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mercoledì, Aprile 24, 2024

Ricostruzione. Silvano Arcamone: “Noi architettti abbiamo tradito la bellezza”

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Più di un anno fa una parte dell’isola d’Ischia viene scossa da un intenso moto sussultorio, dall’alto verso il basso, dal basso verso l’alto, intenso, brevissimo e devastante. È il terremoto. Disperazione, per quasi duemila persone significa sradicarsi dalla propria terra, spezzare i legami con il proprio vissuto, lasciare le proprie sicurezze e andare incontro all’imprevisto, con la sfiducia di chi sa che in questi casi i tempi per riconquistare la normalità sono lunghi, e non si sa quanto lunghi. Passa un anno con lo Stato che resta assente, immobile, con le mani conserte e le spalle voltate. Si limita a nominare un Commissario per l’emergenza, ma si tiene lontano dal tema caldo della ricostruzione, nessun decreto, nessun Commissario in tal senso.

Il mondo dell’associazionismo si muove, nascono comitati, si cerca in qualche modo di reagire, di far sentire la propria voce e di portare il proprio spontaneo contributo ad una popolazione disperata, soprattutto per l’assenza di risposte. I Comuni fanno quel che possono, nel mentre la Scuola da il peggio di se con i doppi turni inflitti ai soli bambini “terremotati”. Le persone vengono ospitate da parenti, dislocati in pensioni, fittano case, in qualche modo si “arrangiano”, come troppo spesso accade da queste parti. Nel mentre le passerelle dei politici di turno nel cratere del sisma diventano un rito ozioso e inconcludente che genera solo rabbia in chi aspetta fatti concreti a fronte di parole di circostanza.

Questa estate qualcosa inizia a muoversi, viene nominato un Commissario per la ricostruzione e solo qualche giorno fa viene approvato il Decreto Genova, all’interno del quale vi sono le norme che dovrebbero disciplinare la ricostruzione delle zone distrutte dal terremoto, ma quel testo, senza alcun ulteriore contributo, non servirà in alcun modo alla popolazione colpita dal terremoto, forse servirà ad altri, ma non a loro. Un papocchio utile solo a generare cause e a condonare macerie che nessuno avrà la forza economica di ricostruire, atteso che sono esclusi contributi economici per gli edifici condonati.

In questo clima un gruppo di architetti dell’isola d’Ischia appartenenti all’associazione PIDA, nell’ambito del Premio d’Architettura PIDA, si sono proposti di sviluppare delle ipotesi di rigenerazione urbana e ambientale della zona colpita dal terremoto. Iniziativa a cui do il mio contributo con l’entusiasmo e la speranza di stimolare attraverso gli strumenti dell’architettura qualche soluzione che trasformi una tragedia in un’opportunità. A settembre si mette su un workshop coordinato da Professori delle Facoltà di Architettura di Roma, Napoli e Palermo, nonché dall’architetto giapponese Atsushi Kitagawara, un luminare della ricostruzione post sisma. Nel periodo del workshop vengono organizzati incontri, dibattiti, conferenze sul tema della ricostruzione post sisma, con la presenza di istituzioni, cittadini ed esperti. La partecipazione della cittadinanza e delle istituzioni c’è, ma è tiepida, mossa più dalla curiosità di vedere cosa si stanno immaginando questi architetti, che dall’interesse di conoscere il futuro di quella zona. I giovani progettisti partecipanti al workshop presentano tre ipotesi di recupero urbano, architettonico, sociale, economico ed ambientale della zona del Maio – La Rita. Le ipotesi progettuali partono dall’identità dei luoghi e prefigurano una qualità urbana decisamente migliore di quella preesistente in zona. Protopia. I rendering e gli schizzi progettuali ci consentono di rivedere quella zona, dove ancora oggi giacciono rovine e macerie lungo le strade, finalmente ricostruita con gli elementi tipologici di sempre (case unifamiliari o al massimo bifamiliari, orti, chiesa, terme, verde urbano, strutture commerciali e turistiche etc), ma con più bellezza, più sicurezza e più funzionalità.

