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giovedì, Aprile 25, 2024

Piazza degli Eroi, lo “sfizio” di Enzo ci costa 80mila euro

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Gaetano Di Meglio | Il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, ha alzato, ipoteticamente, la mano di Donato Di Palo contro Enzo Ferrandino e si è definitivamente pronunciato sugli appelli presentati nel merito della sentenza del TAR che aveva riconosciuto il danno alla ditta di Donato Di Palo, il Consorzio Consorzio Stabile Egeco S.C.A.R.L. Nella sentenza dove il lavoro degli avvocati del Comune di Ischia viene smantellato in più punti e dove la stessa sentenza del TAR viene corretta emerge come e quanto il comune di Ischia sia colpevole. Una colpa grave che il Consiglio di Stato ripete più volte e che inchioda la macchina amministrativa dell’ente di Via Iasolino ad una seria riflessione. Il Consiglio sbatte in faccia agli amministratori le loro responsabilità e li pone in una posizione, almeno, di serio imbarazzo. E, alla luce di quanto si legge, crediamo che sia necessario iniziare a ragionare sulla possibilità di agire contro chi ha procurato il danno al bilancio del comune di Ischia. 80 mila euro che hanno responsabili con nome e cognome. Quello politico è Enzo Ferrandino. Quello tecnico è scritto negli atti.

LA VICENDA IN BREVE
Dopo un lungo periodo, Enzo Ferrandino, scopre che il computo metrico dei lavori di Piazza degli Eroi contenevano un errore e, non considerando la natura dell’appalto, l’allora vice sindaco iniziò un braccio di ferro contro l’ex sindaco Giosi che portò all’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria dell’appalto vinto da Di Palo che, a base d’asta raggiungeva la cifra di 1.646.519,66, poi ribassato del 18%.
Non ripercorriamo gli apparentamenti tra politici e ditte: ad oggi c’è uno che festeggia e brinda ed è Donato Di Palo che si troverà con poco meno di 80mila euro in più sui conti correnti.

LA SENTENZA
Con gli appelli in esame, principale ed incidentale, viene impugnata la sentenza del 14 settembre 2016 n. 4300, con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Campania- Napoli, sez. I, ha accolto parzialmente il ricorso proposto dal Consorzio Stabile Egeco S.C.A.R.L. per l’annullamento della nota prot. 6356 dell’8 marzo 2016. Con questa il Comune di Ischia aveva comunicato alla ricorrente la revoca della procedura di gara POR Campania FESR n. 148/2013 e 378/2013, intervento denominato “lavori di riqualificazione urbana di piazza degli Eroi ed aree limitrofe”.
La sentenza impugnata ha ritenuto legittimi il ritiro del procedimento di gara, all’esito del quale la parte ricorrente era divenuta aggiudicataria provvisoria, e la revoca di questa aggiudicazione, per entrambe le ragioni di interesse pubblico risultanti dagli atti: un’originaria criticità progettuale che avrebbe imposto il ricorso a varianti in corso d’opera; la perdita dei finanziamenti provenienti dalla Regione Campania per la mancata conclusione del procedimento di gara entro il 31 dicembre 2015.
Il giudice di primo grado ha invece accolto, nei limiti di cui appresso, la domanda risarcitoria per la parte in cui la società ricorrente ha lamentato “una lesione del proprio legittimo affidamento ad una conclusione del procedimento di gara che fosse utile ad assicurarle la qualità di aggiudicatario definitivo e, quindi, di contraente del Comune di Ischia”; ha infatti ritenuto che la lesione fosse riconducibile alla colpevole condotta assunta dalla stazione appaltante nella gestione del procedimento di gara

LA CATTIVA GESTIONE DEI TEMPI
Il Tribunale ha qualificato la responsabilità come da “contatto qualificato” ed ha reputato che fosse da ricondurre alla norma generale dell’art. 2043 cod. civ., in quanto dovuta a cattiva gestione dei tempi e dell’organizzazione del procedimento.

