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giovedì, Aprile 18, 2024

Capobianco: “Ad Ischia ho trovato tecnici disponibili e con ottime idee, amano il basket”

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Francesco Leone | La stagione, a livello senior, è terminata da pochissimo sull’isola di Ischia, ma la voglia di parlare di basket, crescere ed aggiornarsiresta forte. Anche tutto questo ha spinto la Cestistica Ischia del presidente Lello Pilato, in collaborazione con Umberto Elia, ad organizzare alla Palestra “Patrizia Sogliuzzo” un clinic a cui è intervenuta una delle menti più illuminate della pallacanestro italiana, coach Andrea Capobianco. L’allenatore non ha proprio bisogno di presentazioni, visto la mole di successi ottenuti in tutte le categorie oltre che in ambito federale (alla guida delle Nazionali giovanili e non). Basta dire che, nel 2008-2009, quando era alla guida di Teramo, è stato eletto – dalla Lega Basket – miglior allenatore della Serie A. Con coach Capobianco abbiamo fatto una chiacchierata, in cui ha spiegato il senso della sua presenza ad Ischia e non solo.

Coach Capobianco, è qui ad Ischia per questo clinic organizzato dalla Cestistica Ischia. Cosa ha cercato di trasmettere in queste sessioni di lavoro ai tecnici o aspiranti tali dell’isola?
“Innanzitutto, devo dire che ho trovato tanti allenatori con grandissima disponibilità ed ottime idee. Questo mi fa piacere perché ho visto gente che ama il basket e che vuole provare a fare qualcosa in più per farlo crescere. Il lavoro fatto è stato un confronto sulla metodologia di lavoro, passando per la programmazione e la ricerca del lavoro sull’individuo nello sport di squadra. Nel Minibasket e Settore Giovanile vanno sviluppate nel modo migliore le capacità di ogni singolo giocatore senza tralasciare nulla. Lo sport è un aspetto della vita ed attraverso lo sport possono essere date regole di vita. Mi ha fatto piacere confrontarmi su questo e sull’idea che in palestra si possa dare tanto. Gli allenatori intervenuti, con spirito costruttivo, si sono confrontati con me”.

Coach, ogni bambino ha le sue qualità, caratteristiche e tempi. Quindi chi allena e approccia la crescita dei più piccoli deve essere preparato a questo…
“Certamente. La cosa fondamentale è far capire all’individuo la sua importanza nella squadra. Tutti devono essere responsabili della squadra, mettendo a disposizione di essa le proprie capacità nel gioco. Per quanto riguarda la formazione, si deve dare importanza all’essere umano nello schema di gioco, che di per se non fa vincere nulla senza la capacità di ogni giocatore di muoversi negli spazi e nei tempi giusti utilizzando alcuni strumenti tecnico tattici. La capacità dell’allenatore si formare ogni singolo giocatore è fondamentale perché ognuno è diverso dall’altro, mantenendo i concetti ma sapendo rapportarsi ad ognuno che si ha di fronte”.

Quale è il momento nella vita di un cestista in erba in cui si capisce se è pronto per passare dal gioco alla competizione? Magari attraverso un atteggiamento…
“Secondo me, i segnali ci sono. Ma dico che la competizione deve sempre esistere perché l’essere umano è competitivo. Deve essere bravo l’allenatore a rendere questa competizione non stressante o stressante nel modo giusto, in base all’età del ragazzo, alle sue disponibilità e forza mentale. Noi tecnici vogliamo formare l’individuo a 360° attraverso lo sport, logicamente con l’aiuto della scuola e dei genitori. Il segnale lanciato da un giocatore che è pronto per diventare professionista è diverso. Credo che ogni ragazzi, a qualsiasi livello voglia giocare, vuole vincere. Tante volte si dice che basta divertirsi, ma io sono convinto che ci si diverte di più se si vince. Il concetto fondamentale è capire cosa significa vincere. Vincere non significa guardare il tabellone e capire chi sta sopra, vincere vuol dire superare ogni giorno i propri limiti, vuol dire giocare al massimo delle proprie possibilità, vuol dire ogni giorno cercare di lavorare per crearci un futuro migliore. Questo vuol dire vincere nella vita. Se questo vuol dire vincere, noi dobbiamo educare a questo tipo di vittorie”.

Questi clinic servono ad aggiornare i tecnici. Come si aggiorna lei, anche se è un tecnico molto affermato. Come è cambiato il basket negli ultimi anni e su quale aspetto un tecnico deve sempre tenersi aggiornato?
“Io penso che, negli ultimi anni, non solo il basket è cambiato, ma è cambiata la vita. Ovvero sono cambiati i ragazzi con cui ci confrontiamo a 360°. Ciò non vuol dire che sono migliori o peggiori di prima, vuol dire che sono diversi. Quindi dobbiamo cambiare noi il modo di rapportarci a loro, perché sono cambiati i giocatori nei loro mezzi fisici, tecnici e mentali. Quindi, si deve essere bravi a confrontarsi con loro, non sempre utilizzando gli strumenti di una volta. Serve motivarli nel modo giusto, visto che hanno tante cose da fare. Poi, non è vero che io ragazzi hanno poche emozioni e poche motivazioni. Questa cosa non la vedo, anzi. I ragazzi di oggi si emozionano, sono motivati ma forse in qualche caso hanno paura a mostrare le loro emozioni. Noi dobbiamo essere bravi a prenderci cura delle emozioni dei nostri ragazzi. E’ vero, quindi, che la pallacanestro è cambiata, perché l’evoluzione esiste ovunque, ma ciò che è cambiato di più è l’essere umano ed è cambiata la vita”.

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