fbpx
giovedì, Marzo 28, 2024

 Lettera Aperta,con preghiera di pubblicazione…no grazie

Gli ultimi articoli

 

di Giuseppe Mazzella

 

Caro Direttore, Gaetano Di Meglio
nessun giornale “cittadino” o “ napoletano” ha dato la notizia della cerimonia e dell’evento di intitolazione di uno spazio pubblico nella Città d’Ischia a Domenico Di Meglio, “Maestro di giornalismo locale e  fondatore del quotidiano Il Golfo” giovedì 23 marzo 2017, lo stesso giorno della sua morte improvvisa 8 anni fa.

Eppure il Comune di Ischia dal titolo di “Città” ha 4 addetti stampa a contratto temporaneo per il servizio di “staff” del sindaco e la notizia era molto rilevante. Perché si riconosceva ad un giornalista “locale” l’insuperabile merito di aver consolidato nell’isola d’Ischia, 63mila abitanti, 40mila posti letto, 3mila imprese, 6mila partite IVA, 14mila iscritti al Centro per l’Impiego, 3200 studenti di 4 scuole superiori per almeno 15 indirizzi, la stampa locale che è “minore” solo in senso quantitativo, in rapporto ad un’area di diffusione più ristretta di quella nazionale, di cui è continuazione e completamento; ma tale distinzione non deve incidere sulla qualità cioè sull’efficacia del suo impegno volto a fornire ai lettori un’informazione precisa ed una interpretazione dei fatti equilibrata e non faziosa” come magistralmente la definì il prof. Edoardo Malagoli in occasione dei 500 numeri de “Il settimanale d’Ischia”, progenitore de “Il Golfo”.

Quell’intervento è contenuto nel numero speciale per i 10 anni de “ Il Golfo” del 1999 (78 pagine, un centinaio di nomi) che dava conto di quanto Domenico con pochi collaboratori e soprattutto con Antonio Pinto era riuscito a realizzare. Non solo Domenico consolida la “stampa locale” – dopo i tentativi pionieristici degli anni ’50, 60 e 70 e tutta la “storia del giornalismo ischitano” scritta dall’avv. Nino d’Ambra, storico benemerito, contenuta nello stesso volume – ma insieme ad Antonio Pinto costituisce una impresa editoriale con una tipografia propria e tutto realizzato con processo economico di autofinanziamento senza ALCUN contributo pubblico.

Come e perché quell’impresa editoriale andò in crisi dovrebbe essere oggetto di una severa analisi storica. Ma questo è altro tema.

Un “giornalista locale” così importante tanto che lo stesso sindaco d’Ischia ha dichiarato che non sono stati necessari i 10 anni dalla morte per l’intitolazione di uno spazio pubblico come prescrive la norma generale in vigore non viene ricordato per la sua vita e la sua opera sulla stampa cittadina. Nonostante la presenza di un rappresentante del Consiglio Nazionale dell’ Ordine dei Giornalisti per quell’ “elenco dei pubblicisti” previsto dalla legge istitutiva del 1963 da tutti definita obsoleta dopo oltre 50 anni di odiosa discriminazione tra “professionisti” e “pubblicisti” che la liberalizzazione delle professioni liberali imposta, ma non ancora applicata, dalle “direttive” dell’Unione Europea, ha di fatto abolita rendendo inutile una facoltà universitaria di “scienze della comunicazione” perché la “comunicazione” è mezzo di trasmissione ma non è valenza culturale che resta tale se è Letteraria, Politica, Economica, Giuridica e così via.

Non viene nemmeno tenuto conto che ad un vecchio giornalista “locale” l’Ordine trova l’occasione per un significativo riconoscimento di leale appartenenza per aver esercitato il suo lavoro con una elementare deontologia.

Questa mancanza di attenzione da parte della stampa cittadina o napoletana, che tuttavia la rivoluzione dell’informatica e telematica ha posto nella stessa condizione di quella che un tempo si chiamava “stampa locale” se non peggio in termini proporzionali di diffusione e di redditività aziendale, non mi meraviglia affatto e francamente me ne infischio come se ne sarebbe infischiato Domenico perché la gratitudine non è una virtù umana.