L’UDIENZA
All’udienza di trattazione, fissata quindi per il 21 settembre 2017, è stata riservata la decisione.
Va, in primo luogo, sgomberato il campo dal motivo col quale si sostiene la pregiudizialità necessaria della dichiarazione di illegittimità dell’atto amministrativo rispetto al riconoscimento della sussistenza di un danno risarcibile. L’assunto è infondato poiché nel caso di specie non è (più) in discussione il risarcimento del danno per l’atto di revoca della procedura di gara e dell’aggiudicazione provvisoria: accertata la legittimità della revoca, ne è seguito l’implicito rigetto dell’azione risarcitoria avanzata per il danno corrispondente, senza che il Consorzio abbia impugnato la statuizione esplicita di rigetto dell’azione impugnatoria e quella (implicita) di rigetto dell’azione risarcitoria per il danno che si assumeva essere derivato direttamente dalla revoca.
Piuttosto, è in discussione la domanda risarcitoria – pure avanzata dal Consorzio in primo grado, nei termini di cui si dirà – per il comportamento illecito tenuto dall’amministrazione nella conduzione del procedimento di gara per l’affidamento dei lavori pubblici. Trattasi di azione proponibile anche in via autonoma, per la quale non rileva l’atto amministrativo –sia esso o meno contestualmente impugnato- bensì il comportamento tenuto dall’amministrazione, che si assume lesivo di posizioni di diritto soggettivo dei privati.
E’ oramai ripetuta, nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, l’affermazione che anche in caso di revoca legittima degli atti di aggiudicazione di gara per sopravvenuta indisponibilità di risorse finanziarie può sussistere la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione che abbia tenuto un comportamento contrario ai canoni di buona fede e correttezza, inducendo le imprese concorrenti o aggiudicatarie a confidare nell’esito positivo del procedimento di gara

IL RITARDO COLPA DEL COMUNE
Questo ritardo –che comportò il differimento del termine per la presentazione delle offerte al 31 agosto 2015- è rilevante perché era ben noto alla committenza che, in forza della convenzione stipulata con la Regione Campania in data 13 marzo 2015, i finanziamenti regionali sarebbero andati perduti se i lavori non fossero stati consegnati entro il 31 dicembre 2015. Ancora, era ovviamente nota al Comune la situazione dell’organico degli uffici comunali, quindi era conosciuto il numero dei dipendenti da adibire allo svolgimento delle operazioni di gara; perciò, l’asserita carenza di organico, anche ove esistente, non potrebbe costituire fatto idoneo ad escludere la responsabilità del Comune per aver completato le operazioni di gara in ritardo rispetto al termine utile per beneficiare dei finanziamenti regionali, essendo del tutto mancata anche solo la deduzione che detta carenza d’organico (nel provvedimento di revoca qualificata, anzi, come “perdurante”) fosse dovuta a fatti sopravvenuti ed imprevedibili. Nemmeno può rilevare che –così come assume l’appellante- non sarebbe, in astratto, patologico il tempo, di poco più di cinque mesi, impiegato per l’esame dei progetti e l’esame delle offerte economiche presentate da sei concorrenti: in presenza di un ritardo imputabile all’amministrazione nella fase iniziale del procedimento e del rischio elevato di perdere per scadenza dei termini finanziamenti regionali indispensabili (tanto che, una volta perduti, l’amministrazione è stata costretta al ritiro del progetto), un comportamento improntato a correttezza e buona fede nella fase di scelta del contraente avrebbe richiesto, quanto meno, l’adozione di misure organizzative interne, anche a carattere straordinario, idonee a completare per tempo il procedimento, rispettando l’affidamento riposto dai partecipanti nella tempestiva conclusione della gara.
A maggior ragione, il comportamento contrario a buona fede dell’amministrazione rileva se si considera l’altra ragione emersa dagli elementi documentali acquisiti al processo e posta a fondamento della revoca degli atti di gara (pur se non esplicitata nel provvedimento), riconducibile a carenze del progetto per anomalie e calcoli errati, comunque imputabili all’amministrazione appaltante.
Va perciò confermata la sentenza impugnata nella parte in cui ha accertato un comportamento scorretto del Comune nella gestione del procedimento di gara, conclusosi con la nota prot. n. 34220 del 28 dicembre 2015 di comunicazione dell’aggiudicazione al Consorzio qui appellato, confermata con determina del 31 dicembre 2015 di approvazione degli atti di gara, poi revocati con determina n. 289 del 7 marzo 2016, comunicata con la nota prot. 6356 dell’8 marzo 2016.

