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giovedì, Aprile 25, 2024

Mario, la prima vittima della sanità con la “zona disagiata”

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Si è iniettato una fiala letale di un potente anestetico. Così ha trovato la morte Mario Fiorentino, infermiere specializzato in servizio presso le sale operatorie del reparto di chirurgia e presso l’ortopedia dell’ospedale Rizzoli. Sono bastati pochissimi istanti e il suo cuore ha cessato di battere. La siringa ancora conficcata nel braccio a testimoniare l’inequivocabile agire. Il tragico gesto, probabilmente già maturato da tempo, è stato compiuto nelle ultime ore di un maledetto mercoledì, nella sua abitazione presa in fitto sull’isola proprio per essere più costante e presente nel suo impiego presso il nosocomio dove prestava servizio. Al termine di una lunga ed estenuate giornata di lavoro. Un lavoro su di un isola, una località lontana e certamente diversa dai suoi precedenti impieghi a cui non si era abituato del tutto ad appena tre mesi dal suo trasferimento.
Il 36enne, originario di Napoli ma residente a Bologna, ha utilizzato tutto il suo sapere professionale per chiudere i conti con la vita e procurarsi la morte nel bagno al piano terra della sua abitazione alla Chiaia di Forio. Il rumore delle onde e gli echi dell’estate in arrivo a scandire la drammaticità di un gesto duro e difficile da interpretare. Ma chiaro ed inconfutabile per chi ha scelto di congedarsi senza attenuati dalla sua esistenza, da un mondo costruito con fatica, dedizione studio e lavoro. Senza raccomandazioni, senza calci in culo. Forse un mondo gravato dalla troppa solitudine esistenziale. Chiaro per chi conosceva Mario, lui si che a questa vita ha deciso di dare un calcio in culo nel modo più crudele possibile, infierendo contro se stesso, facendo di se l’ultimo paziente da trattare in una breve parabola professionale, costellata di successi ed ambiti traguardi.
Il giovane, lavoratore instancabile e ligio al dovere, come raccontano i colleghi, ha comunque alle spalle in trascorso difficile fatto di stress e difficoltà che lo avevano reso psicologicamnte labile, frutto forse dell’insostenibile peso del mal di vivere e dal troppo stress determinato dalla sua posizione.
L’uomo, libero dal lavoro, ha fatto ritorno a casa in quell’angolo bellissimo ed isolato a pochi passi dal Fortino e piuttosto che riprendersi dalla durezza delle ore passate in ospedale, di rilassarsi e cancellare tutto dalla mente, ha deciso di porre in essere l’insano gesto, chiudendosi in bagno ed iniettandosi le dosi di una sostanza che la momento gli inquirenti ritengano sia un oppioide sintetico indicato per l’induzione ed il mantenimento dell’anestesia generale risultato fatale. A rinvenire il corpo ormai privo di vita dell’infermiere un collega allarmato dalla sua mancata presenza a lavoro e dalla impossibilità di contattarlo ormai da lungo tempo. L’uomo, recatosi presso l’abitazione, ha lanciato subito l’allarme, chiedendo l’intervento dei sanitari del 118 e della Polizia, ma ormai per Mario Fiorentino non c’era più niente da fare. Erano ormai le 11,30 quando è partito la chiamata d’emergenza.
