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giovedì, Marzo 28, 2024

La battaglia romantica di Succhivo: giù le mani dall’ultima cabina

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cabPasquale Raicaldo  |  Giù le mani dall’ultima cabina telefonica. E’ una battaglia teneramente romantica quella della piccola frazione serrarese di Succhivo, che si attacca a quel vivace parallelepipedo in piazza, testimone di tempi e tecnologie andate, e si rimbocca le maniche per sottrarlo a un destino che parrebbe già segnato.
Del resto, chi vuoi che utilizzi l’antico telefono a gettone nell’era in cui gli smartphone sono ovunque, estensione del proprio ‘io’, consentendoci di essere perennemente connessi?
Sarà, ma allora cosa c’è dietro la crociata del consigliere comunale Lucio Poerio Iacono, che ha presentato addirittura un’istanza di opposizione alla rimozione del “gabbiotto” ottenendo, per ora, la sospensione del procedimento?
E’ il sogno di una fetta di paese ancorata ai simboli o c’è qualcosa in più? “Quella cabina, l’unica sopravvissuta alla tecnologia, può intanto salvare una vita perché, a differenza dei nostri cellulari, non si scarica mai. – spiega Poerio Iacono, che ha pubblicizzato su Facebook l’iniziativa salva-cabina, riscuotendo anche un notevole apprezzamento – Funziona benissimo e d’estate è molto usata dai turisti stranieri. Di più: i numeri di emergenza sono gratuiti: così, quella cabina telefonica può essere molto utile in caso di emergenze, soprattutto per chi non abbia con sé il cellulare”.
Ma c’è senz’altro di più di un mero tornaconto funzionale in questa strenua e appassionata difesa di un’icona già sbiadita, che altrove sull’isola ha già ampiamente ceduto il passo a fioriere e panchine e che lì, in quella piccola frazione di Serrara Fontana, ha resistito stoicamente, salvo essere oggi pronta a capitolare.
“In ogni piazza – spiega il consigliere – dovrebbe secondo me resistere una panchina”. E ci sarebbe forse da discutere sul concetto di piazza e sulla smania di riempire gli spazi: non già con persone fisiche, come si faceva un tempo (quelle sono spesso affaccendate a smanettare con gli smartphone, appunto), ma con riempitivi inutili, decori e trovate estetiche. Dove un tempo, appunto, c’era qualcosa di funzionale e utile, la cabina telefonica. In Inghilterra è rimasta icona intramontabile e souvenir da calamita, in Italia è stata spazzata via da telefonia cellulare, VoIP e Internet. E i numeri, intendiamoci, parlerebbero chiaro: il traffico sulla rete di telefonia pubblica nel 2007 è praticamente dimezzato, qualcosa di prossimo allo zero. Le conversazioni da un telefono pubblico hanno raggiunto nel 2007 – ultimo anno censito – appena 300 milioni di minuti all’anno, contro i circa 600 milioni del 2006 registrando un calo del 43%. Un crollo inesorabile e certo atteso. Di fronte al quale, tuttavia, Succhivo difende la sua, di cabina telefonica.
E lo fa a colpi di carte bollate, mica solo con status Facebook intrisi d’amarcord. Poerio Iacono ha indirizzato la sua istanza all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (direzione Tutela dei Consumatori), che proprio in questi giorni ha risposto comunicando l’avvio del procedimento di opposizione alla rimozione di postazioni telefoniche pubbliche presentata ai sensi dell’art. 3 della delibera 31/10/CONS recante “Revisione dei criteri di distribuzione sul nazionale nazionale delle postazioni telefoniche pubbliche nell’ambito del servizio universale”.
Si fa riferimento alla postazione telefonica pubblica di via Succhino numero 1, in attesa di una decisione delegata alla Direzione tutela dei consumatori dell’Autorità, che naturalmente tenga conto delle controdeduzioni – romantiche o meno – degli opponenti.
E chissà che non si prolunghi, la vita di quel gabbiotto di Succhivo già interessato da un freddo epitaffio (“Questa cabina sarà rimossa”), certo giustificato dal crollo degli affari e dalla concorrenza della tecnologia, ma così indissolubilmente legata a un pezzo della nostra storia globale (non era forse in una cabina che l’insospettabile Clark Kent si trasformava in Superman) e, perché no, di quella locale (e non solo a Succhivo). Non che l’isola d’Ischia abbia sin qui fatto di tutto per proteggere i simboli del suo passato, talvolta vere e proprie icone: meriteremmo un premio, ad esempio, per aver sostituito le storiche motocarrozzelle con confortevoli taxi anonimi mentre tutto il mondo – da Londra a Lisbona – iniziava a ricorrere al curioso veicolo che conquista i turisti, e che qui sarebbe stato concepito prima di tutti, negli Anni Cinquanta. Altra storia, altre storie.
Succhivo attende impaziente che la piccola battaglia di Poerio Iacono salvi oggi una piccola cabina telefonica, oggi filo conduttore con un passato recente e strumento ancora potenzialmente funzionale, domani – chissà – piccolo esempio di archeologia tecnologica. “La vedi quella roba lì? Un tempo si mettevano gettoni o schede e si parlava al telefono”. Gesticolando ansiosi in pubblica piazza, attraverso vetri trasparenti. Senza auricolari, né pollici impazziti nell’ossessivo-compulsiva ricerca del touchscreen. Ecco, forse è già archeologia oggi. Un motivo in più, allora, per tenerla in vita.

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