CORRETTA LA SENTENZA DEL TAR
La censura di ultrapetizione è infondata, anche se la motivazione della sentenza va corretta, nei termini che seguono.
La responsabilità della stazione appaltante per la cattiva gestione dei tempi e dell’organizzazione di gara si configura nei confronti dell’aggiudicatario (provvisorio o definitivo), che veda leso il suo legittimo affidamento nella conclusione positiva del procedimento, come responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 cod. civ..
Nel dibattito, dottrinale e giurisprudenziale, sulla natura di questa responsabilità si contrappongono la posizione, che -per comodità espositiva- può definirsi tradizionale, che la ascrive al paradigma generale della responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 cod. civ. e la posizione -di recente seguita anche dalla Corte di Cassazione – che, valendosi appunto del sintagma della responsabilità da “contatto qualificato”, ne ritiene la matrice contrattuale, pur se in riferimento all’inadempimento di un’obbligazione, di lealtà e correttezza, di fonte legale (ex art. 1173 cod. civ.).
Pertanto, il Tribunale è incorso in una sorta di contraddizione in termini quando ha ritenuto che nel caso di specie si sia in presenza “di un’ipotesi di responsabilità da contatto qualificato, attualmente ricadente nella figura generale di cui all’art. 2043 c.c., specificamente come paradigma di cattiva gestione dei tempi e dell’organizzazione del procedimento”.
E’ sufficiente ribadire che –al di là dell’inesatta qualificazione adottata dal T.A.R.- va ascritta al paradigma della responsabilità precontrattuale, ai sensi della norma citata, la responsabilità del Comune di Ischia, appaltante, per non aver condotto secondo buona fede la fase di scelta del contraente, mal gestendo tempi ed organizzazione della gara, sì da porsi colpevolmente nella posizione di perdere i finanziamenti indispensabili per l’attuazione dei lavori da appaltare ed essere perciò costretto a revocare gli atti di gara.

Come detto sopra, la responsabilità precontrattuale è una responsabilità da comportamento, non da provvedimento, sicché prescinde dalla (verifica della) legittimità di questo e non incide sull’interesse legittimo pretensivo all’aggiudicazione, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali. Alla responsabilità precontrattuale è ricondotto l’ingiustificato (od ingiustificabile) recesso dalle trattative, quale si è avuto nel caso –qui in esame- di revoca della procedura di gara e dell’aggiudicazione provvisoria per perdita dei finanziamenti imputabile a fatto dell’amministrazione.

Il danno risarcibile è limitato al c.d. interesse negativo, da intendersi, appunto, come interesse a non investire inutilmente tempo e risorse economiche partecipando a gare d’appalto non portate a compimento per il comportamento scorretto dell’amministrazione. Tutt’al più, potrebbe la stazione appaltante fornire la prova della mancanza in capo all’aggiudicatario provvisorio dei detti requisiti, quale fatto impeditivo o estintivo dell’obbligo risarcitorio delle voci di danno corrispondenti agli esborsi che il danneggiato avrebbe finito per sopportare a suo carico, anche se la gara fosse giunta al suo esito fisiologico. Ma siffatta eventualità non ricorre nel caso di specie.

Ancora, contrariamente a quanto sostiene la parte appellante la responsabilità precontrattuale come sopra delineata non è esclusa per il solo fatto che il procedimento di gara si sia arrestato dopo l’aggiudicazione provvisoria e prima di quella definitiva.
Con l’aggiudicatario provvisorio la stazione appaltante instaura infatti una relazione –definibile, se si vuole, come “contatto qualificato”- che vale ad attribuirgli una posizione individuale differenziata, rispetto ad altri, nei rapporti con la p.a. appaltante, anche in relazione allo stadio, oramai, avanzato del procedimento e quindi alla sua idoneità ad ingenerare un affidamento, di norma ragionevole, nella positiva conclusione.

