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giovedì, Marzo 28, 2024

Europei di calcio: vincere anche dopo

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4WARD di Davide Conte

Non mi entusiasma affatto dover seguire un campionato europeo in cui la nostra Nazionale sarà guidata da un commissario tecnico che ha già la testa alla sua nuova squadra di club e che, chiaramente, non vede l’ora di profondere ogni sforzo in vista del suo esordio in Premier League con i Blues di Londra. Si tratta senz’altro di un’aggravante, considerato che sia le sue scelte di organico, sia i risultati conseguiti sinora in termini di gioco, possano essere considerati tutt’altro che logici ed esaltanti. A ciò va aggiunto lo spettro del suo già definito sostituto, il quale si troverà a raccogliere un’eredità estremamente gravosa, comunque vada: se si perde, costruirà su macerie; se si vince, gli toccherà consolidare un gruppo divenuto insperatamente protagonista nel Vecchio Continente. Tuttavia, proviamo a farci una ragione per ritrovare la carica giusta rispetto all’ormai imminente inizio della competizione, ospitata, stavolta, in una Francia fin troppo martoriata dagli eventi terroristici e dalla conseguente, dilagante tensione che pervade ormai da tempo il popolo transalpino.
Senza scomodare troppo Google, ricordo perfettamente le qualificazioni al glorioso Mundial del 1982 in Spagna: quello della nostra Nazionale fu un percorso decisamente tortuoso, cominciato con tre vittorie per due a zero (due esterne e una interna) contro Lussemburgo, Jugoslavia e Danimarca. Il ritorno fu tutt’altro che roseo, con una sconfitta per tre a uno a Copenaghen, un pareggio per 2 a 2 a Belgrado e una striminzita vittoria casalinga per 1 a 0 contro i lussemburghesi. Incertezze, quelle palesate nella seconda metà del girone, che si ripercossero fedelmente nella prima fase del campionato iridato, con uno stentatissimo passaggio di turno in forza di ben tre pareggi contro Polonia (0-0), Perù e Camerun (entrambi per 1-1). Solo l’un per cento degli Italiani, all’epoca, credeva nel potenziale che avrebbe potuto portarci alla vittoria finale. Eppure, poi, andò a finire come tutti ricordiamo.
Il calcio italiano –ne ho già parlato tempo addietro- non vive certo il suo momento migliore e non starò qui a ricordare le tante contraddizioni e gli altrettanti dubbi che imperano nel mondo del pallone di casa nostra. Alla fine però, vuoi o non vuoi, questo gioco sempre più condizionato dal denaro, resta la passione incontrastata della maggior parte di tutto noi e, in queste occasioni, di tantissime persone che, normalmente, ne restano lontani un miglio, salvo poi avvicinarvisi visceralmente per spirito patrio ogni due anni, quando si disputano mondiali ed europei. Uno di questi è mio zio Agostino: non chiedetegli cosa sia un fuorigioco, una diagonale o uno schema, ma se passando tra Cartaromana ed Ischia Ponte nel corso di una partita dell’Italia sentite uno che urla come un ossesso, ebbene, quello è proprio lui.
Gli interessi di sponsor, società sportive e reti tv sono ben lungi dalle reali finalità che proprio attraverso il calcio e gli sports in generale bisognerebbe perseguire. E’ triste pensare a condizionamenti arbitrali finanche in Champions League, allorquando la squadra di cui quel brand è sponsor tecnico non può rivincere la competizione perché già l’anno prima lo stesso marchio ha vinto con un’altra sua squadra; oppure che la Juventus, già forte di per sé, abbia sistematicamente aiutini a destra e a manca perché, tra le tante cose e manco a farlo apposta, si ingrazierebbe il “palazzo del calcio” sponsorizzando con la Fiat proprio le divise della Nazionale A; o ancora, che la scelta di Giampiero Ventura (tecnico e uomo che stimo tantissimo e che sono più che convinto possa fare benissimo alla guida degli Azzurri), messo sotto contratto per sostituire Conte approdato al Chelsea, non sia altro che una sorta di zerbino per accogliere, di qui a breve, la nomina di Fabio Cannavaro, oggi sbarcato in Cina a sostituire Marcello Lippi e da quest’ultimo fortemente sponsorizzato per arrivare quanto prima la Nazionale maggiore italiana.
Ciononostante, quanti di noi, così come talvolta dovrebbe avvenire –pur giustamente- in campionato, avrebbero il fegato di ignorare i nostri eroi in una competizione così importante? Io credo che quelli che lo faranno sul serio saranno decisamente pochissimi, ben meno di una sparuta minoranza. Alla fine, insieme alla passione, prevarrà quel maledetto, immancabile orgoglio di sentirsi Italiani, quello stesso orgoglio che dovremmo avere il fegato di manifestare con maggior veemenza nel contrastare problemi, contraddizioni, malaffare, e menefreghismo imperante nella nostra Italia, in tutti i contesti sociali, piccoli e grandi, a tutti i livelli. Quell’italian pride che, a differenza di altri paesi europei, purtroppo stenta a prendere corpo per le cose che contano sul serio, trovando la giusta forza solo in quelle che, alla fine, restano manifestazioni del tutto ludiche e che, al termine, non cambiano la vita a nessuno se non a chi, per la buona sorte riservatagli dal destino, riesce a trarne i frutti da fortunato protagonista; una svolta positiva che di certo non riempie la tasca della povera gente, non dà lavoro a chi è disoccupato e non aiuta ben undici milioni di italiani ad accedere alle cure sanitarie di cui avrebbero bisogno subito ma che la sanità pubblica non riesce a garantirgli in tempo.
Sarà bellissimo, ancora una volta, scegliere di soffrire davanti al televisore tifando “Forza italia” e sperando nell’ennesima bella sorpresa da parte del nostro team; ma sarebbe ancor più bello continuare a vincere anche dopo il Campionato Europeo, quando in ogni caso tutto tornerà come prima. Almeno per la gente “normale”, quella che continua a sperare e soffrire al tempo stesso, che l’Italia vinca o perda, sarebbe l’unica vittoria che conta.
Forza Italia, comunque sia!

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