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mercoledì, Aprile 24, 2024

La Balga mette ko la Tecknoservice per la monnezza di Serrara Fontana

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Le sesta sezione del TAR Campania, con il giudice Paolo Passoni presidente e il giudice estensore Carlo Buonauro ha pronunciato la sentenza che “affida” alla Balga l’appalto per l’affidamento dei servizi di igiene urbana e servizi cimiteriali nel territorio del Comune di Serrara Fontana. Una vittoria che, atti alla mano, mette fuori gioco la società torinese che in passato aveva espletato il servizio del comune di Serrara Fontana. Una vittoria per la società di Ivano Balestrieri che, leggendo la sentenza, ha figurativamente messo ko l’avversaria Teksnoservice in una lunga battaglia giudiziaria che supera i confini del comune montano.

Lo stuolo di avvocati per la Teknoservice S.r.l., Angelo Giuseppe Orofino, Raffaello Giuseppe Orofino e Anna Floriana Resta si è dovuto arrendere dinanzi agli errori commessi dalla stessa società in Puglia. Errori che sono costati il giudizio in questione. Nel merito, con l’avvocato Gerardo Maria Cantore il comune di Rosario Caruso aveva difeso l’operato della stazione appaltante, la Asmel Consortile Soc. Cons. A R.L.

Ma il successo vero, se si può usare questo termine è quello dell’avvocato Gherardo Marone che, difendendo la Balga, ha impallinato la richiesta della “ricorrente” che aveva chiesto per l’annullamento di tutti gli atti e provvedimenti adottati nel corso della procedura aperta per l’affidamento dei servizi di igiene urbana e servizi cimiteriali nel territorio del Comune di Serrara Fontana. Una procedura durata mesi e che solo il 31 ottobre 2017 ha portato all’aggiudicazione definitiva della gara alla Balga

 

FATTO. La società ricorrente in via principale ha impugnato gli atti in epigrafe indicati relativi alla procedura di gara con cui il Comune di Serrara Fontana ha assegnato un appalto avente ad oggetto servizi di igiene urbana e servizi cimiteriali sul territorio comunale. In particolare, Teknoservice, giunta al secondo posto in graduatoria, contesta l’aggiudicazione a favore della società Balga, ritenendo illegittima sotto plurimi profili.

Anzitutto si reputa invalido il contratto di avvalimento stipulato dalla Balga s.r.l. con l’impresa Buttol, grazie al quale la prima ha potuto prendere parte alla gara. Entrambe le società, inoltre, avrebbero fornito false affermazioni relative a precedenti gare.

Ancora, la Balga non avrebbe giustificato l’anomalia della propria offerta, né avrebbe dimostrato la veridicità dei certificati prodotti in gara. La stessa sarebbe incorsa, in un precedente appalto del Comune di Serrara Fontana, per il biennio 2013- 2014, in un inadempimento tale da far venir meno l’elemento fiduciario, così da determinare lo scioglimento del contratto.

L’aggiudicataria non avrebbe dimostrato la disponibilità dei mezzi necessari per l’esecuzione dell’appalto, al contrario richiesta dal disciplinare di gara. Infine, avrebbe presentato certificazioni ISO prodotte da un istituto tunisino non abilitato ad operare sul territorio unionale.

Il Comune si è costituito in giudizio, contestando l’infondatezza, ma prima ancora l’inammissibilità e la tardività del ricorso in esame.

Anche la controinteressata, la Balga s.r.l., si è costituita con memoria volta far valere sia la tardività del gravame principale sia l’infondatezza delle doglianze prospettate dalla ricorrente, rivendicando così la legittimità della propria aggiudicazione. Successivamente alla delibazione dell’istanza cautelare, l’aggiudicataria ha presentato ricorso incidentale escludente, con cui si contesta la partecipazione alla gara della stessa ricorrente principale, la Teknoservice s.r.l., impugnando gli atti in epigrafe indicati. All’udienza del 4.4.2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

Alla ricerca della “medesimezza del vizio”

Il Collegio, nella definizione dell’ordo decisionis, ritiene prioritario l’esame del ricorso incidentale, atteso che la sua fondatezza, con riguardo in special modo alla prima doglianza ivi formulata, si presenta idonea a definire l’intero giudizio, con assorbimento sia dei profili preliminari in rito, sia dell’esame del ricorso principale. Ed, invero, guardando al modo in cui le pronunce della Corte di Lussemburgo hanno trovato riscontro nella giurisprudenza interna, l’esame anche del ricorso principale subisce una limitazione quando, come nel caso di specie, vi sono più di due partecipanti alla gara e il vizio contestato dal ricorrente principale (il secondo classificato) avverso l’aggiudicataria non può essere esteso anche agli altri concorrenti.

