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venerdì, Marzo 29, 2024

L’amore meticcio

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Pasquale Raicaldo | E’ il de profundis dell’antico adagio. Mogli e buoi dei paesi tuoi? Ma anche no. E’ cambiato il mondo, è cambiata l’isola: si adeguino anche i proverbi. Al più presto. Non è del resto un caso che il primo nato dell’anno, all’ospedale “Rizzoli”, sia il frutto dell’amore – rigorosamente meticcio – tra un’ischitana e un maghrebino. Un fiocco azzurro che è il segno di tempi che cambiano: perché il piccolo e tenerissimo Jonas è anche un simbolo, naturalmente. Ischitana mamma Rosa Mendella, tunisino papà Hassen Hammami. La casualità del primo parto del 2016 fotografa indirettamente un fenomeno in crescita. Di matrimoni misti, v’è certamente traccia nei lunghi anni in cui il turismo tedesco approdava sull’isola, innamorandosi della natura dell’isola e strizzando l’occhio agli isolani. Ma è innegabile che sia stata la globalizzazione, e in particolare le migrazioni dell’ultimo ventennio, ad accelerare il processo. E i dati raccolti dall’Acli per la nostra parlano in effetti di un aumento costante delle famiglie ischitane con almeno uno straniero all’interno del nucleo: il numero è impressionante a Forio, dove sono addirittura 1203, quasi il doppio di quelle censite ad Ischia (648). Si tratta, per l’appunto, di matrimoni misti, cresciuti a dismisura a cavallo degli anni Novanta e Duemila. E se all’ombra del Torrione è quasi sempre il capofamiglia a parlare straniero (in 1110 casi su 1203), ad Ischia è più frequente che l’uomo autoctono sposi una donna extracomunitaria. Un dato che, del resto, riflette la composizione del nostro “contingente” straniero: il 59,40% degli immigrati residenti nel Comune di Ischia è di sesso femminile. Non c’è un fenomeno unico e sintetizzabile: c’è certamente l’ondata delle donne dell’Est – Polonia e Ucraina in primis (che, insieme alla Romania, contano un totale di oltre 3000 immigrati regolarmente censiti e residenti sull’isola) – e c’è la forte componente araba (nell’ordine: Tunisia, Marocco e Senegal i paesi più rappresentati). I matrimoni misti, dunque, non sono un processo evidentemente naturale, sull’isola come altrove. Paiono peraltro abbattute anche le resistenze culturale di una sacca retrograda dell’isola, che pure fino a qualche anno fa non vedeva di buon occhio le unioni tre ischitani e straniere e – ancor di più – tra ischitane e stranieri.
Altri tempi. Zina Beh Mohammed, per esempio, è una bellissima ragazza frutto del matrimonio tra una donna baranese e uno dei primi tunisini immigrati sull’isola. Su un’isola diversa, certo culturalmente meno predisposta a un’unione mista, per giunta tra portatori di culture e religioni così profondamente dissimili.
«Le mie origini mi hanno condizionato soprattutto nei primi anni di vita (siamo all’inizio degli anni Novanta, n.d.r.), quando il mio cognome a scuola era motivo di commenti. Oggi convivo benissimo, invece, con la mia doppia anima: ischitana e tunisina. E ho compreso che è un valore aggiunto».
«Il fenomeno dei matrimoni misti è in crescita a Ischia così come cresce chi questo fenomeno lo vive. Perché dal confronto c’è solo da guadagnare». Non ha dubbi neanche Antonello Iacono, che ha scelto Keeniatta. Una coppia bellissima, accomunata dalla passione per la musica, che ha condotto lei qui direttamente dalla provincia del Limpopo, in Sudafrica. «Dove le case sono costruite con il fango. E il pavimento è letame di mucche solidificato. E’ lì che ho imparato a trovare l’armonia con la natura e con me stessa», ha raccontato Keeniatta. In questo caso è l’amore che ha portato la donna a scegliere di vivere sull’isola. In altri, Cupido ha scoccato la proverbiale freccia colpendo chi era già immigrato a Ischia.
