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giovedì, Aprile 18, 2024

Il Teatro veicolo di Pace, l’incontro tra Ischia e il console Idrissa Sène

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Quello di ieri è stato, a tutti gli effetti, un pomeriggio da ricordare per quanti ne hanno preso parte, ma è stato anche e soprattutto, un “ponte” tra la nostra isola e il Senegal, creato attraverso l’arte e, in particolar modo, il teatro.

Presso il Teatro Polifunzionale di Ischia vi è stata la riproposizione dello spettacolo “Rosso il colore della speranza” e in platea vi erano non solo alcuni ragazzi del Liceo Ischia, ma anche alcuni ospiti d’eccezione, tra cui il console generale del Senegal a Napoli, Idrissa Sène.

Un appuntamento importante, con i ragazzi che hanno potuto sentire dalla parole, forti e vibranti, del console, le considerazioni su quanto sta accadendo nel mondo, sui conflitti di ieri e di oggi e sulla necessità di dover tutti, insieme, lavorare per la pace.

E non a caso lo spettacolo teatrale presentato, interpretato da bravissimi attori isolani, verte proprio sui temi della povertà e dei rifugiati.

Enzo Boffelli, che ha introdotto il console in visita, ha dichiarato: “E’ stato un pomeriggio interessante e costruttivo quello passato con il Console del Senegal. Il diplomatico, è rimasto profondamente colpito dalla bellezza della nostra isola e dallo spettacolo Rosso il colore della speranza ,si è complimentato per l’ accoglienza e per aver appoggiato un progetto che serve a far germogliare il seme dell’ uguaglianza e della condivisione.”

Una finestra sul mondo attraverso l’arte, un ragionare sulle problematiche che, forse, si reputano troppo distanti da noi ma che in realtà sono dietro l’angolo.

L’iniziativa, promossa a più livelli, sottolinea come la scuola abbia un ruolo sempre più grande e aperto all’interno della società e che debba aprirsi sempre più al territorio, offrendo spunti di riflessioni sempre più importanti anche grazie all’incontro e al contatto con realtà diverse e culture nuove.

Lo spettacolo, che aveva già raccolto non poco successo durate le date proposte nelle scorse settimane, ha calamitato l’attenzione degli spettatori che, con passione e trasporto, hanno seguito la triste e segnante vicenda di quattro personaggi, tutti con una carica emotiva fuori dal comune, che hanno mostrato la forze e la delicatezza dell’essere umano, stretto negli orrori di un conflitto non solo armato.

Tanti gli applausi e le congratulazioni rivolte agli attori da parte del console del Senegal che ha reso più ricco l’evento e, di certo, ha arricchito anche lui.

Un pomeriggio da ricordare, un ponte, dicevamo, tra Ischia e il mondo, tra la nostra isola e il Senegal, creato grazie alle emozioni e in virtù della realizzazione di un dialogo costruttivo, che porta alla presa di coscienza della sempre più necessaria pace tra i popoli.

Rosso, il colore della speranza

Non per tutti il rosso è il colore della catastrofe. Per Nikos mendicante e cieco dalla nascita, il semaforo che diventa rosso è simbolo di speranza. Le macchine si fermano e qualcuno gli fa l’elemosina e questo gli permette di mangiare, soprattutto gli consente di mandare la figlia Marika a scuola.

Questo fino al giorno in cui arriva Clark, un altro cieco, fuggito dalla guerra che imperversa nel suo paese dove il figlio Tino è saltato in aria su una mina. Clark insieme con la moglie Tina cercano di rubare lo spazio a Nikos. Così la città comincia a non stare più bene a nessuno dei protagonisti. Che fare? Partire? Rimanere? Aspettare un segno? o cercare di sopravvivere camminando…

Ecco l’ultimo enigma da risolvere prima della morte.

L’opera mette in evidenza i temi della povertà, della guerra, delle mine antiuomo, della situazione dei rifugiati, dei senza tetto e dei mutilati. Lo scopo non è di mostrare la realtà di queste situazioni ma è sicuramente di farla vivere come una minaccia esplosa già nel nostro destino quotidiano.

Le nostre abitazioni divenute mobili non ci riparano più dagli spostamenti fisici, economici e culturali.

Il racconto cerca o almeno tenta di ristabilire alcuni equilibri e alcune responsabilità e la sintesi di ciò è racchiusa nell’espressione che usa Clark “la mucca non ha paura delle macchine perché non deve niente a nessuno”.

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