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venerdì, Aprile 19, 2024

23 marzo: la resa dei conti?

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Anna Fermo | Chi governerà, con quale maggioranza ed in che tempi? Sono queste le domande che si rincorreranno sino al 23 marzo almeno, quando, le nuove Camere si insedieranno dedicandosi già in prima battuta all’elezione dei rispettivi presidenti e lasciandoci intendere se le forze politiche siano riuscite o meno a trovare accordi oltre che su queste due figure di garanzie, di riflesso, anche su una maggioranza parlamentare. Di qui, saranno ancora le stesse domande che si rincorreranno sino ad Aprile, dopo le consultazioni e del decisioni del Presidente della Repubblica.
Ma vediamo come stanno le cose in questo preciso momento.
Gli ultimi scenari del post voto confermano un’apertura di Salvini al M5s di Di Maio.
Beppe Grillo, solo domenica, rilascia un’intervista al quotidiano Repubblica decretando: “È finita l’era dei vaffa, ma quella degli inciuci non comincerà”; e, di tutta risposta, il leader della Lega, Matteo Salvini, prontamente telefona a Luigi Di Maio: “Ho parlato oggi pomeriggio, per pochi minuti, con Luigi di Maio. Con lui ci siamo confrontati sulla questione delle presidenze delle Camere in vista del voto di venerdì prossimo. Non abbiamo parlato di nomi né di ruoli. Per quanto mi riguarda sarò contento, come centrodestra, di sentire lui e gli altri esponenti politici nei prossimi giorni con l’unico obiettivo di giungere quanto prima a rendere operativo il Parlamento con la designazione delle rispettive presidenze”. Cosa accadrà? Si saranno accordati o no?
Sta di fatto, che qualcosa c’è sotto se il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera Angela Merkel, appena nella serata, sempre di Domenica, hanno commentato lapidari: “Le elezioni italiane hanno scosso il contesto europeo….. è importante ora lavorare su un quadro europeo profondamente scosso in seguito ai fatti della Brexit e delle elezioni italiane in cui hanno avuto la meglio gli estremismi”. Vuoi vedere che l’accordo Lega-M5s è già bello che fatto?
Il 23: diventerà una data storica per l’Italia? Oppure assisteremo al solito e consuetudinario ballo verso il trasformismo?
Il leader del M5s ha chiarito che non accetterà nomi di persone sotto processo o già titolari di sentenze passate in giudicato per le presidenze dei due rami del Parlamento. Un veto sull’ex ministro berlusconiano, condannato per peculato? Non si sarà riferito a Paolo Romani? Certo è che i pentastellati così facendo stanno rivendicando la presidenza della Camera senza se e senza ma. 
Salvi resta cauto: “Non ho nomi da fare”.
Di Maio, entusiasta, rincara: “Ho sentito prima Maurizio Martina, Renato Brunetta, Giorgia Meloni, Pietro Grasso e ho riscontrato una disponibilità a proseguire il confronto, attraverso i capigruppo del MoVimento 5 Stelle Giulia Grillo e Danilo Toninelli, utile ad individuare profili all’altezza del ruolo non solo per le Presidenze di Camera e Senato, ma anche per le altre figure che andranno a comporre gli Uffici di Presidenza”.  Romani è spacciato, checché il Cavaliere già lo veda a Palazzo Madama!
E siamo solo all’apertura delle danze!
Dal 4 marzo ad oggi, abbiamo assistito solo ad un riscaldamento dietro le quinte. Complici i meccanismi della legge elettorale, è ancora impossibile veder delineato lo scenario chiaro sul prossimo esecutivo, ed il dibattito politico si riaccende più vivo che in campagna elettorale.
I leader dei vari schieramenti si stanno mandando messaggi più o meno diretti, ma la definizione di una maggioranza è di certo ancora lontana, checché il 23 marzo sia giunto.
Se i rumor più accreditati parlano di accordi preliminari per le presidenze delle due Camere che potrebbero essere divise, in base alle trattative, tra M5S e Lega o tra M5S e Pd, per quanto concerne il governo, il più attivo al momento è sempre Luigi Di Maio che non la manda a dire al PD, piuttosto lo inonda di messaggi. La direzione dei dem di lunedì ha tuttavia confermato l’intenzione di andare all’opposizione (come deciso dal di-missionario Matteo Renzi). Valuteranno un governo di scopo? Tanto per non andare di nuovo al voto? Dal canto suo, Salvini conferma che nonostante l’apertura al M5s, la realizzazione del programma del centrodestra non si baratta con nulla. Nessun timore di restare all’opposizione, nonostante le elezioni vinte sulla carta. Escludendo a priori ogni possibile “inciucio” con Renzi gli resta per forza il M5s!
Possiamo ormai confermarlo a piena voce: in questa tornata elettorale, non ha vinto nessuno.
Non c’è partito o coalizione che oggi possa ottenere i voti per un esecutivo senza cercare supporti al di fuori del suo schieramento iniziale ed è certo che non potrà nascere alcun governo senza che siano coinvolti almeno uno tra Lega e M5S.
Ancora oggi nessuno è in grado di dire chi governerà. E pensare che dopo il 23, tra fine marzo e gli inizi di aprile, una volta che si saranno formati i gruppi parlamentari e che questi avranno votato i loro presidenti, dovranno iniziare le consultazioni con un Presidente della Repubblica che dovrebbe poi dare l’incarico pieno (verificata l’esistenza di una maggioranza parlamentare) o quello esplorativo (se questa ancora non ci fosse) per il nuovo Governo.
Ci auguriamo che la resa dei conti del 23 marzo ci eviti un incarico esplorativo. Rischierebbe di trasformarsi in una vera e propria trappola dal punto di vista politico. Come fu per Pierluigi Bersani nel 2013 che, una volta ottenuto questo mandato, dovette subire l’umiliazione dello streaming da parte del Movimento 5 Stelle. Or dunque, auguriamoci un incarico pieno e, soprattutto: basta parlare del PD!
Lo scenario di oggi, che vede, come abbiamo detto, Di Maio costantemente a solleciralo, e che sembra piacere a diversi poteri economici, perché garantirebbe a loro detta una maggiore durata alla legislatura, avrebbe però una conseguenza politica devastante per lo stesso Pd: finirebbe di erodere ancora di più i suoi consensi. Stare all’opposizione dopo anni di governi tecnici e di coalizione appoggiate o dirette potrebbe tornargli utile!
Va da se che, malauguratamente le forze politiche non dovessero riuscire a formare una maggioranza e qualora il presidente Mattarella non riescisse a trovare una figura capace di costruire intorno a sé un esecutivo, le Camere saranno sciolte e si tornerà al voto.
Mezza pena rispetto a soluzioni come un governo con “l’appoggio esterno” o addirittura di un governo della “non sfiducia”. Seppur resti sempre in piedi l’ipotesi di riuscire a sfilare parlamentari ad altre forze per creare una maggioranza, (il centrodestra dovrebbe conquistare 50 deputati e una trentina di senatori e tra gli onorevoli già espulsi dai 5 Stelle ma entrati in Parlamento e le possibili scissioni del Pd post Renzi, a cui potrebbero aggiungersi i pochi eletti di Leu), è da preferirsi pur sempre il ritorno alle urne.

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