Ove, infatti, la medesima doglianza (condivisa dal collegio) possa dirsi riferibile anche alle altre imprese, non si avrebbe lo scorrimento della graduatoria, potendosi così delineare la ripetizione della gara: ed invero, risultando inibita l’aggiudicazione anche agli altri concorrenti, l’unica via sarebbe l’intervento in autotutela, con il rinnovo della gara; di qui, conseguentemente, la salvezza dell’interesse strumentale di colui che ha presentato in giudizio il ricorso principale. Diversamente, nell’ipotesi di vizio strettamente limitato alla sola aggiudicataria, potendo la p.a. affidare la gara ad altro operatore economico in graduatoria, verrebbe meno l’interesse strumentale del ricorrente principale idoneo a giustificare la valutazione nel merito del suo ricorso.

Nel caso di specie, come emerge dagli atti e pacifico tra le parti, per un verso, i partecipanti alla gara sono più di due e, per altro verso, non viene in rilievo la sussistenza anche in capo agli altri partecipanti di vizi analoghi a quelli denunciati dal ricorrente principale nei confronti di quello incidentale. Non rileva dunque nemmeno la problematica, tuttora aperta, volta ad individuare il soggetto cui compete valutare la “medesimezza del vizio” in ordine alle altre imprese concorrenti (cfr. ord. 6 novembre 2016, n. 5103, con cui la V sez. del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione interpretava relativa all’esame congiunto del ricorso principale e di quello incidentale escludente in caso di ulteriori imprese concorrenti, le cui offerte non siano state contestate laddove si solleva il problema di chi, il giudice oppure la p.a., debba effettuare la valutazione di identità del vizio).

Ciò premesso, risulta fondata la prima censura del ricorso incidentale, con conseguente improcedibilità di quello principale alla stregua dei rilievi sopra formulati.

 

LA BALGA ALL’ATTACCO: dubbia integrità o affidabilità della Teknoservice

In particolare, la Balga prospetta innanzitutto la violazione dell’art. 80, co 5, lett. c), d.lgs. 50/2016 nella parte in cui prevede l’esclusione dalla gara per una dubbia integrità o affidabilità dell’impresa concorrente. La controinteressata sostiene, da un lato, che, in riferimento ad un precedente affidamento che aveva visto coinvolta la Teknoservice s.r.l. e il comune di San Giorgio Ionico, lo scioglimento del contratto in via unilaterale da parte dell’amministrazione sarebbe sintomatico di una grave inadempienza della Teknoservice, in specie “di una significativa carenza nell’esecuzione del contratto, tale da cagionare la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio” (art. 80, co. 5, lett. c). D’altronde, sempre secondo la controinteressata Balga, nel documento di gara unico europeo presentato dall’odierna ricorrente principale sotto la dicitura “risoluzioni consensuali”, relativamente a precedenti contratti stipulati con altre amministrazioni appaltanti, si nasconderebbero inadempimenti contrattuali, idonei a dequotare il grado di affidabilità della società Teknoservice: a fronte del mancato pagamento delle stesse amministrazioni, le parti avrebbero preferito concludere pacificamente (essendo entrambe inadempienti) la vicenda contrattuale. Il primo dei due rilievi merita, ad avviso del Collegio, condivisione.

In punto di diritto, anche in tempi recentissimi (Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2063), la giurisprudenza amministrativa ha precisato che l’art. 80, comma 5, lett. c), consente alle stazioni appaltanti di escludere da una procedura di affidamento di contratti pubblici il concorrente in presenza di “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”, con la precisazione che in tali ipotesi rientrano, tra l’altro, “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata”, la quale alternativamente sia stata confermata all’esito di un giudizio o- per venire al caso che interessa nel presente giudizio – non sia stata contestata in giudizio dall’appaltatore.

Inoltre, da un lato, si è condivisibilmente precisato – e la circostanza assume portata decisiva nel presente giudizio – che la ricordata disposizione del nuovo codice dei contratti pubblici non è da ritenersi riproduttiva dell’art. 38, comma 1, lett. f), del codice ora abrogato (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) e, dunque, non consente alle stazioni appaltanti di valutare discrezionalmente ed in modo autonomo la risoluzione disposta da altra stazione appaltante (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27 aprile 2017, n. 1955).

 

SE “SBAGLI” UNA VOLTA, PAGHI

Dall’altro deve ulteriormente essere chiarito che l’elencazione dei gravi illeciti professionali contenuta nell’art. 80, comma 5, lett. c), non è tassativa, ma esemplificativa, come si evince dalla formula di apertura del periodo (“Tra questi rientrano…”) recante l’elenco dei casi rientranti in questa nozione (in tal senso si è del resto espresso questo Consiglio di Stato, nel parere del 3 novembre 2016, n. 2286, numero affare 1888 del 2016, reso sulle linee guida dell’ANAC recanti l’indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto d’appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’articolo 80, comma 5, lett. c), del codice). Ma lo stesso ragionamento non può essere seguito nelle conseguenze finali che si pretende di trarre dalla natura esemplificativa delle ipotesi contemplate nell’elenco in questione; infatti, in base al criterio di interpretazione letterale della norma (ex art. 12 delle preleggi), si osserva che la disposizione in esame richiede espressamente ed esplicitamente che al provvedimento di risoluzione sia stata prestata acquiescenza o che lo stesso sia stato confermato in sede giurisdizionale.

