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mercoledì, Aprile 24, 2024

Decreto, scoppia la guerra “abusiva”. I verdi gridano allo scandalo “condono”. I comitati lo vogliono!

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Non c’era dubbio alcuno. E, puntuale, come dal 1985 ad oggi, scoppia la guerra “abusiva” quella tra i Verdi e i gli “abusivi”. In particolar modo della Campania.
Senza voler aggiungere altro ecco lo scontro che inizia con Angelo Bonelli e Claudia Mannino da un lato e il comitato di Raffaele Cardamuro dall’altro.
“Come fece Berlusconi con il governo giallo-nero arriva il terzo condono edilizio limitato ai comuni dell’isola d’Ischia con tanto di contributi concessi dallo stato a chi ha edificato abusivamente e deve ricostruire dopo il sisma del 2017”. Lo denunciano in una nota i Verdi Angelo Bonelli e Claudia Mannino che aggiungono: “Un’altra sanatoria, ma questa volta anche incostituzionale. Infatti all’art. 17 e 25 del Decreto sul Ponte di Genova è prevista la sanatoria edilizia per gli immobili che hanno presentato istanza di condono alla data di entrata in vigore del decreto legge in tanto di erogazione di contributo dello stato per la ricostruzione: una follia”. Ancora una volta – continuano i due esponenti Verdi – posizioni contro il territorio ed interessi elettorali trovano nel Governo ampio spazio. L’art. 25 che prevede il condono per Casamicciola Terme, Forio, Lacco Ameno nell’isola di Ischia è palesemente incostituzionale perché “tali provvedimenti sono di esclusiva valenza nazionale e non possono essere circoscritti a piccole parti del Territorio”.
“Il governo giallo-nero sta facendo quello che non era riuscito ad altri premiare l’illegalità per chi ha costruito abusivamente per lo più in zona sismica erogando a loro anche soldi pubblici: i cittadini onesti in Italia continuano ad essere beffati e truffati. Chiediamo che il parlamento elimini la norma in sede di conversione legge” concludono Bonelli e Mannino.

Dall’altro, invece, il Coordinamento regionale dei comitati e delle associazioni campane unite in difesa del diritto alla casa non fa mancare la sua voce
«Accogliamo positivamente la decisione del Governo di pervenire alla formulazione di un decreto per le emergenze che includesse anche la più complessa – ma non meno importante – realtà ischitana. Essenziale si è rivelata una più profonda capacità di analisi dei contesti per cogliere con realismo la specificità di un territorio. Un decreto diversamente formulato avrebbe significato l’esclusione dal piano ricostruzione, di un numero significativo di unità abitative (e di riflesso di famiglie), così vanificando, almeno in parte, gli scopi stessi di un provvedimento. Come è noto, quelle isolane hanno rappresentato città-simbolo della lotta in difesa del diritto alla casa rispetto ad iniziative repressive che hanno avuto in buona parte ad oggetto manufatti di modesta entità, espressione di disagio abitativo, anche laddove fossero pendenti domande di sanatoria, suscitando in non pochi casi l’attenzione di media locali e nazionali per i risvolti umanitari che li hanno caratterizzate. Il provvedimento post-sisma ha riconfermato la necessità di intervenire su un’annosa questione applicativa. Per quanto sia fondamentale, dal nostro punto di vista, che si ponga mano, a livello regionale, ad un’azione complessiva di rigenerazione e riqualificazione urbana e ad interventi di pianificazione urbanistica, è proprio in relazione alla controversa applicazione della l. 326/2003 che non possiamo esimerci dal formulare le seguenti osservazioni.
Com’è noto – continua la nota dei Comitati -, senza riportare in questa sede l’intera vicenda, la mancata applicazione del cosiddetto “condono ter” in Campania, per effetto di un’iniziativa legislativa poi dichiarata incostituzionale, ha comportato – nel contesto di una confusione normativa prima e giurisprudenziale poi – una disparità di trattamento tra i cittadini campani ed il resto d’Italia. E ciò nonostante le oblazioni versate ed ogni altro onere corrisposto.
La vicenda è divenuta insostenibile allorquando hanno preso avvio (in assenza di un criterio certo e verificabile), interventi di demolizione di immobili oggetto di domanda di sanatoria, adibiti a prima ed unica abitazione, trovandosi – le famiglie interessate – all’esito degli interventi repressivi, senza casa e perdipiù private della possibilità di ottenere la restituzione di quanto pagato. Orbene, il decreto per le emergenze, se da un lato riteniamo rappresenti la risposta più coerente alle esigenze delicatissime del territorio isolano, dall’altro denota un’incongruenza di fondo che rischia di generare una “disparità nella disparità”.

