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giovedì, Marzo 28, 2024

Casamicciola nel suo actus tragicus

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Vincenzo Acunto | E’ tempo di Pasqua e, in varie comunità isolane, va in rappresentazione teatrale la parte finale della tragedia della nostra umanità. L’ascesa al Golgota e la Crocefissione di Gesù Cristo. C’è chi, purtroppo, sulla nostra isola, vive quotidianamente il suo “actus tragico”. E’ la popolazione di Casamicciola. Paese per il quale, il compianto sindaco Castagna, riuscì ad ottenere un decreto ministeriale che consentisse di aggiungere al nome proprio del paese il sostantivo “terme”. A testimonianza della vocazionarietà del posto ad ospitare ed offrire cure termali che ritemprassero il corpo. Ritengo pertanto infelice la battuta del grande Eduardo che in “Natale in Casa Cupiello” di fronte al presepe che la figlia Ninuccia aveva mandato in frantumi, per una crisi d’amore, esclama “Ca me par Casamicciola” consegnando così, nell’immaginario collettivo, il nome del paese quale sinonimo di “evento tellurico”. Una consegna forzata in quanto Casamicciola è una realtà della nostra isola che non merita né il sinonimo né la sorte che vive. Tra poco saranno trascorsi due anni da quando una scossa tellurica, di poco conto, fece vibrare una parte del paese, determinando la morte di due persone, facendo crollare due o tre vecchie bicocche lesionando, in modo grave, alcuni vecchi fabbricati secolari e pochi altri meno vecchi. Da due anni la popolazione di Casamicciola si trova invischiata nelle maglie di una burocrazia asfissiante per la quale in tanti non hanno un tetto proprio, non possono rientrare nei propri beni, neanche per riavere le proprie cose. Case bellissime in posti straordinari; chiuse col catenaccio, munite di infissi e di impianti che vanno in malora, come pure le piante di agrumi che adornavano i giardini, sommerse dalle erbacce. Una scena che ha rapito la mia sensibilità, l’ho seguita giorni fa, al “paravisiello” di fianco all’istituto scolastico “Manzoni”. Una bella villa padronale. Una anziana signora che si avvicina alla ringhiera bianca e con sguardo mesto guardava quella che fino a due anni fa era la sua casa con il suo piccolo giardino con le piante di limoni che nessuno più raccoglie. Dalla strada il suo braccio si allunga tra i ferri e con la mano toglie le erbacce da quello che era un vaso con di fiori. Nell’altra mano il fazzoletto ad asciugarsi il pianto. La commozione che mi invase fu talmente tanta che il coraggio che mi spingeva ad avvicinarmi a lei per manifestarle il mio sostegno fu paralizzato. Sentendo ulteriormente crescere in me il disappunto per quello stato di cose, che si moltiplica ogni qualvolta leggo di provvedimenti, generici e dissociati dalla realtà, che si emanano per quel paese. O delle intenzioni di chi, in vista delle prossime elezioni di maggio, va offrendo per carpire il consenso popolare. Manifesto da subito che non so come mi sarei comportato, nel post sisma, al posto dell’ing. Castagna, se fossi stato il sindaco di Casamicciola. Forse sarei stato incarcerato o trattenuto da una “camicia di forza” come un tempo si usava nelle cliniche psichiatre. Certamente non avrei accettato, supinamente, che il popolo, da me rappresentato, restasse invischiato in pastoie burocratiche che non gli consentono di aggiustare le loro case o che non si potesse liberare una stradina da un furgone di macerie che la ingombra dalla notte del sisma. O non demolire qualche fabbricato che resta in piedi solo perchè retto da un groviglio di tubolari arrugginiti che minacciano, con la loro ruggine tagliente, la incolumità dei passanti. Ho difficoltà a comprendere la logica per la quale una piazza di quel paese “ Il Maio” debba essere occupata da un tale sconcio. Le zone alte di Casamicciola gridano, semplicemente, vendetta per un sistema malato che, oggi, va anche a chiedere di manifestare il consenso per il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale. E, per fare cosa? Per continuare ad assistere