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venerdì, Aprile 19, 2024

(l’)Ischia, le torri e la speranza

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L’Isola bella – Ecco l’Isola che ci piace di più, quella dove il caos agostano ha ceduto ormai il posto ad un turismo senz’altro più lento, ma la cui qualità è decisamente più degna di una località di tono quale Ischia dovrebbe reputarsi. Il mare è quasi sempre pulitissimo, il caos dei diportisti nelle varie baie scemato notevolmente, il traffico ormai limitato (si fa per dire, visto che già normalmente è un gran casino) a noi residenti. Bene ha scritto Luigi Boccanfuso: la sua non è stata certo una scoperta, ma evitare di dimenticare lo sbarco selvaggio in barba ad un decreto ministeriale che fa acqua da tutte le parti (e che, quando Peppe Brandi ed io tentammo di modificarlo nel 2003 con alcune significative restrizioni, ci fu risposto che così facendo sarebbe diventato incostituzionale) sarebbe buona norma in barba allo storico, classico metodo di nascondere la polvere sotto il tappeto. Anche quello dovrebbe essere un imminente punto di partenza per ricominciare a brillare. O almeno provarci. #youresobeautiful

Sindaco sì, sindaco no – In questo panorama generale, invece, brilla –si fa per dire- il comportamento del sindaco d’Ischia, il quale aveva preannunciato di volersi far da parte definitivamente un attimo dopo aver nominato il nuovo vicesindaco, per dedicarsi in modo attento e scevro da condizionamenti alla sua difesa in Tribunale. Al momento, però, i propositi di Giosi sembrano –come e più del solito- dimostrarsi solo enunciazioni retoriche, con l’aggravante che oltre a non tener fede al suo impegno post-scarcerazione, il primo cittadino da una parte si pone in bella mostra per metà percorso della Processione del Santo Patrono, alla cerimonia rituale del gemellaggio con Los Angeles, all’incontro con il Commissario ASL e ad altre occasioni di rappresentanza, mentre dall’altra, quanto ad amministrare il Paese, insieme ai suoi, è più di sempre assente ingiustificato, fatte salve le riunioni di gruppo in cui tentare di risolvere il nodo della dodicesima giunta o il modo più cruento per decapitare l’infedele-incoming Ciro Cenatiempo. Assente. Assenti. Proprio come ieri sera alla Festa del Buon Pescato, nella cui piazza tutt’altro che gremita giganteggiavano (a giusta ragione, visto che si tratta a tutti gli effetti di una loro creatura, ancorché ereditata dall’Amministrazione Brandi) gli “esterni” Antonio Pinto, Anna Fermo ed Isidoro Di Meglio. Nessun altro. Nessuno! #vuotoassoluto

9/11 e la speranza – Ma oggi è anche il quattordicesimo anniversario di quel tragico giorno in cui New York ed il sistema Stati Uniti dimostrarono tutta la loro vulnerabilità: ricordiamo tutti cosa accadde quell’11 settembre 2001 tra la Grande Mela e il Pentagono, quando avemmo modo di renderci conto quanto insicuri potrebbero essere, da un momento all’altro, anche i più impenetrabili baluardi del pianeta. Personalmente, pur essendo stato diverse volte a Manhattan dopo l’attentato alle Twin Towers, ho sempre evitato di visitare ciò che resta di Ground Zero al West Side e non solo per la fila interminabile che vi ho sempre trovato, limitandomi a dare uno sguardo ai filmati del Memorial Shop in Liberty Street. Proprio lì, anni fa, acquistai una t-shirt molto bella, che conservo ancorché vecchiotta. C’è scritto, nelle principali lingue del mondo, UNITI NELLA SPERANZA. La indosso volentieri, perché sono un irriducibile sostenitore (e chi mi legge lo sa) della teoria paolina secondo cui “la speranza non delude”. Ieri Osama Bin Laden, oggi l’Isis, con l’incubo immigrazione che se da un lato rappresenta la speranza di tanta povera gente, dall’altra è il pericolo reale per tanti stati borderline di subire le conseguenze dell’incapacità dell’Unione Europea e dell’UNHCR nel gestire questo fenomeno che, se vogliamo, è tutt’altro che caduto dal cielo da un giorno all’altro. Il momento è delicato, proprio mentre la voglia di semplificazione burocratica e di riforme sembra voler prendere il sopravvento a tutti i costi per tentare, anche in Italia, di regalarci momenti migliori per superare questa dannata crisi. E proprio perché, a differenza di quella economica, la crisi dei valori è senz’altro più difficile da debellare, la speranza è l’unico valore che proprio non possiamo permetterci di perdere. Restiamo uniti, ad Ischia, come ovunque! #unitedforhope

Infine, l’Ischia – Specie dopo l’importante vittoria all’esordio in campionato, come non dedicare un angolino alla protesta dei tifosi dell’Ischia… Non posso non essere solidale con loro per la crociata contro la società filo-partenopea, anche se in passato ho ampiamente spiegato come la penso al riguardo. Tuttavia, credo che lo sparuto gruppo di irriducibili che ha manifestato con gli striscioni sulla collinetta difronte al Mazzella abbia confortato e –involontariamente, s’intende- dato ragione a Rapullino, Di Bello e compagni. Come dire, se la protesta è così sparuta e la maggioranza è all’interno dello stadio, approfittiamo pure di tanta divisione e continuiamo sulla nostra strada; anzi, se ci trovano finanche i soldi per pagare le ospitalità, gli mandiamo il cappone fino a casa. E torniamo sempre alle solite: lo “stare insieme” resta una virtù tutt’altro che ischitana, il leit motiv degli insuccessi di casa nostra a tutti i livelli. Non cresce Ischia, come si può pretendere che l’Ischia cresca… ad Ischia? Non è colpa nostra, si tratta di un problema atavico (vero, Berkeley?). Ma… cambieremo, un giorno? #togetherisbetter

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