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martedì, Aprile 16, 2024

Io e il Principe

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4WARD di Davide Conte

Mentre Ti sto scrivendo, amico mio, sono convinto che sarai già impegnatissimo ad organizzare qualche jam session con altri inguaribili melomani, lassù nel Cielo. Ma quello di oggi è un passaggio doveroso quanto sentito, una di quelle situazioni che non vorresti ti capitasse mai e che, puntualmente, per fortuna di rado, ti si presentano innanzi imponendoti di scrivere. Ed eccomi qua, altrettanto puntuale, anche nella convinzione che, conoscendoTi, Ti farà piacere.

Non starò qui a tessere le lodi dell’uomo generoso, affabile, galante, elegante e premuroso; non starò qui a ricordare l’entusiasmo con cui Ti catapultavi in qualsiasi progetto potesse avere a che fare con la musica, con l’aiuto del prossimo o con la nostra amata Isola, che per Te è sempre e comunque stata al primo posto; non mi soffermerò a porre in evidenza quanto il Tuo modo di fare e di essere sia stato in grado, nell’arco della Tua vita, di calamitare la simpatia e l’amicizia di una miriade di artisti d’ogni genere, che grazie a Te hanno imparato ad amare e rispettare Ischia più del dovuto. Tutto questo lo hanno già fatto in tanti!

Vedi, amico mio, a me piace porre in evidenza un altro aspetto di Te, quello che mi ha fatto riflettere a lungo, specialmente ieri in Chiesa, a Napoli, davanti ad una moltitudine di gente perbene d’ogni età ed estrazione, composta ma palesemente addolorata nella consapevolezza di aver perso una persona cara. Ho riflettuto sulla nostra amicizia, da quando Ti conobbi per la prima volta nel corso di una mini-crociera tra Sicilia e Malta. Era la fine degli anni ’90 e Tu facevi parte di un vivace gruppo di avanzati sessantenni che mantenevano vivo, con Te in testa, il livello di animazione della comitiva. Quando chiesi chi fosse quell’arzillo signore, mi dissero che purtroppo stavi soffrendo di tumore alla prostata e che, con tutta probabilità, Ti sarebbe rimasto poco da vivere. Fu lì che ci conoscemmo e non ci siamo più persi di vista per circa venti intensissimi anni, mentre le cure francesi cui Ti sottoponesti, insieme alla Tua innata tenacia e all’aiuto di quel Dio in cui hai sempre, riservatamente confidato, Ti consentirono di allontanare per sempre il “mammone”.

In questi anni, amico mio (e qui giunge la preannunciata riflessione) ho capito quale fosse il Tuo segreto: per Te, essere disponibile e pronto a tutto pur di far felice il prossimo non era il classico modo di porsi al centro dell’attenzione o di guadagnare simpatia e consenso tra chi Ti stava intorno. Il DARE, per Te, era autentica goduria, ragione di vita, la missione comunque possibile anche quando, magari, il risultato ottenuto si preannunciava proibitivo e si rivelava tutt’altro che ottimale. E chiunque o qualsiasi cosa Ti ostacolasse nella Tua missione, diventava avversario da sconfiggere con la morbosa ossessione di ottenere ad ogni costo ciò che Ti prefiggevi, pur di risultare utile a chi Te lo aveva chiesto.

Insieme e grazie a Te, amico mio, ho conosciuto persone “importanti”, alle quali mi hai sempre presentato -bontà Tua- con l’enfasi ed il successo di un endorser d’eccezione quale sapevi rivelarTi: Gianni Punzo, Peppino Di Capri, Aurelio De Laurentiis, Carla Fracci, Claudio Mattone, Christian De Sica, Sabrina Ferilli, Mara Venier, Renzo Arbore, Beppe Grillo (quest’ultimo, ieri al Tuo funerale, degno testimonial che nelle “alte sfere” esiste ancora il sentimento della riconoscenza), giusto per nominarne qualcuno di getto, avevano di Te la considerazione meritata da chi, pur vivendoli con ossequiosa intensità, non aveva mai rinunciato ad essere co-protagonista, insieme a loro, di mille appuntamenti, occasioni, imprese, ricordi più che degni di nota, magari a colpi di quella pasta e patate che grazie alla Tua amata Adriana faceva puntualmente impazzire tutti, prima di rifugiarci a cantare intorno ai tuoi due pianoforti in quel di “Villa Più”.

Poco più di due settimane fa, amico mio, la nostra ultima telefonata. Dopo qualche considerazione politica in cui, come e più di sempre, mi sopravvalutasti in vista delle prossime elezioni al Comune di Ischia (“E’ il tuo momento, Davide, finalmente cominciano anche a scriverlo”, mi dicesti), ecco quello che proprio non mi aspettavo: prima la moglie, i figli, i nipoti, le sorti, ma poi soprattutto il Tuo racconto sul ritrovato rapporto con la preghiera e con Dio, al quale “per ogni giorno in più che riesco a vivere dico grazie, perché è un suo dono prezioso che non so per quanto ancora potrà durare”. Una tremenda premonizione che oggi, inevitabilmente, resta scolpita in modo indelebile in un angolo triste ma prezioso della mia memoria.

Non eri certo un uomo facile da “gestire”, amico mio. Fammi passare quest’espressione che oggi, post mortem, potrebbe apparire indelicata ma, credimi, non vuol esserlo affatto. Chi di noi non presenta aspetti un po’ più spigolosi del proprio carattere, chi di noi non riesce proprio a reprimere quelle innate, immancabili fissazioni che ci caratterizzano, rendendoci talvolta un tantinello più pesanti del solito… E ad un istrione come Te, anche questi aspetti non potevano mancare, così come ad un vero “personaggio”. Ma una cosa è altrettanto certa: avevi il potere, prima o poi, di farTi accettare e voler bene da tutti, anche a prima vista, proprio per questo Tuo modo esclusivo di rivelarTi speciale. E questo, credimi, è un dono di pochi!

Oggi, amico mio, in perfetto stile agostiniano, penso che il dolore di averTi perso non mitigherà mai la gioia di averTi conosciuto e goduto per un tempo di vita così relativamente grande ma sicuramente intensissimo. Per tutti, la Tua nobiltà d’animo era degna di conferirTi l’appellativo di “Barone”. Io, da oggi più di sempre, quando mai Te lo aspetterai, continuerò a chiamarTi come sempre: “Principe!” E, mi raccomando, in qualche modo rispondimi.

Gaetano Altieri, amico mio, Ti porto nel cuore.

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