In questo processo di ricostruzione che porta con se una rigenerazione urbana, sociale, economica e ambientale dell’area gli architetti ci credono, tutti gli altri no. Per noi architetti questa è la soluzione, questo è il futuro prossimo. Per gli altri (cittadini, stampa e classe politica) questi sono sogni ad occhi aperti, poesia, utopia! Perché questa diversa percezione delle cose? Perché l’architettura in scala urbana viene percepita dai più come qualcosa di utopico? Perché l’architetto viene visto come un estroso sognatore, ma tutto sommato inutile alla causa di ricostruzione post sisma? Ciò accade soprattutto nel sud, dalle nostre parti. Perché ci viene chiesto di far sognare, magari ricostruendo il Maio a mare (?!?!?!), si così come Renzo Piano ha costruito l’aeroporto in Giappone (sic!)? Perché un vicesindaco fa i complimenti al Premio di Architettura PIDA come se fosse un qualsiasi festival del jazz o della letteratura e non un’iniziativa che propone ogni volta concretamente soluzioni per migliorare la qualità urbana e architettonica dell’isola d’Ischia? Perché gli esiti delle attività del PIDA finiscono in fondo ai giornali, nelle pagine culturali, nonostante abbiano risvolti così concreti sulla ricostruzione di un territorio ancora oggi in ginocchio?

Le riposte a queste domande ci sono, affondano le loro radici in un sistema (politico e normativo) che ha messo fuori gioco l’importanza e la qualità del progetto urbano e architettonico, le cui conseguenze sono, ahimè, sotto gli occhi di tutti. Il comma, il cavillo, la sentenza, la percentuale, i centimetri hanno prevalso sullo spazio, sulla composizione, sull’identità dei luoghi, sui ritmi geometrici, sui materiali e sui colori. La rigidità della norma e dei numeri ormai schiacciano inesorabilmente ogni slancio progettuale, ma soprattutto umiliano le reali esigenze dell’uomo. Ciò non accade in Spagna, in Francia, in Germania, in Inghilterra, negli Stati Uniti. In questi paesi la norma, i cavilli, i centimetri sono a servizio della qualità progettuale e soprattutto sono al servizi dell’uomo e delle sue esigenze abitative, produttive e ricreative. Le responsabilità di tutto ciò sono diffuse, ma io credo che la principale sia di noi architetti.

Come architetti abbiamo abdicato alla nostra missione, che è quella d’immaginare e creare luoghi più belli e funzionali per la collettività. Non abbiamo combattuto abbastanza per difendere il nostro territorio di competenza al fine di affermare la nostra importanza nel generare qualità urbana e architettonica. Tra condoni, scia, cila, dia e compagnia bella abbiamo smarrito la nostra identità trasformandoci in un essere ibrido a metà tra un avvocato e un geometra. Abbiamo tradito la bellezza ripiegando la propria competenza a servizio di formalismi amministrativi che la normativa di settore impone in maniera ipertrofica. Abbiamo rinunciato a disegnare il territorio, accontentandoci di instradarci sulle strade sempre più tortuose e inconcludenti che gli avvocati tracciano.

Dovremmo reagire a tutto ciò. Se vogliamo avere un territorio che offra qualità, sostenibilità, sicurezza e bellezza, l’architetto deve tornare ad essere protagonista, non possiamo accontentarci dello svilente ruolo di esecutori redigendo le varie scia, dia, cila e chi più ne ha più ne metta. La situazione è talmente critica che richiede un processo complesso e articolato che dovrebbe coinvolgere università, ordini professionali ed enti pubblici. Ma la crisi e la complessità non possono spaventarci, per dirla con Bruno Zevi “la sfida sta nel trovare nella crisi un valore“, e noi abbiamo tanto valore da generare per ridare ai nostri territori l’identità, la funzionalità e la bellezza che li hanno da sempre caratterizzati.