Vani i tentativi degli uomini del 118 PSAUT, prontamente intervenuti nel tentativo di fare salva la vita del 36enne: la dose di anestetico che l’uomo si è iniettata nelle vene non gli ha dato scampo, l’ha stroncato nel giro di qualche minuto. I sanitari non hanno potuto che constatarne il decesso. L’uomo sapeva bene come adoperare anestetici e prodotti specifici. Senza il giusto ausilio inevitabile la morte
Sul posto si sono portati anche i commissari e gli uomini della squadra speciale della Polizia di Stato, che hanno consentito agli operatori della scientifica di effettuare i rilievi, blindando l’accesso all’immobile. Sotto choc i dipendenti della struttura sanitaria e i pazienti del presidio ospedaliero che l’avevano conosciuto, quando la notizia della morte del professionista si è diffusa. Increduli e affranti dal dolore i colleghi del reparto e dell’intero presidio.
Gli inquirenti hanno provveduto ad ascoltare tutti i possibili testimoni e conoscenti nel tentativo di comprendere i motivi del gesto che al momento restano ancora avvolti nel mistero seppur intuibili.
Nessun biglietto o lettera che potesse aiutare a comprendere la vicenda. Perquisita anche l’auto del giovane, una Seat, notata da un vicino, dove erano custoditi alcuni attrezzi e generi da lavoro.
A quanto pare l’uomo soffriva da tempo di una certa fragilità emotiva, piccoli grandi problemi sul lavoro che evidentemente nel tempo, in questi tre mesi di esilio dorato ad Ischia erano diventati un pesante fardello da portare con sé e che probabilmente hanno fatto scattare nel giovane la decisione di sottrarre delle fiale di analgesico dall’infermeria per iniettarsele. Il corpo senza vita dell’uomo, dopo tutti i rilievi, è stato poi trasferito presso la sala mortuaria dell’ospedale al termine delle attività del medico legale, la dottoressa Anna Foglia, nominata dalla Procura di Napoli, inerenti la visita esterna, l’esame visivo sulla salma dell’uomo.
Inoltre il pubblico ministero incaricato ha predisposto ulteriori accertamenti sulle fiale rinvenute accanto al corpo per avere non solo la certezza sul loro contenuto, ma per comprendere anche la provenienza delle stesse e se siano ancora in uso in ambito medico.
Tristezza, sgomento e sconcerto, questi sono i sentimenti che hanno pervaso l’intera struttura ospedaliera quando si è diffusa la notizia dell’estremo gesto compiuto da Mario, descritto da tutti come una persona perbene, molto conosciuta e stimata anche nel suo comune d’origine, oltre che sul posto di lavoro.
Tutti conoscevano il professionista e mai avrebbero immaginato un gesto simile da parte sua.
Intanto si allunga la triste lista dei suicidi sull’isola. Ormai non si contano più le vittime del mal di vivere. Eppure la morte di Fiorentino deve indurre a riflettere sulle condizioni di lavoro, sullo stress e sull’abuso delle posizioni di potere, dei cosiddetti controllori che fustigano a discapito di chi invece opera e lavora nei fatti. Il grido di dolore, la voce dei colleghi non più disposti a tacere squarcia un velo di omertà, fatto di nepotismo e scarsa lungimiranza che fa a pugni con il tentativo di rivoluzione tentato dalla nuova direzione sanitaria.

