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sabato, Aprile 20, 2024

A Villa Arbusto la prima giornata mondiale della lingua e della cultura ellenica

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Francesco Castagna | L’altro ieri mattina a Villa Arbusto è pienamente riuscito l’evento organizzato dalla neonata Società Filellenica Italiana, per celebrare la prima giornata mondiale della lingua e della cultura ellenica con una nutrita partecipazione. Decine e decine di isolani e non solo hanno assistito con interesse alla visita guidata condotta dal membro della Società Filoellenica Italiana l’archeologo Francesco Castagna relativa alle epigrafi greche di Pithekoussai.

La visita è stata introdotta dalla socia della Società Filellenica Italiana l’archeologa Michela Angrisani. Essa ha presentato la Società Filoellenica Italiana nata il 21 Marzo 2014 col fine di far conoscere ed evidenziare il debito culturale che tutti abbiamo nei confronti della civiltà ellenica nei vari settori della nostra cultura, associazione che ha come sua principale battaglia il riconoscimento della cultura greco-romana come patrimonio culturale immateriale dell’ umanità.  Quest’associazione, direttamente legata alla Federazione delle comunità e delle confraternite elleniche in Italia, ha come sede l’hotel Maiorino a Cava dei Tirreni, sede del governo greco in esilio nel 1944, e dalla sua fondazione ha svolto numerose iniziative di notevole prestigio culturale. La Angrisani ha poi parlato della ricorrenza della giornata mondiale della lingua e della cultura ellenica, celebrata in vari luoghi d’Italia dalle comunità elleniche e dagli associati della Società Filellenica Italiana, per meglio evidenziare quanto la cultura ellenica sia un patrimonio culturale  imprescindibile e straordinario di tutta l’umanità.

Dopo questa breve introduzione ha preso la parola il dottor Francesco Castagna, che ha prima fatto presente come il fine dell’evento fosse ricordare il debito nei confronti della civiltà greca riguardo un aspetto fondamentale della nostra cultura e della nostra vita quotidiana come la scrittura e promuovere negli isolani, abitanti della terra luogo della più antica colonia greca d’Occidente, la consapevolezza e quindi l’orgoglio delle proprie radici. Egli ha poi rivolto un pensiero alla figura di Giorgio Buchner, artefice della scoperta archeologica di Pithekoussai prima quasi del tutto ignota, per poi dare inizio alla visita guidata.

La visita guidata è stata introdotta da un discorso generale su Pithekoussai, che ha ben  evidenziato quanto nella seconda metà dell’VIII sec. a.C. essa, fondata dagli euboici di Calcide ed Eretria verso il 770 a.C., fosse stata una fiorente apoikia (colonia di popolamento), abitata da una notevole popolazione tra i 10.000 e i 5.000 abitanti, dedita a floridi commerci, ad un artigianato di pregio (sia della ceramica che dei metalli), come anche all’agricoltura. Inoltre si è messo in luce quanto tramite rapporti di reciproco scambio e di reciproco vantaggio con i popoli indigeni Pithekoussai abbia avviato i processi di acculturazione di questi popoli italici alla base della formazione della cultura occidentale. Pithekoussai inoltre pur perdendo parte della popolazione e quindi importanza a vantaggio di Cuma a inizio VII secolo a.C. a causa di terremoti ed eruzion, rimase comunque un’importante città rinomata per le sue produzioni ceramiche. Elemento interessante  della Pithekoussai di questo periodo è la presenza di meteci ovvero abitanti non greci integrati in una città prettamente greca  sia di origine fenicia, ma anche etrusca e dauna a testimonianza del carattere accogliente dei pitecusani dell’epoca.