all’agonia del popolo che lo abita?. E’ un dato di fatto al quale i casamicciolesi si devono ribellare restituendo, tutti insieme, le tessere elettorali direttamente al Presidente della Repubblica, ultimo baluardo di un Italia che va a rotoli, che pur è venuto a Casamicciola Terme. Da Roma sono venute tutte le autorità dello Stato a passeggiare per le strade di Casamicciola. E’ mancato solo il Papa che ha fatto sentire la sua vicinanza “di parole e di preghiera” attraverso il cardinale. Parole e preghiere, che, però, non sono servite né a scuotere il torpore dei burocrati né a sanare le abitazioni. Tutti con l’elmetto giallo in testa, temendo, forse, qualche pomodoro, a sfilare per le vie de “Il Maio” davanti alle telecamere. Tutti certi che alla sera sarebbero tornati nelle loro comode dimore, tra i loro effetti personali, nei loro servizi igienici o semplicemente a cambiarsi d’abito. Fottendosene, poi, di chi sull’isola d’Ischia, da due anni, non sa dove andare a dormire, dove cucinare o mangiare o, più semplicemente, dove sono le sue cose e i suoi affetti. Quattro case lesionate che, nel tempo trascorso e con i mezzi esistenti, sarebbero state demolite e ricostruite, più belle e sicure di prima, spendendo meno di quanto, sino ad oggi, si è speso. Il dato di fatto è che Casamicciola ha bisogno di gente diversa a rappresentarla. Gente che abbia il coraggio delle proprie azioni e sappia tutelare gli interessi di chi rappresenta. Anche a costo di rimetterci di suo, visto che non glielo impone il medico di fare l’amministratore pubblico. Castagna è sicuramente una brava persona ed un bravo professionista. Come sindaco ha dimostrato limiti e debolezze notevoli. Ho letto che ha deciso di ricandidarsi e non so cosa potrà dire alla sua gente per ottenere il consenso. Utilizzerà l’elmetto giallo antipomodori? In mancanza di qualche idea per recuperare la china, ci dovrà pensare seriamente, visto che da due anni non ha partorito nessuna idea che mettesse il suo paese al centro dell’attenzione dell’informazione italiana. Come meriterebbe. Consentendo ad un Di Pietro, qualsiasi, di fare anche dell’ironia sul sisma che “aveva fatto risparmiare i costi delle demolizioni”. Non si è, evidentemente, reso conto il buon Gibi che, oggi, un cittadino che decide di scendere in politica, fino al momento della proclamazione della sua elezione, è una persona per bene, dal giorno dopo diventa un sospettato, dopo sei mesi un indagato e, poi, fino alla fine del suo impegno un imputato perenne. E non si è reso nemmeno conto che, oggi, in Italia si viene considerati in virtù dei centimetri di stampa o del minutaggio televisivo che riesci a catturare e non per quello che effettivamente sei o fai. Se ci si convince di una tale realtà, cruda ed amara, e si decide di voler, in ogni caso, tentare, è necessario escogitare qualcosa per porsi sulla ribalta. Gli suggerisco un’idea. Si rechi a Roma e si incateni attorno alla Colonna di Marco Aurelio di fronte a Palazzo Chigi. Si contorni di cartelli in cui annuncia lo sciopero della fame, che non sospenderà fino a quando il governo non avrà varato un provvedimento utile al suo paese. Predisponga, con persone competenti, una bozza di un provvedimento normativo utile. Si porti anche un materasso dicendo, con convinzione, che resterà lì anche per la notte e di fare i propri bisogni attorno alla storica colonna. A parte che la dieta gli farà bene, nel giro di due ore, tutte le televisioni saranno ad intervistarlo e, restando incatenato, illustrerà il dolore e i bisogni del suo popolo. Che gliene sarà grato perché sicuramente porterà a casa un risultato. Altrimenti è inutile candidarsi. Sarebbe destinato solo a partecipare alle processioni di S. Gabriele e della Maddalena. Si prenderebbe qualche ulteriore denuncia (se cade una pietra o il muro di una strada o se ritarda nel fare qualche ordinanza), senza lasciare nullo di significativo nel ricordo dei casamicciolesi. Pensateci: aspiranti sindaci di Casamicciola.
acuntovi@libero.it

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