7 COMMENTS

  1. Carissimo ARCAMONE

    Ma come ti permetti di dire che la “Scuola da il peggio di se”
    In qualitá di Responsabile Ambito 15 ti informo,visto che grazie alla politica,non sei più nel Comune di Ischia in qualitá di Dirigente ,che i doppi turni li abbiamo fatti tutti terremotati e Non.
    Noi Dirigenti con i ragazzi ,i docenti e i genitori abbiamo trascorso un anno impossibile .
    Informati prima di parlare, poi cosa certa se le Scuole crollano,se sono in locali insicuri e in fitto la colpa é della politica. Isolana e forse anche di architetti e ingegnieri Dirigenti negli anni nei 6 comuni di Ischia.
    Grazie se ci chiederai scusa.
    Lo meritiamo

  2. In ogni caso penso che tu sia un bravo architetto ma come io difendo la mia categoria ….non tutti siamo uguali …so che molti ti rimpiangono.
    Ma le Scuole sono in affanno e non meritano commenti così duri e benedizioni ai Comuni

    • Gentilissima Chiara
      ammetto di essere stato tranciante nel passaggio sulle scuole e che un episodio marginale, che evidentemente ha colpito fortemente la mia sensibilità, ha di fatto offuscato il prezioso contributo che complessivamente hanno dato tutte le scuole ischitane all’emergenza terremoto, tra l’altro in condizioni di enorme difficoltà. Quindi, se qualcuno si è sentito offeso dal mio passaggio, che si riferiva a un fatto circostanziato, non ho difficoltà a porgergli le mie scuse. Anche perché sono il primo ad essere riconoscente a quel mondo della scuola che con competenza e passione ha aiutato la popolazione, e soprattutto i bambini, ad affrontare momenti così difficili.

      Ti saluto con affetto e stima
      silvano arcamone

  3. “Nel mentre la Scuola da il peggio di se con i doppi turni ai bambini”Mi rifiuto di credere che una cosa del genere sia possibile solo pensarla,e ancor scriverla.Io Ds del Mattei Le ricordo che tutta la scuola isolana ha garantito l’apertura dell’anno scolastico in evidenti e acclarate difficoltà.Le rammento che abbiamo lottato tutti, “in prima linea noi DS”, nelle riunioni a volte accese con esponenti politici locali,campani,e nazionali per far comprendere la severità del momento,assumendoci sulle nostre spalle responsabilità non dovute supplendo in larga parte all’inerzia e al rimbalzo delle responsabilità politiche.Visto che Lei a quanto leggo è o è stato dirigente presso enti locali,mi perdoni l’ignoranza,dove era e che ha fatto per poter dare un giudizio del genere? Pare non averla mai incontrata in qualche riunione operativa.Posso lasciar correre un commento del genere fatto da un non addetto ai lavori,ma da un esponente intriso di politica NO!!!! E poi una frase del genere è una chiara offesa a tutto il lavoro e sacrifici fatti dalle famiglie e dal personale scolastico tutto.Cordialità Dirigente Scolastico prof.Antonio Siciliano

    • Gentile Prof. Siciliano
      Per esprimere la propria libera opinione non c’è bisogno di partecipare a riunioni operative, magari avessi avuto la possibilità di esserci a quelle riunioni.
      Il mio passaggio sulla scuola l’ho chiarito nel commento sopra e non credo che sia utile ritornarci, attesa l’esaustività dello stesso. Lei però non può pretendere che io taccia e non stigmatizzi chi ha costretto ai soli bambini di Casamicciola Terme il sacrificio dei doppi turni, anche se per un periodo limitato di tempo. Io ho partecipato ad un incontro pubblico presso la Sala Convegni dell’Hotel Re Ferdinando di Ischia al quale era presente la Dirigente Scolastica che difendeva penosamente questo provvedimento, sotto le disapprovazioni dei presenti e il biasimo del Prof. Paolo Crepet. Lei forse non c’era, io si! La mia critica è fondata su fatti ed episodi concreti. E qualche volta mi può capitare che quando sento una persona difendere l’indifendibile, ma soprattutto avallare o promuovere provvedimenti lesivi per i bambini, da uomo libero, avverto la necessità di evidenziarne l’ingiustizia. Forse sarò stato generico e di questo me ne rammarico, ma questo aspetto, come detto, l’ho già chiarito nella risposta a Chiara Conti.
      Caro professore, dobbiamo avere il coraggio di accettare anche le critiche alla nostra categoria e non essere faziosi, altrimenti mi appare come un “esponente intriso di politica” ……
      Cordialità

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