Detto questo, l’archeologo è entrato nel vivo dell’argomento, iniziando dall’epigrafe più nota quella della cosiddetta Coppa di Nestore. Egli ha prima descritto il contesto archeologico del reperto e poi ne ha evidenziato l’importanza. Ha ricordato come quest’iscrizione sia una delle più antiche iscrizioni in scrittura greca alfabetica, segnando il momento in cui i greci portarono nella penisola italiana lo straordinario dono della scrittura. Ha spiegato quanto quest’iscrizione rappresenti la più antica testimonianza della conoscenza dei poemi omerici col suo riferimento parodico alla meravigliosa coppa del saggio e anziano Nestore descritta da Omero nell’undicesimo canto dell’Iliade. L’iscrizione della coppa suona infatti così “La coppa di Nestore è buona a bersi, ma chi beva da questa coppa, invece lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona” ed è un vero testo letterario un epigramma in versi metrici, il più antico testo letterario che noi abbiamo nella sua stesura originale a differenza delle opere letterarie, che in genere sono tramandate  tramite una tradizione manoscritta. L’alfabeto della coppa di Nestore ha dato spunto al relatore per evidenziare quanto siano stati gli euboici prima di Pithekoussai poi di Cuma  a trasmettere l’alfabeto greco a Etruschi e Latini nell’ambito di rapporti di reciproco scambio. L’alfabeto latino (che è praticamente l’alfabeto di tutte le lingue romanze e anglosassoni) è quasi identico all’alfabeto euboico (uno dei diversi alfabeti della Grecia arcaica), per cui tutt’oggi miliardi di persone scrivono pressappoco le stesse lettere dei pitecusani di 2740 anni or sono, per cui Castagna ha giustamente affermato “(noi occidentali) non possiamo non dirci euboici ed in particolar modo pitecusani”. Successivamente sono state prese in esame le altre iscrizioni esposte di VIII e VII sec. a.C., evidenziando come il corpus delle iscrizioni pitecusane di questo periodo sia davvero un corpus epigrafico di straordinario rilievo, dato che a Pithekoussai abbiamo circa la metà delle iscrizioni greche più antiche databili all’ultimo quarto dell’VIII sec. a.C. (35 su un totale di 70) a conferma del fatto che Pithekoussai era all’avanguardia nella conoscenza e nella diffusione dell’alfabeto greco. In particolar modo sono state prese in esame le iscrizioni frammentarie su coppe per bere con espressioni di possesso tipo “sono di” (classica tipologia dell’iscrizione del vaso parlante), espressioni tese a descrivere l’oggetto o ad incitare ad un’azione. Tra le iscrizioni frammentari è interessante una iscrizione su frammento di anfora che riporta l’iscrizione “ELEKL” (elekl), che sta per “ELAION EKLEKTON” (“elaion eklekton”), ovvero olio scelto, quindi probabilmente olio extravergine.  Si sono ben evidenziati il frammento di cratere rinvenuto nel sito di Mazzola col la più antica firma di artista del mondo greco il famoso “Inos me epoiese” (Inos mi fece), un’iscrizione su una brocchetta, che testimonia che nell’VIII sec. a.C. vi fosse la presenza di un etrusco integrato a Pithekoussai di nome Ame, e  un’iscrizione su anfora del VII sec. a.C., che attesta un elemento di origine etnica dauna di nome Dazimos. Inoltre si è osservato un frammento di sima con lettere dipinte dell’ inizio del VI sec. a.C. molto interessante , perché attesta che allora si usava scrivere sulle strutture dei templi. Poi il dottor Castagna è passato a parlare delle iscrizioni di età ellenistica (fine IV- inizio del I sec. a.C.), periodo in cui Pithekoussai era una cittadina fiorente grazie alle sue botteghe di vasai. Sono state prese in considerazione le lettere grafite sui vasi nella classica ceramica campana a vernice nera probabilmente lettere iniziali dei proprietari delle coppe per bere o scodelle in questione. Si sono esaminati i bolli impressi sui manici delle anfore pitecusane o sulle tegole di questo periodo con i nomi dei proprietari delle officine (nomi in gran parte greci, ma anche oschi e romani), diversi dai bolli impressi sui manici delle anfore rodie anch’essi rinvenuti a Pithekoussai, che riportano oltre al nome del fabbricante pure il nome del magistrato eponimo (che dà il nome all’anno) e il nome del mese. Un’interessante testimonianza epigrafica di questo periodo presa in esame è la base in pietra trachitica databile al II o all’inizio del I sec. a.C., rinvenuta a fine 800’ durante la costruzione delle Terme del Regina Isabella, usata per dedicare un oggetto ad Aristeo, divinità legata all’agricoltura e venerata sin dal principio a Pithekoussai, in cui si può leggere “ Megacle il romano  schiavo di Lucio dedicò ad Aristeo”. Secondo Buchner il dedicante Megacle sarebbe un greco vissuto a Roma schiavo del romano Lucio. Infine il relatore è passato all’età romana, incominciando con una piccola premessa storica, in cui ha menzionato un graffito pompeiano con l’unica attestazione non letteraria del nome di Pithekoussai databile tra il 72 e il 79 d.C., quando ufficialmente l’isola si chiamava Aenaria. Riguardo a questo periodo egli ha esposto un altare votivo in marmo rinvenuto nel 700’ presso la fonte di Nitrodi  luogo di un santuario dedicato alle ninfe di Nitrodi legate ad Apollo (nel museo di Villa Arbusto abbiamo i calchi, gli originali sono al museo archeologico di Napoli), dove gli aristocratici romani che avevano benefici per la propria salute dalle acque lasciavano ex voto marmorei alle ninfe, credendo di essere stati guariti da queste. L’altare preso in considerazione riporta la stessa iscrizione in greco ed in latino, in cui si legge che “Lucio Rantio figlio di Lucio della tribù Tromentina  dedicò alle ninfe (quest’altare)”. Inoltre si è ricordato come la lingua greca fu parlata e scritta sull’isola almeno fino al II sec. d.C. Infine il dott. Castagna ha concluso l’evento, affermando quanto sia stato per lui un onore svolgere il primo evento della Società Filellenica Italiana  col patrocinio della Federazione delle Comunità e delle Confraternite Elleniche d’Italia nell’isola, sede della prima colonia greca d’Occidente, e quanto questo evento debba essere solo l’inizio di un tutta una serie di iniziative filoelleniche, tese a radicare negli isolani la consapevolezza e l’orgoglio delle proprie radici elleniche con lo scopo non solo di celebrare un passato glorioso, ma anche e soprattutto di ritornare ai valori della civiltà greca anche con fine educativo. Il pubblico ha molto gradito l’evento, lasciando tra l’altro diversi apprezzamenti sul diario utilizzato per lasciare le firme dei visitatori del museo.

 

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