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sabato, Aprile 20, 2024

Resistenza e Libertà

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Anna Fermo | 25 aprile: per troppi solo un giorno di festa segnato in rosso sul calendario, un giorno di festa dal lavoro o dalla scuola, e per troppo pochi una ricorrenza seria.
Resistenza e Liberazione: questi i fatti storici del 25 Aprile. Libertà: questo il significato autentico che avvalora quel giorno.
Come ogni anno, anche quest’anno abbiamo assistito alla celebrazione della Liberazione della nostra Italia dai vent’anni di dittatura Fascista e dall’occupazione Nazi-Fascista. Anche quest’anno abbiamo in parte celebrato, se non fosse altro davanti alla Tv, la fine di una guerra ove il ruolo della Resistenza, a torto o a ragione, fu determinante per l’avvio di una nuova fase di governo che portò alla nascita della nostra Repubblica con l’entrata in vigore della nostra Costituzione.
Ebbene, a distanza di oltre 70 anni possiamo confermare che le celebrazioni istituzionali del 25 aprile, restano in piedi, ma, purtroppo, ancora accompagnate da strumentalizzazioni politiche che non servono più davvero a nessuno, tanto meno alle nuove generazioni. Strumentalizzazioni che appannano verità storiche oggettive e soggettive e che dunque lasciano troppo poco spazio alla vera memoria che dovrebbero destare.
Indagare sul fenomeno della Resistenza nel suo aspetto storico e politico, così come valutarne l’aspetto celebrativo ad oltre mezzo secolo di distanza è certamente interessante, ma mai che si speculi su fatti storici per acuire scontri politici attuali. Ogni riferimento alla Lega di Salvini non è affatto casuale!
La realtà politica del Paese ha un primario compito rispetto alla nostra storia: salvaguardarla dalla rilettura distorta e fuorviante specie rispetto ai tempi che corrono e tutelarne l’oggettività e l’universalità degli insegnamenti, monito per le nuove generazioni, senza distinzione di appartenenza politica. Non sono questi più i tempi delle rivendicazioni partitiche post-belliche. Oggi sarebbe piuttosto il tempo della riflessione su di una pacificazione seria, specie alla luce di quanto avviene a livello internazionale non lasciandoci affatto esclusi dal dibattito né come movimenti politici tanto meno come cittadini, uniti su di un unico fronte.
Purtroppo, l’“uso pubblico della storia” viene ancora troppo spesso abusato dalla politica di bassa lega e quando non si hanno argomentazioni serie su fatti attuali da trattare per il bene del paese e dei suoi cittadini, ecco il ricorso alle riletture attualizzate di fatti storici che dovrebbero servire a destare cosa politicamente parlando? Memorie o nuovi credi? Consensi o imbarazzi? Ogni celebrazione assurge a campo di battaglia con inutili richiami a scese in campo populistiche.
Lo sappiamo fin troppo bene, a seconda dei punti di osservazione, l’esperienza della storia ed in questo caso della guerra, ha prodotto una molteplicità di “memorie divise” nel nostro paese, memorie spesso apparentemente inconciliabili ed antagoniste tra di loro. I ricordi di coloro che hanno partecipato ad esempio a quella tragica esperienza hanno contribuito a ricostruire la natura di quella vicenda in differenti modalità per oltre 70 anni, a seconda del punto di vista e del ruolo che ogni individuo ricopriva in quell’ambito, complice il ridestarsi o meno di parti politiche a discapito di altre, di governi di un colore piuttosto che di un altro. Tutti dimentichi del grande passo compiuto all’indomani della guerra proprio da tutte le componenti politiche, ideologicamente distinte, ma unite per fare dell’Italia un paese libero e democratico.
Ma gli italiani sono un grande popolo, proprio perché, questa “memoria che si voleva a tutti i costi frantumata”, ove meriterebbero posto solo i ricordi e le interpretazioni degli ex combattenti delle guerre fasciste (reduci d’Africa, di Albania, di Grecia, di Russia, della Jugoslavia), dei partigiani di diversa estrazione sociale e di diversa affiliazione politica (comunisti, socialisti, cattolici, azionisti, liberali, monarchici, militari), dei fascisti di Salò, degli internati militari in Germania, delle vittime della deportazione politica e razziale nei campi di concentramento, delle famiglie e comunità colpite dalle efferate stragi nazi-fasciste, delle vittime dei bombardamenti e degli stupri alleati, delle vittime della efferatezze delle squadriglie fasciste, dei prigionieri di guerra in mano alleata, degli italiani vittime delle foibe e dell’esodo dai territori dell’Istria e della Dalmazia, questa memoria che, ripeto, non può e non deve lasciare spazio ai banali conflitti politici di oggi, si è rivelata comunque straordinaria memoria collettiva.
Le speculazioni politiche di oggi, come sempre, sono solo l’ennesima mancanza di rispetto di una politica non politica nei confronti proprio della nostra memoria collettiva che comunque esiste e resiste oltre le pluralità e le frammentazioni, una memoria collettiva che in tutti questi anni è stata in grado di attivare nel nostro paese, tra noi cittadini, processi di identificazione profondi che non possono essere offesi e che la politica tutta dovrebbe invece impegnarsi a tutelare.
Storici e politologi ci ricordano che una democrazia funziona non solo se dimostra efficienza istituzionale e amministrativa ma anche se conta su una forte identificazione da parte dei suoi cittadini, una identificazione che si basa sul riconoscimento di una storia comune: “una democrazia vitale mantiene viva la memoria della propria origine, non importa quanto dolorosa e controversa sia tale memoria, purché alla fine tramite essa si generi tra i cittadini un sentimento di reciproca appartenenza”. In questo processo di identificazione il 25 aprile insieme alla nascita della Repubblica, all’entrata in vigore della nostra carta Costituzionale, occupano certamente il posto d’onore, rappresentando, la loro memoria e dunque celebrazione, rispettivamente, il valore fondante della nostra Democrazia ed il momento opportuno per riflessioni da condividere senza speculazioni.
La nostra storia è il racconto di ciò che siamo e merita di essere trasferito alla nuove generazioni senza inganni od interpretazioni di sorta.
La politica si faccia seria. Impari a far tesoro del passato per profondere nuovi valori e tutele istituzionali e se proprio non sa fare a meno di speculazioni, lo faccia liberamente sui propri limiti ed incapacità.

1 COMMENT

  1. è nella messa a sintesi dell’agire individuale e politico per un progetto di libertà la grandezza culturale che ci viene dalla Resistenza la cui lettura, se ha come orizzonte detto fine ed un comune sentire, certamente non può che essere di insegnamento per ogni tempo

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