  1. Se, infatti, secondo quanto disposto dal provvedimento d’urgenza, la ricostruzione è subordinata alla definizione delle istanze di sanatoria, e se, per la definizione di tutte le domande di sanatoria pendenti trovano esclusiva applicazione le disposizioni di cui alla l. 28 Febbraio 1985 n. 47, si viene allora a creare una disparità di trattamento tra chi ha presentato istanza di sanatoria ai sensi della l. 326/2003 e si trova collocato nella zona individuata dal commissario per la ricostruzione (“microzonazione”) e chi, pur avendo presentato istanza di sanatoria ai sensi della medesima normativa, si trova al di fuori dell’area individuata. Verrebbe altresì a determinarsi “ex lege” una disparità di trattamento tra quanti hanno subito un danno e quanti, pur invocando una medesima norma, non lo hanno subito.
    I provvedimenti d’urgenza sono legittimamente concepiti per essere derogatori alla legislazione ordinaria. Tuttavia, nella vicenda in esame, ci si trova dinanzi ad una legge preesistente (l.326/2003) rispetto alla quale il Legislatore prescrive una modalità applicativa, una norma sul procedimento. A non voler seguire una tale lettura si perverrebbe alla inedita conclusione per la quale la disposizione di cui al decreto sarebbe da considerarsi una nuova ipotesi di sanatoria, un nuovo condono. Ma tale non è, in quanto norma sul procedimento che fa riferimento a domande di sanatoria pendenti. Il Legislatore, difatti, non ha inteso introdurre un’ipotesi ulteriore di sanatoria, ma unicamente subordinare la ricostruzione alla definizione delle istanze pendenti.
  2. La disparità nella disparità si genera anche in relazione ad un’applicazione ingiustificatamente difforme che del medesimo disposto normativo si avrebbe tra isola e terraferma (resto della Campania). È qui che si moltiplicano gli effetti dell’annosa questione applicativa che ha condotto ad un clima di tensione esasperato, per la perdita dell’abitazione e con essa della possibilità di ottenere nell’immediato la restituzione di quanto versato.
    È proprio alla luce di tali considerazioni, dunque, che si richiama l’attenzione sulla delicata vicenda applicativa della norma in esame, segnalando quanto sia concreto il rischio di creare una “disparità nella disparità”, non giustificata su un piano strettamente giuridico. Considerazioni che assumono tanto più significato se si pensa alla maturata volontà delle famiglie interessate, di ottenere la ripetizione – a valere sulla finanza pubblica – delle oblazioni e degli oneri indebitamenti corrisposti.
    Dovrebbe piuttosto – si conclude la nota – essere questa l’occasione per una presa in carico definitiva dell’annosa questione applicativa che affligge la l.326/2003, consentendo in tal modo che possa avviarsi ad una soluzione anche la problematica abitativa che ad essa si lega, attraverso il rinvio, per tutti i casi di abuso oggetto di domande di sanatoria ancora pendenti (e, dunque, anche di quelle presentate ai sensi della l. 326/2003), alle disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge n. 47/85, disposizioni, quest’ultime, non caratterizzate da incertezza applicativa nè oggetto di confusione giurisprudenziale».

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