IPOTESI DI SUICIDIO AL VAGLIO
La morte come ha consentito di desumere il primo esito dell’esame visivo operato dagli inquirenti sarebbe sopraggiunta mercoledì sera. Il rigor mortis non pare lasciar adito a dubbi agli esperti della Scientifica. Il medico legale Anna Foglia intervenuto sul luogo della tragedia ne ha dichiarato l’incontrovertibile morte ormai sopraggiunta almeno 12 ore prima del rinvenimento.
Il PM incaricato del caso ha disposto la rimozione del corpo ed il sequestro in attesa dell’esame autoptico. La salma custodita all’obitorio del Presidio di via Fundera è stata trasferita stamani da La Borbonica presso l’ipogeo di Napoli. Sul caos indago gli investigatori della PS, agli ordini del Vicequestore Alberto Mannelli. Anche il 112 diretto dal Capitano Andrea Centrella è intervenuto per le attività di rito. Il suo cane, amico fedele in affido temporaneo all’ASL Veterinaria in attesa che giungano i familiari del giovane tragicamente deceduto a rivendicarne la restituzione.

DEMANSIONATO E AFFRANTO: NO L’OBI NO!
Mario era dislocato al Rizzoli tutto il giorno in sala operatoria a volte nel reparto di ortopedia e dal 1 aprile destinato all’OBI.
Un impiego mai gradito al punto da mal celare l’insoddisfazione anche con i colleghi. Lui che proveniva dall’Ospedale di Bologna dalle sale operatorie di Cardiochirurgia in uno dei centri d’elite, lui che con l’illusione di andare a Pozzuoli a La Schiana, vittima dell’inganno burocratico, era arrivato ad Ischia dove si sentiva demansionato e sottovalutato. Turnista a cui non veniva consentito di fare i turni ma solo il giorno in estenuati sedute operatorie, sballottato qua e la come una pallina, anche a fare le pulizie. Una laurea magistrale ed un master buoni solo come carta straccia a subire e rispettare ordini spesso recepiti come un disprezzo nei suoi riguardi.
Nell’ultimo giorno di servizio aveva sfogato tutta la sua frustrazione confidandosi con i colleghi di un altro reparto. Il 30 marzo, nel suo ultimo giorno di servizio alle sale operatorie la drastica decisione.
Nel mirino i 4 ispettori nominati dalla Peluso a fustigatori dei colleghi. Cosi li definiscono in molti in quel di via Fundera.

UNA MORTE PESANTE
Un milligrammo, poi due, le vene che cominciano a mettere in circolo la dose, il sangue lentamente diffonde la morte, l’anestetico prende il sopravvento ed in breve la vita abbandona il suo corpo e con essa l’anima, forse persa da tempo, lascia questo essere materiale e terreno. E’ morto cosi per scelta , forse per ripicca e sfregio a chi non lo aveva compreso, ennesima vittima di questo immenso ed inarrestabile dramma che è la disperazione umana. Si è consumato cosi l’ennesimo tragedia sull’isola d’Ischia, a Forio. Ma non è mai come tutte le altre volte. Un ragazzo, professionista affermato si è tolto la vita. L’uomo, infermiere di comprovata fama, ha scelto la via più tragica e dolorosa di congedarsi alla vita inidettandosi una dose letale di un potente anestetico .Nessun biglietto,nessun messaggio lasciato a spiegare il suo gesto.
Il 36 enne è stato ritrovato, ormai esanime curvo sulla tazza del water, presso la sua abitazione de La Chiaia. La siringa nel braccio ed intorno i chiari indizi sugli ultimi istanti che hanno scandito la sua giovane vita . Una morte che pesa.
Solo, i familiari in continente da pochi mesi lavorava presso l’Ospedale Anna Rizzoli di Lacco Ameno.
Gli investigatori, sin’ora, non hanno rinvenuto effetti o tracce particolari che possano portare a piste diverse da quella del suicidio.
Nessuna ipotesi di reato è stata formulata dalla Procura in merito.
Prima della tragedia, l’uomo , aveva mostrato un qualche malessere esistenziale nulla che potesse però far presagire al peggio, nulla che non potesse essere superato con le amorevoli attenzioni familiari e dell’ambiente di lavoro.
Evidentemente l’insostenibile peso della quotidianità, i piccoli problemi tramutati in ostacoli insormontabili hanno preso il sopravvento rendendo vano ogni tentativo di ridare “colore e senso” al proprio essere. Per dire forse basta, per dire forse aiuto, per dire che qui in questo mondo non ci sto più bene. La scelta, di un uomo si è materializzata nel bagno di casa, la testa appoggiata alla parete, il capo chino e la schiena curva, quella casa trasformatasi forse in prigione come la sua vita lontano dalla terra che gli aveva dato i natali, dal giusto riconoscimento per un percorso di studi e sacrifici che lo aveva portato a conseguire la laurea magistrale ed un master in scienze infermieristiche.
Sgomento e dolore per le sorti drammatiche di un uomo mite, d’un tratto trasformatosi in uno dei tanti invisibili di una società distratta e poco accorta, lontana dalle esigenze dei più deboli e sopratutto dei lavoratori senza sponde o raccomandazioni.

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