Ma questa occasione mi riporta ad alcune osservazioni e alcuni ricordi che scrissi 4 anni fa sul lavoro di “ufficio stampa” affinché possano essere utili ai giovani con contratto temporaneo che purtroppo non ricevono alcuna tutela dall’Ordine dei Giornalisti, non abbiamo più per materiale fallimento l’Associazione Napoletana della Stampa ed è stato sciolto perfino il Gruppo Giornalisti Uffici Stampa (GUS) e quindi purtroppo probabilmente debbono scrivere comunicati con l’avallo del “padrone” e con i divieti di indicazioni di nomi e meriti come quello diffuso per il gemellaggio con l’isola di Ponza previsto per il 31 marzo senza l’indicazione dei due giornalisti che nel 2009 scoprirono la colonizzazione ischitana di Ponza, proposero la costituzione di un Distretto Turistico delle Isole Napoletane da Capri a Ponza, riportarono i ponzesi ad Ischia dopo 275 anni in una bella manifestazione che si tenne ad ottobre nella Villa Arbusto ed il cui resoconto apparirà nel IV Volume degli Atti del Centro Studi su l’isola d’Ischia.

 

La mia esperienza di addetto stampa

Ho cominciato a fare l’addetto stampa a 26 anni e l’ho fatto per altrettanti 26 dal 1975 al 2001. Non ho mai lasciato il “giornalismo militante” però e soprattutto la “stampa locale”. All’inizio, io che venivo dalla piccola stampa locale di un’“isoletta”, perché tale è la considerazione di Ischia nelle righe della contrattualizzazione giornalistica e nella considerazione della “stampa cittadina”, mi sembrava di aver toccato il cielo con un dito nella bella stanza al primo piano del palazzo della Provincia di Napoli in Piazza Matteotti. In quegli anni il lavoro di ufficio stampa di un Ente Pubblico non veniva neanche considerato un lavoro perché non era previsto negli accordi del contratto di lavoro giornalistico se non legato ad una impresa editoriale cosa che non erano gli Enti Pubblici. Veniva considerato un incarico “politico” perché l’addetto stampa veniva ritenuto un microfono del potere chiamato a divulgare tutto quanto faceva di buono la Pubblica Amministrazione mentre doveva tacere su quanto faceva di male o non faceva. Proprio in quegli anni ‘70 invece cominciò un’azione per professionalizzare quel lavoro nell’ambito del giornalismo e ricordo che aderii immediatamente al Gruppo Ufficio Stampa (GUS) di cui si fece promotore Claudio Azzolini che allora era il capo ufficio stampa dell’ATI, la compagnia per i voli nazionali dell’Alitalia. Ma fu una battaglia vana. I giornalisti degli uffici stampa non erano tutelati né dall’Ordine dei Giornalisti né dalla Federazione della Stampa. Non è bastata nemmeno una legge nazionale la n. 150 del 2000 che ha istituito la “Comunicazione Pubblica” per una regolamentazione degli uffici stampa nell’applicazione del contratto di lavoro giornalistico.

Così una dignità professionale i giornalisti degli uffici stampa l’hanno dovuta conquistare personalmente sul campo di battaglia. C’è chi è stato assolutamente condiscendente al potente di turno – io ne ho conosciuti molti di due Repubbliche e molti di basso livello – ma c’è chi invece ha voluto rimarcare una professionalità; ha voluto richiamarsi alle regole fondamentali del giornalismo che sono fissate sia per la stampa scritta sia per quella parlata sia infine per chi manda “comunicati o note per la stampa”. Questa dignità professionale non solo si doveva conquistare presso il proprio “Editore” – che in questo caso erano gli amministratori di un ente pubblico con i quali spesso mi sono scontrato perché non ho mai ammesso discriminazione di testate né affermazioni personali senza virgolette  – ma anche nei “colleghi” della stampa, scritta e parlata, che nella stragrande maggioranza non avevano alcuna considerazione degli “ addetti stampa” considerati poco più o poco meno di portaborse. Così l’addetto stampa subiva una doppia umiliazione: quella nei confronti del potente di turno che pretendeva la diffusione di un comunicato e la sua ampia diffusione su una iniziativa o una presa di posizione del tutto secondaria o addirittura ridicola e quella nei confronti del collega di turno presso la cronaca del giornale che considerava  non notizia o notizia di scarso valore quella data e comunque non meritevole del rilievo che chiedeva il politico.

