangelo di pochi giorni prima per lanciare un appello al Vescovo, quale maggior rappresentante del Clero ischitano.

Dopo un invito a fare “anche lei un voto d’obbedienza a San Giovan Giuseppe della Croce” (sembra strano che il Vescovo lo abbia ancora fatto, considerato che “u Zellus” è il patrono della Diocesi) Padre Carlo ha poi abbandonando il tono un po’ scherzoso ampiamente chiarito in precedenza, lanciando all’ex parroco di Vitulazio un appello all’unità e alla collaborazione tra frati e sacerdoti ischitani, abbandonando forme di “chiusura” che non servono a nessuno e men che meno alla Chiesa. Un colpo di scena che non ci ha colto di sorpresa ma che abbiamo conservato per non rovinare i toni della festa e per non inficiare la splendida atmosfera festosa e l’entusiasmo per un evento atteso ben tre anni e mezzo.

Il Vescovo ha ascoltato con estrema attenzione questo “passaggio” del Provinciale francescano, pur non riuscendo a nascondere lo stupore di un messaggio forte e chiaro, probabilmente colto da una fetta di pubblico dei più attenti presenti alla cerimonia e non dalla totalità dei fedeli, ma di certo arrivata con la giusta dirompenza ai vari addetti ai lavori.

“Da solo non ce la potrò mai fare – scriveva senza accennare alla polemica Mario Lauro lo scorso gennaio -, sebbene senta forte la voce del Signore che mi esorta a tenere duro e continuare quest’ardua impresa. Un mio amico imprenditore di Napoli mi ha già donato tutto il materiale che occorre per i vari interventi (calce, sabbia, pittura, etc.), Chiedo a tutta l’Isola (perché quella Chiesa è un patrimonio storico-religioso di tutta Ischia cattolica), di aiutarmi e starmi vicino in questo momento di difficoltà”.

Un appello a “non lasciare solo” il frate di Ischia Ponte che, col senno di poi e all’indomani dell’appello di Padre Carlo D’Amodio all’unità e alla ricerca di una collaborazione tra frati e sacerdoti ischitani, riecheggia come un vero e proprio schiaffo in pieno volto al Vescovo Lagnese.

Chissà, se San Giovan Giuseppe della Croce avesse trovato la benedizione del movimento di Chiara Lubich quanti soldi sarebbero arrivati dalla Diocesi. Cosi come siamo certi che nessun prete focolarino si troverebbe mai nelle condizioni di dover scrivere, come fece Mario, “Imprenditori, albergatori, responsabili di associazioni, ma anche semplici Cittadini, ciascuno secondo le proprie possibilità e con la generosa disponibilità già dimostratami in altre circostanze, possono contribuire a questa causa comune, consentendoci di riaprire la Chiesa di Sant’Antonio entro la metà di marzo”.

E i problemi di oggi, sono proprio quelli di ieri. E’ sembre il testo di Mario Lauro che torna di attualità come non mai.

“Io, finito il mio mandato, sarò probabilmente in altre Comunità in terraferma e certo non porterò via nulla con me, se non il grande ricordo di una Comunità che si è rimboccata le maniche e ha condiviso con i Frati un percorso difficile, ma terminato con un risultato meritorio e memorabile per tutti”. Quanto mai attuale, non trovate?

“finito il mio mandato”, “condiviso con i Frati un percorso difficile” cosa serve oltre per comprendere che il messaggio che è arrivato, forte e chiaro, da D’Amodio sia quel regolamento di conti che i frati invocavano. Un modo pubblico di chiarire i pesi e gli accordi e, magari, sottoscrivere con le prossime nomine la pace fatta.

E torniamo alla roulette dei parroci perché, mai come in questo caso, ci troviamo in piena zona calda.

Come vi abbiamo scritto nei giorni scorsi, Mario Lauro sarà il successore di Carlo Candido e, di più, ai frati minori (ordine a cui apparteneva anche Carlo Gaetano Calosirto) sarà affidato il “Culto di San Giovan Giuseppe che si venera della chiesa dello Spirito Santo”. Chi scrive, lo ammette, dove difficile comprendere tutto questo e potrebbe commettere qualche errore nella formulazione dei concetti relativi alle varie regole interne alla chiesa cattolica, ma i lettori de Il Dispari, che sono bravi, hanno capito il concetto.

E questo avverrà, stando a quando ci ha confermato il Corvo di Via Seminario, contemporaneamente con la nomina a Parroco di Padre Mario Lauro. Un frate, che è già stato parroco in passato e che il prossimo 5 aprile festeggerà il suo 25° anniversario di vita sacerdotale.

Un momento difficilissimo, questo che vive la Diocesi di Ischia, sempre più in preda a una serie di potentati particolarmente esigenti e di fatto governata dalla corrente focolarina, a cui lo stesso Lagnese è notoriamente vicino sin dai tempi di Vitulazio che si arricchisce di una pagina tutta ancora da scoprire.

E, come per altre vicende, anche in questa c’è lo zampino di don Emmanuel Monte, il volto del nuovo corso della Diocesi. Il segretario del Vescovo, infatti, ha costretto il dottor Tramontano a dimettersi lo scorso febbraio dalla Diocesi di Ischia.

Perché? Cosa è successo tra il parroco di Fiaiano e il segretario storico di Filippo Strofaldi? Il Corvo ci ha raccontato di almeno due episodi che hanno costretto il dottor Tramontano a lasciare la Diocesi. La prima è dovuta alla gestione dei fornitori. Si mormora in curia che il “nuovo corso” abbia designato nuovi fornitori e nuove procedura di acquisto (se sei parente, sei favorito), ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la gestione dell’agenda di Lagnese. Tramontano ne gestiva una, il parroco di Fiaiano una diversa e, arrivati allo scontro, si sono rotte le famose “giarretelle”. Una parola tira l’altra e un offesa tira l’altra che si decide di non andare oltre. Tramontano torna alla sua “Napoli”, con dignità e serietà l’altro,  invece, resta con i conigli. Sì, perché in Diocesi ci vuole gente che sia come i “conigli”.  O almeno questo è il senso che è stato diffuso.

 

[foto gg lubrano]

1 COMMENT

  1. Non solo il cavalier Tramiontano e’ tornato a Napoli, ma il nuovo corso focolarino, benedetto per propri interessi dal vicario generale della diocesi Agostino Iovene, ha fatto fuori tanto storici collaboratori, preti e laici, del vescovo Strofaldi. Questo per dire che se i focolarini in salsa ischitana hanno colpe il vicario generale non è esente. Delle due l’una: o è complice di costoro o è’ incapace. Terttium non datur.

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