Difficoltà? «La nostra coppia è stata subito accolta alla grande, con rispetto e fiducia. Ma allora Ischia era leggermente diversa. E così gli ischitani», spiega Antonello. «La prima volta a Ischia fu bellissima – gli fa eco lei – Mi innamorai dei luoghi, dai Maronti alla vetta dell’Epomeo, e delle feste, da Santa Restituta a San Vito. Un anno dopo, la scelta di trasferirmi più stabilmente, per alcuni periodi. Alternando ai lunghi mesi in crociera e ai ritorni nel mio Paese. Fui accolta benissimo. Non mi sono mai sentita diversa, cosa che invece era avvenuta in Sudafrica a causa dell’apartheid. Nonni e fratelli, sorelle e cugine: mi sono sentita parte della comunità di Testaccio, e non solo». E nella scalata del talent “The Voice”, l’isola ha tifato per lei.
Anche Felice Meo ha sposato una straniera, la svedese Anna. Si conobbero nel 1992 a Tenerife, amore a prima vista, lei che decide di trasferirsi sull’isola. L’ostacolo della lingua aggirato grazie allo spagnolo, qualche difficoltà di ambientamento. «Sì, qualcuna sì – conferma Felice – perché nell’isola di vent’anni fa, per esempio, i commercianti al solo sentire l’accento straniero, in questo caso svedese, provavano a fregarti. In famiglia? Anna è stata accolta benissimo. Mia madre, del resto, era strafelice per il solo fatto che mi sposassi». Due figlie, tra cui Giulia: ora studia a sessanta chilometri da Stoccolma, dopo aver fatto il liceo a Ischia. Se non è globalizzazione questa…
Ma non tutto è rose e fiori, nei matrimoni misti dell’isola. Perché la seconda metà degli anni Novanta è anche testimone di storie complicate: la favola delle donne ucraine e polacche considerate “sfascia famiglie”, etichetta che ha reso difficile l’ambientamento di generazioni di colf e badanti. Sbagliato, al solito, fare di tutta l’erba un fascio, benché casi di cinico attaccamento all’opportunità di un matrimonio d’interesse che consentisse di acquisire la nazionalità italiana, rifuggendo la povertà dell’Est post-comunismo, non siano naturalmente mancati. Marginali, però.
«Io credo che un proverbio resti ancora valido, anzi oggi più che ieri. – spiega Antonello Iacono – Quanno ‘a miseria trase p’ ‘a porta, ‘ammore se ne jesce p’ ‘a fenesta. Ed è quanto accaduto negli ultimi 7-8 anni alla società ischitana e più in generale italiana. E i media, nonché voci importanti nella società, han ben pensato di adottare i “diversi”, gli extra, quelli che un tempo sull’isola chiamavamo “forestieri”’, a bersaglio preferito su cui far sfogare il “popolo” arrabbiato e frustrato. Così facendo dissolvono l’attenzione da questioni più serie. E la storia si ripete. È tutto già successo».
Altre storie, altre considerazioni. Qui c’è la certezza dell’amore alla base della nascita di Jonas, il primo ischitano venuto alla luce nel 2016. Suo il primo vagito, in quell’idioma universalmente meraviglioso chiamato vita: mamma isolana, papà maghrebino. Siete sicuri che conti qualcosa?

3 COMMENTS

  1. Davvero complimenti Pasquale…riuscire a “tradurre” in parole un argomento cosi’ delicato, complesso e spesse volte con casi di cronaca davvero drammatici, non basta saper scrivere…e’ necessaria un “classe” che non e’ da tutti.
    Riuscire a stare nel “mezzo” senza spostare per nulla l’ago della bilancia non e’ cosa semplice…
    Personamente… “io sto con Fallaci”, davvero un peccato ci abbia lasciati, aveva ancora tante cose importanti farci capire.

  2. Una realtà decisamente edulcorata quella raccontata da raicaldo. Su certi temi sarebbe meglio lasciare da parte le “ideologie”…

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