I comunicati stampa venivano diffusi con la chiosa finale “con preghiera di pubblicazione” con in qualche caso l’aggiunta dell’aggettivo “viva” e poi con la nascita delle TV libere veniva aggiunto il termine “ diffusione”. Naturalmente non bastava quella chiosa: “con viva preghiera di pubblicazione/diffusione”. Bisognava telefonare – una volta, due volte, molte volte – al capocronista o redattore politico per chiedere la pubblicazione e molto spesso era quasi una richiesta pietosa. Ho conosciuto l’estrema supponenza di chi aveva il potere di pubblicare o cestinare una notizia. Ricordo che una volta ad un potente capocronista dell’allora unico quotidiano di Napoli raccomandai una notizia alla cui pubblicazione era interessato il Presidente che era democristiano gavianeo ed il capocronista mi rispose che lui “parlava solo da Antonio Gava in su”. Un altro redattore della più grande agenzia di stampa nazionale mi rispose che lui “i giornalisti degli uffici stampa li schifava”. Ci si può immaginare come ci si sentisse dall’altro capo del filo del telefono quando non si ha il potere di avere un giornale che è in questo caso l’unica pistola per sparare.

Così negli anni ‘90 con l’approvazione della legge 241 sulla trasparenza degli atti della pubblica amministrazione cominciai un nuovo tentativo di professionalizzazione trasformando l’ufficio stampa in una “agenzia di stampa”, forte della mia collaborazione come corrispondete da Ischia e Procida della più importante agenzia nazionale con le regole rigorose del Maestro Sergio Lepri, in modo che il comunicato fosse scritto come una notizia di agenzia con estrema obiettività e potesse avere – come deve avere “la notizia” (scritta in maiuscolo perché gridata come si usa oggi su Facebook) – il suo autonomo cammino nella valutazione del giornalista dall’altro capo della macchina del fax (oggi della posta elettronica) senza alcuna umiliante telefonata di cortesia, senza quella “preghiera di pubblicazione” che addirittura avrebbe dovuto essere cancellata dal comunicato. Ebbi la fortuna di lavorare con il prof. Amato Lamberti (1943-2012), sociologo e docente di giornalismo, che approvò il mio progetto e mi nominò Direttore dell’Agenzia Stampa “La Provincia di Napoli” e che mai mi cambiò una riga dei miei comunicati al tempo dell’immenso sforzo per il Rinascimento di Napoli e della sua Provincia al quale mi vanto di aver preso parte.

Non credo di aver vinto la battaglia. Credo che ancora oggi quando un addetto stampa manda un comunicato deve sempre telefonare – ancora più facile oggi con il telefonino – all’amico redattore per chiedere attenzione per la notizia inviata.

Personalmente ritenevo ieri o lo ritengo ancora oggi una umiliazione chiedere un intervento speciale per l’ attenzione verso una notizia. Il redattore deve valutare la notizia e pubblicarla se merita e cestinarla se non  merita. Anche questa sarebbe una riforma di costume, una moralizzazione della vita  civile, un riconoscimento della professionalità dell’addetto stampa.

Sarebbe poi ancora più corretto se nell’ambito della stampa locale ci fosse un reciproco rispetto per il lavoro degli altri. Ai miei tempi se un giornale mensile o specializzato mandava un comunicato – annuncio del numero in edicola il quotidiano o l’agenzia lo pubblicava perché non era concorrente al quotidiano. Sul piano locale dell’isola d’Ischia non solo dovremmo discutere del “giornale di carta” se sopravviverà ma anche se sopravviverà la piccola stampa locale, se ci sarà un elementare rispetto fra quanti lavorarono – spesso mal pagati o non pagati affatto – nella stampa locale stampata, parlata e sul web. Insomma un rispetto reciproco per il nostro lavoro che eviti una concorrenza fra poveri. La “stampa nazionale” potrà trovare Editori, più o meno potenti, ma la “stampa locale” non potrà competere. Insomma credo che sia venuto il tempo – ma per i giovani – di aprire una vertenza sull’informazione per il giornalista o lavoratore dell’informazione, nazionale o locale, di riscoprire una deontologia, di chiedere la giusta remunerazione per sopravvivere, cominciando da quella chiosa finale al comunicato: “con viva preghiera di pubblicazione”.

No, grazie.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Gli ultimi articoli

Stock images by Depositphotos