IL DANNO
E però qui non si sta discorrendo del procedimento amministrativo nel quale si compendia la fase di scelta del contraente, sul versante pubblicistico, né è in discussione il risarcimento del danno direttamente derivato dal provvedimento di revoca assunto come illegittimo (già escluso dal primo giudice, e non più in contestazione). Trattasi piuttosto del risarcimento del danno derivato da (modalità e tempi di) conduzione della fase di formazione della volontà negoziale, secondo il contestuale procedimento negoziale regolato da norme di diritto privato. Consegue a quanto sin qui detto che la sentenza impugnata non è viziata per aver riconosciuto tutela risarcitoria a soggetto non legittimato né per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. Quanto a quest’ultimo profilo giova aggiungere che risulta dal ricorso proposto in primo grado che il Consorzio ha agito (in via subordinata al risarcimento in forma specifica) espressamente per il risarcimento del danno per equivalente ovvero, in alternativa, per il risarcimento del danno precontrattuale per violazione delle regole di correttezza e buona fede ex art. 1337 cod. civ. “per avere coinvolto in inutili trattative il consorzio ricorrente […]”.

L’appello principale è, invece, fondato per la parte riferita al quantum debeatur. Va precisato che, malgrado il danno da lucro cessante avrebbe potuto essere liquidato soltanto se l’aggiudicatario provvisorio avesse dimostrato di aver perso occasioni di guadagno alternative, la censura dell’appellante non si occupa specificamente della spettanza di tale voce di danno né della prova relativa, sicché sul punto si è formato un giudicato implicito. Piuttosto, l’appellante critica il quantum del risarcimento, riferito dal T.A.R. al “mancato conseguimento dell’aggiudicazione definitiva” e stimato nella misura del 3% della base d’asta, oltre rivalutazione ed interessi. Sebbene si tratti di liquidazione necessariamente equitativa e sebbene non risultino addotte specifiche ragioni di incongruità della percentuale del 3% individuata dal primo giudice, la liquidazione si presenta irragionevolmente eccessiva laddove commisura questa percentuale alla base d’asta, e non alla base d’asta ribassata (alla quale, d’altronde, ha fatto riferimento il Consorzio, in via principale, con la domanda introduttiva, pur nel presupposto di una maggiore percentuale di danno).
Il danno da lucro cessante va perciò liquidato nella misura del 3% del prezzo offerto dal Consorzio, aggiudicatario provvisorio, così accogliendosi parzialmente l’appello principale.
In punto di quantificazione del danno risarcibile, va peraltro accolto l’appello incidentale laddove censura il mancato riconoscimento a titolo di danno emergente delle spese sostenute dal Consorzio per partecipare alla gara.
Non costituisce una valida ragione di esclusione la circostanza che si sia trattato di “spese necessarie per l’acquisizione della posizione di aggiudicatario provvisorio”, come ritenuto dal Tribunale. Infatti, proprio tale acquisizione si è rivelata causa di danno per il Consorzio dato l’esito infausto del procedimento. Il danno emergente va perciò risarcito ed è costituito dalle spese di € 140,00 per il contributo all’Autorità e di € 40,00 per le polizze fideiussorie, nonché di € 21.237,00 per spese progettuali tecniche per l’elaborazione dell’offerta. Queste ultime spese –documentate soltanto mediante la produzione delle fatture n. 24 e n. 35 del 30 novembre 2015- andranno rimborsate solo se, e nella misura in cui, il Consorzio fornirà alla stazione appaltante copia dei pagamenti effettuati, così dimostrando l’effettivo sostenimento del costo.
In conclusione, accogliendo parzialmente appello principale ed appello incidentale, la sentenza va riformata con accoglimento della domanda risarcitoria per lucro cessante, nella misura del 3% del prezzo offerto, oltre alla maggiore somma tra interessi e rivalutazione monetaria già liquidata in sentenza, e per danno emergente negli importi ed alle condizioni sopra specificati, oltre interessi legali dalla data degli esborsi al soddisfo.

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