Pertanto, alla stregua di tutto quanto precede, nel caso di specie, per un verso, risulta fondata la censura di cui alla prima parte del primo motivo di ricorso incidentale e, per altro verso, non può condividersi la tesi del ricorrente principale circa l’inconfigurabilità temporale e sostanziale del contestato motivo di esclusione.

Ed, invero, quanto al primo rilievo, emerge dagli atti (di gara e di causa) e non è contestato tra le parti che nei confronti dell’odierna ricorrente principale in data 12.6.2013 il Comune di San Giorgio Ionico (Ta) con atto dirigenziale prot. n. 477, ha unilateralmente dichiarato risolto il sinallagma formalizzato inter partes e perfezionato con contratto rep. n. 274 del 24.7.2012. Ne discende che, come correttamente rilevato dal ricorrente incidentale, tale risoluzione contrattuale integra esattamente la fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, lett. c, d.lgs. 50/16 ed avrebbe pertanto dovuto condurre all’esclusione della Teknoservice dalla gara, atteso che, per un verso, non risulta – né viene in alcun modo dedotto – che quel provvedimento di risoluzione sia stato contestato in giudizio; per altro verso, viene in linea di conto proprio quella tipizzazione delle fattispecie di esclusione dalle gare per l’aggiudicazione degli appalti pubblici la cui funzione, come sopra ricordato, è limitare la discrezionalità delle stazioni appaltanti in ordine alla partecipazione degli operatori economici colpevoli di gravi illeciti professionali.

Peraltro, è stato evidenziato che la ragione di esclusione ex art. 80, comma 5, lettera c), primo periodo, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, non è la risoluzione contrattuale in sé, tra l’altro configurata solo come una delle fattispecie possibili, ma la commissione di gravi illeciti professionali che minano l’affidabilità e l’integrità del concorrente, dalla norma individuati come significative carenze di esecuzione di un precedente contratto pubblico. Pertanto, a rilevare non è un atto giuridico, quale la decisione autoritativa di risoluzione, né le vicende a questa connesse – ipotesi transattive o successivi affidamenti – ma il fatto giuridico dell’inadempimento significativo, rispetto al quale l’effetto solutorio si limita a qualificarne la gravità, ponendosi come ragione impeditiva della prosecuzione di quello specifico rapporto contrattuale (T.a.r. Campania, Napoli, sez. I, 14 giugno 2017 n. 3279).

Né rilevano le contrarie argomentazioni svolte sul punto da parte del ricorrente principale. Ed, invero, da un canto, non opera ratione temporis il riferimento cronologico al triennio in quanto introdotto dalla normativa successiva all’indizione della gara de qua (d.lgs. n. 56/2017), priva di effetto retroattivo in quanto applicabile solo alle procedure i cui bandi siano successivi alla sua entrata in vigore (5 maggio 2017); d’altro canto e sul versante sostanziale, parimenti privi di pregio si presentano i rilievi per cui, pur formalmente costruita come risoluzione per inadempimento, non sarebbe in realtà (come emerso in altro contenzioso) sintomatica di una alcun errore grave nell’esercizio dell’attività professionale né sostanzierebbe in altro modo un giudizio di inaffidabilità della stessa, atteso altresì che, per un verso, lo stesso ente pochi mesi prima avrebbe attestato la buona esecuzione dei servizi resi e che nei suoi confronti l’odierna ricorrente principale ha positivamente attivato il rimedio monitorio per significativi importi; di contro s’osserva che – in disparte la considerazione che tali ultimi rilievi attengono a distinti momenti della vicenda ed, in particolare, ad una cessione di credito ed al parallelo profilo pecuniario relativo alla riscossione di canoni non corrisposti – trattasi di circostanze che, proprio perché non univocamente incidenti sul profillo della sussistenza o meno di gravi illeciti professionali, avrebbero dovuto costituire elementi di difesa in un ordinario giudizio di cognizione – non attivato – diretto ad accertarne la eventuale illegittimità della risoluzione per inadempimento, in tal modo impedendo anche l’effetto escludente nelle successive procedure di affidamento di contratti pubblici.

In conclusione il ricorso incidentale va accolto e, per l’effetto, va dichiarato improcedibile quello principale.

Nelle peculiarità delle questioni trattate il Collegio ravvisa, tuttavia, in base al combinato disposto di cui agli articoli 26, comma 1, c. p. a. e 92, comma 2, c. p. c., eccezionali ragioni per l’integrale compensazione delle spese del grado di giudizio tra le parti.

 

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